LA RICERCA AI TEMPI DELLA CRISI
PRETRATTAMENTI INNOVATIVI PER ESSICCATI DI QUALITÀ
LA RICERCA AI TEMPI DELLA CRISI
Chiara Giorleo
Communication Manager Moma infomoma@momanet.it
Il messaggio è chiaro: l'innovazione, tesa alla competitività e allo sviluppo, è la risposta ad una crisi cha ha risvolti su ogni fronte. Ma quali sono le difficoltà della ricerca in questo settore?
Lo abbiamo chiesto al professore Salerno, già richiamato in questa rubrica quale Coordinatore del Polo di Eccellenza sulla Conoscenza dell'Università di Salerno
INTERVISTA AL PROFESSORE SAVERIO SALERNO
POLO DI ECCELLENZA SULLA CONOSCENZA (UNIVERSITÀ DI SALERNO)
Qual è il trend della ricerca in questo momento così difficile?
Oggi si fa un gran parlare dell'importanza di instaurare collaborazioni tra diversi enti e anche tra paesi europei. È chiaro che tale strategia ha il vantaggio di creare sinergia, ma comporta anche alcuni "contro". Basti pensare alla complessità gestionale che ne deriva. Si corre il rischio che l'unico vero accordo finisca per basarsi sulle modalità di assegnazione dei fondi e che molte energie vengano spese nella gestione di tanti soggetti. Dunque viene meno una reale collaborazione sui progetti in sé. Inoltre non si considera che la ricerca finanziata resta teoricamente pre-competitiva ma ormai il passaggio tra le diverse fasi (dallo sviluppo pre-competitivo a quello industriale) è sempre più sfumato. Spesso quindi i soggetti produttivi possono essere diffidenti e riottosi rispetto ad una reale condivisione e, in tal caso, la ricaduta produttiva della Ricerca risulta pregiudicata. Occorre, a mio giudizio, privilegiare aggregazione ed esperienze di successo stabili e collaudate, caratterizzate da un progetto comune al di là delle opportunità di posizionamento. Quindi qual è o quale dovrebbe essere il ruolo delle aziende in questo contesto? In teoria le aziende dovrebbero fare investimenti anti-ciclici ma questo non accade a causa della scarsità di risorse. Da ciò deriva una decrescente collaborazione con centri di ricerca. Inoltre, le piccole aziende risultano spesso inadeguate ad un approccio che prevede uno stretto legame con la ricerca a causa delle risorse limitate; l'accesso al finanziamento poi comporta una complessità gestionale che presuppone la necessità di una strutturazione aziendale adatta e questa, nelle piccole realtà, non sempre esiste. Sono poche infatti le aziende che hanno i numeri e la struttura adeguati e -ahimè- sempre le stesse. Tra l'altro tali realtà, perlopiù grandi, adottano un approccio speculativo e sostanzialmente prevaricatorio tendendo a fagocitare gli Attori della ricerca.
Come la politica potrebbe intervenire a suo parere?
Mentre a livello europeo il funzionamento è quantomeno affidabile, purtroppo in Italia manca il giusto equilibrio tra politica e ricerca. In particolare, se oltre confine vengono rispettati i tempi per la valutazione e contrattualizzazione dei progetti, nonché quelli previsti per l'erogazione di finanziamenti, non sempre è possibile dire lo stesso a livello Paese. Troppo spesso i pagamenti sono lenti e senza garanzie; inoltre le procedure sono spesso contorte e in continuo cambiamento. A livello locale e regionale il problema si amplifica poi ulteriormente. Mi sia consentita, in conclusione, una considerazione più generale: il clima del nostro Paese manca di stimoli ed entusiasmi. Le eccellenze sono percepite come anomalie e minacce; prevale la cultura del sospetto e della critica rispetto a quella del rischio e del successo. In questo modo le Risorse Umane, l'elemento vincente in tutti gli ambiti, non sono incentivate.
|