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  Dicembre 2012

Articoli - n° 5 Giugno 2004
 



UNIONE DI AVELLINO - Home Page
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ECCO L’IRPINIA IN CONTROLUCE
IL REPORT DELLA CAMERA DI COMMERCIO

LA SALUTE DELL’ECONOMIA NAZIONALE
ISTRUZIONI PER LA RIPRESA

UNIVERSITÀ, BANCHE E AZIENDE
TRINOMIO PER LA CRESCITA DELL’IRPINIA

IL VINO COME BANDIERA
CRESCE L’ENOGASTRONOMIA

UNIVERSITÀ, BANCHE E AZIENDE
TRINOMIO PER LA CRESCITA DELL’IRPINIA
Il bilancio della II Giornata dell’Economia, da Alois le novità più importanti

MARCO ESPOSITO
Responsabile Economia de Il Mattino
marco.esposito@ilmattino.it

Avellino si interroga. È ancora lì, in prima posizione fra le province campane per quasi tutti gli indici di attività economica. Ma il modello irpino sembra perdere smalto e il sistema economico locale si divide fra chi cerca i responsabili della crisi (le banche, l'euro forte, le università) e chi vuole individuare un nuovo percorso di sviluppo. La Giornata dell'Economia che si è tenuta lo scorso 10 maggio è stata l'occasione per confrontare le posizioni delle diverse forze imprenditoriali e sociali.

L'appuntamento del sistema camerale italiano ha una tradizione freschissima: nel 2004 è appena alla seconda edizione. Ma la formula sembra funzionare, con una simultanea giornata di analisi in tutti i capoluoghi di provincia italiani. Ad Avellino l'incontro si è tenuto presso la sede storica della C.C.I.A.A., a due passi dal Duomo. Il rapporto, illustrato dal presidente dell'Ente camerale, Costantino Capone, si è caratterizzato per il rigore tecnico unito a una buona comunicativa: le cifre presentate sono state selezionate per la capacità di dare in modo sintetico uno spaccato della direzione di marcia presa dalla provincia. Le imprese irpine sono numerosissime, continuano ad aumentare e a fine 2003 hanno toccato quota 43.157. La novità è che dal 2001 - e il fenomeno si è consolidato negli anni più recenti - diminuiscono le ditte individuali mentre aumentano le società vere e proprie. Gli imprenditori sono quasi tutti locali, con appena 1.900 ditte fondate da extracomunitari.

