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  Dicembre 2012

Articoli n° 10
DICEMBRE 2012
PRIMO PIANO AGROALIMENTARE - Home Page
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FERRUA: «Il settore agroindustriale non puÒ essere lasciato solo»

LIBERALIZZAZIONI: «Penalizzate le aziende di trasformazione del pomodoro»

SENESI: «Massima coesione per vincere sui mercati»

ARTICOLO 62: «Opportuno attenuare l'obbligo della forma scritta»


FERRUA: «Il settore agroindustriale non puÒ essere lasciato solo»

di Raffaella Venerando


FILIPPO FERRUA MAGLIANI
Presidente Federalimentare

Presidente, cominciamo dallo scenario di fondo: l'industria alimentare come sta reagendo alla crisi e quali sono le prospettive a breve termine?
Il problema è la lunga durata di questa crisi più che la sua entità. Il calo dei consumi interni ha colpito il settore alimentare in modo molto pesante. Certo, alcuni comparti industriali, come ad esempio quello automobilistico, hanno subito vistosi salassi delle vendite. Ma pochi sanno che in consumi alimentari tra il 2007 e oggi sono scesi di quasi 10 punti in termini reali. Una discesa impensabile prima della crisi, date le caratteristiche anelastiche del settore. Ma le famiglie, strette nella morsa tra gli effetti economici della crisi e l'aumento della pressione fiscale, si sono rivolte in gran parte proprio al comparto alimentare per limare quotidianamente le spese. Sicuramente sprecando meno, ma anche scegliendo prodotti di minor costo e qualità A fronte di un mercato domestico che non si prevede possa riprendersi a breve, l'industria alimentare si sta perciò sempre di più orientando all'export. Quest'anno l'incidenza dell'export sul fatturato del settore ha raggiunto difatti il 19%, il livello più alto di sempre.

Che numeri sta facendo registrare l'export?
In quali paesi l'Italia è maggiormente presente?

Le esportazioni del settore dovrebbero chiudere il 2012 a quota 25 miliardi di euro, con una crescita del +7,8%. L'area UE è preponderante per il nostro export, con una quota oltre il 60% rispetto al totale delle esportazioni. Al primo posto troviamo la Germania, dove va il 17% del nostro export, e a seguire la Francia con il 12%, gli Stati Uniti con l'11% e il Regno Unito con il 9%.

La crisi economica sta agendo anche sulle abitudini di consumo alimentare degli italiani?

Cosa è cambiato in questa direzione? Come accennato, è sceso il target qualitativo dei prodotti acquistati. Il prezzo è divenuto la principale variabile di scelta del consumatore.E la crisi ha segnato i consumi in modo così profondo che le stesse promozioni operate dalla grande distribuzione organizzata hanno esiti quasi irrilevanti come incentivazione della spesa. Il fenomeno sta penalizzando oltremodo un settore come il nostro, che gioca sulla qualità la propria identità e immagine. Il record a livello europeo per numero di prodotti a denominazione garantita, nel mondo specifico del food e in quello del vino, appartiene proprio all'industria alimentare italiana. Non è un caso quindi se il dimagrimento anche qualitativo dei consumi ha innescato, negli ultimi anni, il calo di una variabile strategica come il valore aggiunto espresso dal settore, sceso, dal 2007 a oggi, di quasi quattro punti in termini reali.

Educazione alimentare: qual è l'impegno della Federazione?
L'industria alimentare è consapevole di ricoprire un ruolo fondamentale nella soluzione del problema della corretta educazione alimentare degli italiani. Non a caso l'educazione alimentare è uno dei punti qualificanti del protocollo siglato il 25 luglio con il Ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, per dare vita all'iniziativa "Il Gusto fa Scuola" che si inserisce in un percorso pluriennale portato avanti sia attraverso la collaborazione con le Istituzioni e le organizzazioni non governative attive su questi temi, sia tramite l'assunzione volontaria di impegni concreti. In particolare, Federalimentare ha aderito alla "Piattaforma italiana sull'alimentazione, l'attività fisica e il tabagismo", avviata dal Ministero della Salute, con il quale ha firmato un Protocollo d'intesa nell'ambito del progetto "Guadagnare salute", che definisce la posizione e gli impegni dell'industria alimentare italiana sul tema. Con le linee guida sull'etichettatura nutrizionale è inoltre impegnata a diffondere l'adozione volontaria dell'etichettatura nutrizionale e l'eventuale indicazione aggiuntiva della GDA - Quantità Giornaliera Indicativa - per garantire al consumatore informazioni sempre più accurate e trasparenti e rendere più facili scelte alimentari consapevoli, in un'ottica europea. Negli ultimi 3 anni, l'industria alimentare italiana ha immesso sul mercato oltre 4.000 prodotti nuovi o "riformulati", ovvero migliorati da un punto di vista nutrizionale), riducendo o eliminando, per esempio, acidi grassi trans, zuccheri, colesterolo, grassi saturi, sale e altri ingredienti il cui consumo eccessivo non è in linea con una corretta dieta alimentare e ha ridimensionato le porzioni di 3.500 prodotti. Inoltre, notevole è sempre stato l'impegno dell'industria a limitare - e dove possibile eliminare - il contenuto di acidi grassi trans derivanti dai processi di lavorazione dei grassi al di sotto dell'1% dell'apporto totale di energia giornaliera, così come raccomandato dall'OMS, nonché a favorire il consumo responsabile ad esempio delle bevande alcoliche. Si presta anche più attenzione alla pubblicità nei confronti dei bambini, con la limitazione delle attività di marketing o addirittura la rinuncia a fasce orarie particolarmente delicate per target di audience. Allo stesso modo si è rinunciato al canale dei distributori automatici nelle scuole elementari e medie. Infatti, l'industria alimentare italiana ha sempre incoraggiato l'adozione di pratiche responsabili di pubblicità "onesta, veritiera e corretta", attraverso l'adesione a codici di condotta e di autodisciplina a livello europeo e nazionale, con particolare attenzione alla pubblicità e alla comunicazione commerciale rivolte ai bambini.

