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  Dicembre 2012

Articoli n° 10
DicEMBRE 2011
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BOCCIA: «Verso l'impresa ISTITUZIONE»

RICERCA e INNOVAZIONE per l'Italia che guarda al futuro

Coraggio: «Allarme DESTRUTTURAZIONE per il comparto delle costruzioni»

"CONFINDUSTRIA PER I GIOVANI": il Sistema di Rappresentanza si apre a neolaureati ad alto potenziale


BOCCIA: «Verso l'impresa ISTITUZIONE»

Va riconosciuta al mondo produttivo la capacità di diffondere benessere e creare occupazione contribuendo a mantenere la pace sociale nel paese

Vogliamo avvicinare i giovani al mondo dell'impresa comunicando loro i valori che ne stanno alla base: lavoro, spirito di sacrificio e di iniziativa, coraggio, creatività, lealtà nelle relazioni

Al Sud occorre una nuova cultura della responsabilità, attraverso la quale le classi dirigenti e la società civile si sentano parte attiva di un processo di cambiamento, i cui effetti positivi ricadranno sul territorio a beneficio di tutti

di Raffaella Venerando

Vincenzo Boccia
Presidente Piccola Industria Confindustria


Presidente Boccia, partiamo dallo Statuto delle Imprese approvato di recente in via definitiva e all'unanimità. Una buona notizia per le Pmi italiane?
Lo è senza dubbio. Lo Statuto delle Imprese ha il merito di riconoscere il ruolo economico e sociale svolto dalla piccola e media impresa. Certo, sembra quasi un paradosso che l'Italia, il paese che vanta il più alto tasso di imprenditorialità in Europa, abbia bisogno di una legge specifica per valorizzare quella che da sempre costituisce una sua grande ricchezza. Il manifatturiero in particolare rappresenta la "sala macchine" della crescita e chi ha pensato di poterne fare a meno concentrando la propria politica economica interamente sulle attività terziarie, è stato costretto a fare marcia indietro. È anche vero che in Italia l'impresa non sempre è stata percepita dall'opinione pubblica in modo positivo: la grande epopea del miracolo economico degli anni Sessanta ha convissuto, infatti, più avanti con la percezione di un'ambizione imprenditoriale talvolta troppo legata alla salvaguardia degli interessi della famiglia proprietaria.
Se anche così è stato e si è trattato di un errore culturale prima ancora che di strategia imprenditoriale oggi non può più esserlo. Abbiamo sottolineato in diverse occasioni il passaggio dal concetto di "impresa patriarcale", quella delle origini, a quello di "impresa familiare" per affermare come adesso sia giunto il momento di un ulteriore scatto in avanti verso il concetto di "impresa istituzione", la quale in virtù della propria capacità di diffondere benessere e creare occupazione costituisce una ricchezza di inestimabile valore per il territorio e concorre a mantenere la pace sociale. Lo Statuto delle Imprese va in questa direzione.
Tra gli aspetti salienti riafferma il principio della libertà di iniziativa economica e di concorrenza, introduce il diritto dell'impresa a «operare in un contesto normativo certo e in quadro di servizi pubblici tempestivi e di qualità», sottolinea l'importanza della valorizzazione della cultura imprenditoriale nel sistema scolastico e nella formazione professionale.
Da un punto di vista pratico, poi, introduce un insieme di misure per migliorare il rapporto con la Pubblica amministrazione, quale ad esempio il divieto di inserire nuovi oneri informativi o amministrativi a carico delle imprese in assenza di una contestuale riduzione o eliminazione di oneri precedenti; stabilisce inoltre che l'elenco degli oneri informativi deve essere allegato ai provvedimenti amministrativi e che non è possibile richiedere alle imprese copie di documentazione già presente nel Registro delle imprese. Si tratta di misure a effetto immediato alle quali, forse, si poteva aggiungere qualcosa in più.