Tuttavia appare significativo che i due terzi di tali imprese siano costituite non da stranieri ma da emigranti di ritorno, cioè imprenditori nati in Svizzera, Americhe, Australia da genitori irpini. Una risorsa per un'area che non ha mai spezzato i legami con chi ha lasciato la propria terra. Le imprese restano di dimensioni minuscole: il 96% ha meno di dieci addetti mentre le grandi, quelle con un minimo di 250 dipendenti, si contano sulla punta delle dita di due mani: sono dieci. La situazione occupazionale è nettamente migliore rispetto alla media della Campania, con un tasso di persone in cerca di lavoro dell'11,9%; molto più vicino alle media italiana (8,7%) che a quella regionale (20,2%). Tuttavia mentre in Campania l'occupazione cresce, l'Irpinia ha visto bruciare tremila posti di lavoro. Un segnale allarmante, che viene sintetizzato dall'andamento del prodotto interno lordo. Il Pil nominale pro capite, che in Campania è cresciuto del 3,2%, nella provincia avellinese è arretrato dello 0,1%. Una retromarcia che si aggrava per l'effetto inflazione. Il settore maggiormente in crisi è quello della concia: in due anni la provincia di Avellino ha perso il 32% di valore esportato, sia per effetto del rafforzamento dell'euro, sia per l'arrivo di concorrenti che non temono confronti per quanto riguarda i costi, a partire da Cina e India. Nel dettaglio, nel 2003 il distretto conciario ha esportato il 23% di pelli finite in meno (80 milioni di euro) mentre è stato importato il 40% di pelli grezze in meno (con un taglio di 100 milioni di euro). Contrazioni dolorosissime e con effetti a catena, visto che l'export rappresenta il 12% del Pil provinciale, il più alto valore della Campania. Tuttavia è proprio nella tipologia di prodotti venduti sui mercati esteri che si evidenzia un punto di debolezza dell'economia irpina: in provincia di Avellino appena il 15% di prodotti esportati è ad alto contenuto tecnologico mentre in Campania la quota di prodotti high tech supera il 40%. Ed è evidente che nel ricco mondo occidentale non è pensabile la sopravvivenza di un'esportazione che non sia ai più alti livelli tecnologici e di qualità nel mondo. Persino nel settore del vino, che pure continua ad ottenere riconoscimenti in Italia e all'estero, si lamenta una insufficiente capacità d'innovazione, per la carenza di personale qualificato e di strutture formative all'altezza. Il tema della formazione non adeguata è tornato più volte nel corso del dibattito: sotto accusa sono finite le Università, con Avellino che continua a soffrire per essere il solo capoluogo campano privo di una propria istituzione universitaria. Tuttavia la distanza del mondo universitario dalle imprese non è certo geografica, visto che tutti i poli universitari (a partire da quello di Fisciano) sono agevolmente raggiungibili. La distanza, probabilmente, non va misurata in chilometri ma nella capacità per le associazioni imprenditoriali e per le istituzioni che operano nel territorio di avviare azioni comuni con chi cura la formazione e la qualificazione professionale. Sotto accusa sono finite, come si è accennato, le banche. Pesano le recenti vicende della Popolare dell'Irpinia, che ha perso sia l'autonomia proprietaria sia la caratterizzazione territoriale, avendo cambiato nome in Banca della Campania, sotto il controllo del Credito emiliano. E così le aziende locali devono convivere con un razionamento del credito (i finanziamenti si sono ridotti del 3%) nonostante le sofferenze bancarie nel corso del 2003 si siano dimezzate, attestandosi a un più che fisiologico 7,7%. Nel dibattito sono intervenuti Silvio Sarno per l'Unione Industriali, Luigi Manganiello per la Confcooperative, Alberto Rossetti per la Confartigianato, Enrico Ferrara della Cisl, Mauro Ferrazzani per l'Unione agricoltori, Antonio Colombo per la Coldiretti, Lucio Fierro della Cna, Ciriaco Coscia per la Confagricoltura, Angelo Freda dei giovani dell'Api e Onofrio Spitalieri per i Consumatori.

È toccato all'assessore regionale alle Attività produttive, Gianfranco Alois, cercare di far prevalere l'ottimismo. Attraverso tre azioni mirate: un fondo di garanzia per il credito che riunisca i 52 Confidi della Campania, molti dei quali, compresi quelli irpini, sono oggi troppo fragili; un finanziamento ("al sistema, e non alle singole aziende") specifico per il distretto di Solofra, per un importo di 27,8 milioni di euro, da utilizzare sia per attività di marketing, sia per infrastrutture, a partire dal cablaggio; infine - e forse è la novità di maggior rilievo - Alois ha annunciato l'arrivo di un investitore estero per un contratto di localizzazione. Alois non ha detto di più. Ma, secondo indiscrezioni, a scegliere l’Irpinia era stata una società spagnola, leader nella produzione di filtri per reni artificiali. Lo stabilimento doveva sorgere ad Ariano Irpino grazie a un contratto chiavi in mano garantito da Sviluppo Italia, la società pubblica specializzata nell’attrazione d’investimenti. Ma la trattativa è saltata. Eppure forse è proprio nell’alta tecnologia e nei rapporti con i produttori degli altri mercati che l’Irpinia può rilanciare la propria posizione di provincia modello nel Mezzogiorno d’Italia.


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