Articolo 62 del decreto legge n. 1 del 2012: anche se punta al riequilibrio della filiera agroalimentare, non mancano dubbi e criticità. Qual è la presa di posizione di Federalimentare?

L'art. 62 del Decreto "Cresci Italia" ha introdotto una nuova disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e alimentari, intervenendo su tre profili: obbligo di forma scritta, divieto di pratiche commerciali sleali e termini di pagamento. L'obiettivo della norma è di riequilibrare i rapporti all'interno della filiera agroalimentare, incrementando trasparenza e correttezza dei comportamenti e affidando all'Autorità antitrust la vigilanza e l'irrogazione delle conseguenti sanzioni. Tuttavia, l'applicazione indifferenziata dell'art. 62 alla totalità delle transazioni che coinvolgono gli operatori del settore sta comportando problematiche dovute alla necessità di adeguarsi ai gravosi oneri amministrativi e gestionali introdotti e all'inderogabilità dei termini di pagamento e degli interessi. Per ovviare a queste criticità, occorre predisporre – in tempi ragionevolmente brevi - strumenti normativi e/o regolamentari atti a correggere gli aspetti più problematici della riforma e coordinare l'art. 62 con la disciplina di recepimento della Direttiva UE sui ritardi di pagamento, che decorrerà dal prossimo 1° gennaio 2013. Nel merito dei correttivi, e in coerenza con la ratio originaria dell'art. 62, andrebbero introdotti elementi di flessibilità e derogabilità, senza snaturare l'impianto generale della norma.

Contraffazione: tanti – tra cui il nostro pomodoro San Marzano, le mozzarelle, l'olio extravergine d'oliva, i prodotti ittici e il vino – sono i prodotti a più alto rischio: a dirlo "Italia a tavola 2012", il IX rapporto sulla sicurezza alimentare del Movimento difesa del cittadino e Legambiente. Ma quali sono i danni cagionati da questo fenomeno e quali le possibili misure di contrasto?
Federalimentare stima che l'attività di contraffazione dei prodotti alimentari italiani, insieme al fenomeno dell'italian sounding, abbiano un enorme giro d'affari mondiale, valutato intorno ai 60 miliardi di euro, poco meno della metà del fatturato dei prodotti originali, 127 miliardi di euro, e più di 2 volte l'export italiano, stimato in 25 miliardi di euro per il 2012. In Italia il fenomeno è decisamente marginale, a conferma della garanzia di qualità del settore agroindustriale nazionale. Il consumatore italiano, pertanto, è certo della sicurezza dei prodotti alimentari che trova ogni giorno sul mercato. Per combattere contraffazione e imitazione, Federalimentare insiste da tempo su una serie di iniziative urgenti e coerenti con la necessità di risollevare l'economia. È necessario potenziare le competenze dei desk anticontraffazione, costituire nei Paesi più critici delle reti di studi legali di riferimento, rafforzare il coordinamento con le forze di polizia UE ed extra UE, definire accordi bilaterali per la tutela dei prodotti e in particolari quelli DOP, realizzare campagne di comunicazione sul valore del prodotto realmente italiano, aumentare le relazioni con i principali attori del canale ho.re.ca. e della grande distribuzione per favorire l'ingresso e la permanenza sui mercati esteri di prodotti autenticamente italiani. In tutto questo il settore agroindustriale non può essere lasciato da solo, ma avere al suo fianco le istituzioni e per questo auspico la più rapida possibile messa a regime della nuova agenzia per il commercio estero.

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