Su cosa si poteva insistere o cosa non andava perso nel corso dei mesi che sono intercorsi per arrivare all'approvazione?
È stata stralciata la possibilità di compensare i crediti maturati dalle imprese verso la Pubblica amministrazione con i debiti fiscali e contributivi e non sono state inserite misure per diminuire lo stock di debito accumulato che ammonta a circa 60 miliardi di euro. È slittato inoltre di dodici mesi il recepimento integrale della Direttiva europea contro i ritardi di pagamento; più precisamente la norma ha effetto immediato per le transazioni commerciali fra le imprese, ma non per la Pubblica amministrazione.
Un'azione chiaramente iniqua con la quale lo Stato rifiuta di assumersi le proprie responsabilità e persevera in un comportamento che va a danno delle imprese, specie adesso che il problema della liquidità è particolarmente avvertito.

Per recuperare risorse in molti avevano proposto una privatizzazione del debito pubblico o una patrimoniale. Anche Confindustria aveva lanciato l'idea di una imposta speciale sul patrimonio.
Vuole spiegarci in cosa consiste e quali vantaggi ne deriverebbero se mai venisse promossa?

È una delle proposte che abbiamo presentato a settembre nel "Progetto delle Imprese per l'Italia", il documento realizzato insieme ad ABI, ANIA, Alleanza delle Cooperative italiane e Rete Imprese Italia. In sostanza si tratterebbe di applicare sul patrimonio netto delle persone fisiche un prelievo annuale ad aliquota contenuta, al fine di ottenere un gettito stabile da destinare beninteso non al finanziamento della spesa corrente, ma alla riduzione del prelievo fiscale su lavoratori e imprese.

Passando alle iniziative e ai progetti del Sistema, che valore ha la Giornata dedicata alle Pmi‑Industriamoci?
Qual è stata la risposta della base quest'anno? È come coltivare un terreno, seminando oggi per raccogliere i frutti domani. Vogliamo avvicinare i giovani al mondo dell'impresa comunicando loro i valori che ne stanno alla base: lavoro, spirito di sacrificio e di iniziativa, coraggio, creatività, lealtà nelle relazioni. Per quanto riguarda la manifestazione abbiamo nettamente superato i numeri dello scorso anno, raccogliendo le adesioni di 70 associazioni su tutto il territorio nazionale.
Ad aprire le porte dei propri stabilimenti sono state oltre 600 aziende il doppio dello scorso anno e hanno aderito più di 400 scuole fra medie e superiori per un totale di oltre 27.000 partecipanti. Numeri che ci inorgogliscono, ma che soprattutto testimoniano la volontà delle nostre imprese di scommettere sui giovani.

Nel suo primo anno di attività il Fondo Italiano d'Investimento è riuscito seppure in parte a supportare le aziende che hanno scelto di crescere? Quali sono i primi risultati?
Fino ad oggi sono state concluse nove operazioni di investimento diretto nei settori più diversi dal cabotaggio commerciale allo smaltimento di rifiuti speciali, sino alla produzione di yacht e sei di investimento indiretto come "fondo di fondi", ovvero investendo in altri fondi che condividono la politica del Fondo Italiano.
Il successo di questo strumento si misura anche nell'elevato numero di candidature pervenute in poco più di un anno di attività, ben 700; una cifra che dimostra un'accresciuta disponibilità delle imprese ad aprire il capitale a soci esterni, forse uno dei "tabù" più difficili da infrangere per le nostre Pmi. Piccola Industria e Intesa Sanpaolo hanno rinnovato, il 14 novembre, l'Accordo per continuare a sostenere le imprese nei percorsi di crescita e di rafforzamento del business.

Quali i vantaggi di questa intesa?
Per la precisione si tratta del rinnovo dell'accordo che è stato sottoscritto la prima volta a luglio 2009 e che è stato poi riconfermato nel settembre 2010. È importante ricordare le tappe precedenti per dimostrare la continuità dell'impegno da parte di Piccola Industria Confindustria e di Intesa Sanpaolo nel sostenere lo sviluppo delle piccole e medie imprese. La novità di quest'anno è la visione organica che abbiamo dato, prevedendo una serie di strumenti finanziari per potenziare la funzione finanziaria che all'interno dell'azienda assume sempre più un carattere strategico.
Quest'anno il plafond è di dieci miliardi di euro, che si aggiungono ai cinque e ai dieci messi rispettivamente a disposizione negli accordi precedenti. Si è scelto di agire in particolare in tre direzioni: valorizzare il capitale umano con progetti di formazione per i dipendenti, supportare la crescita dimensionale e l'ottimizzazione gestionale promuovendo i principi del lean management, incentivare gli investimenti finalizzati all'efficienza energetica e all'eco‑sostenibilità.
Per ciascuna di queste aree sono stati messi a punto prodotti e servizi specifici nel comune obiettivo di rafforzare il sistema delle imprese e di rilanciare la crescita. L'accordo prevede inoltre un'assistenza specialistica per le aziende interessate a progetti di aggregazione come le Reti d'Impresa, aiutandole sia nella ricerca di potenziali partner, sia nella gestione vera e propria della Rete.
Conferma, poi, gli strumenti creati a sostegno dei processi di innovazione ad esempio per l'acquisto di brevetti, marchi e licenze così come quelli a supporto dell'internazionalizzazione, che vanno dalla copertura rischi alla gestione delle liquidità all'estero.

Le Pmi hanno migliorato la propria conoscenza (e utilizzo) dei canali di finanziamento alternativi al credito bancario, quale ad esempio il MAC il mercato alternativo del capitale oppure si tratta di mondi ancora distanti tra loro?
È piuttosto difficile valutare il grado di conoscenza del MAC da parte delle piccole e medie imprese. Piccola Industria ha dato molto risalto a questa iniziativa e ha promosso la realizzazione di numerosi seminari presso le associazioni di Confindu stria proprio per diffondere tra le imprese la conoscenza del nuovo mercato.
Certamente la fase storica che ha seguito la nascita del mercato è stata molto complessa a causa della crisi finanziaria e della crisi economica che hanno di fatto bloccato gli investimenti delle imprese. In questi mesi stiamo collaborando con Borsa Italiana per razionalizzare l'offerta di mercati destinati alle Pmi e stiamo valutando i possibili percorsi evolutivi del MAC e dell'AIM Italia. A questo fine Borsa Italiana ha costituito un Advisory Board che sta lavorando all'individuazione di un nuovo modello di mercato che risponda in modo efficace alle esigenze di imprese e investitori. Rilanciare il mercato dei capitali e creare un canale di finanziamento aggiuntivo rispetto al tradizionale credito bancario in questa fase è una vera priorità. Probabilmente la crisi lascerà come strascico un'ulteriore divaricazione della forbice NordSud.

Quanto le fa paura una simile prospettiva?
La paura è cattiva consigliera e in un momento così difficile per il nostro Paese abbiamo bisogno, al contrario, di un approccio il più possibile equilibrato per esaminare a fondo i problemi e compiere le scelte migliori.
Questo riguarda anche il Sud, che non deve essere trattato né come una regione irrecuperabile per le sue inefficienze, né come un territorio perennemente bisognoso di assistenza. Ciò che occorre qui più che altrove è una nuova cultura della responsabilità, attraverso la quale le classi dirigenti e la società civile si sentano parte attiva di un processo di cambiamento, i cui effetti positivi ricadranno sul territorio a beneficio di tutti. Il Sud è in grado di produrre ricchezza e, come dimostrano diversi studi, ospita numerose eccellenze che crescono, investono e vanno all'estero. L'obiettivo è proprio questo: far sì che l'eccellenza non sia più una presenza isolata, ma un tratto costante del tessuto imprenditoriale meridionale. Ciò che fa bene al Paese fa bene due volte al Sud.

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