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  Dicembre 2012

Articoli n° 05
Giugno 2009
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Stati Generali delle Costruzioni: la ricetta anticrisi

Stati Generali delle Costruzioni: la ricetta anticrisi

Innanzitutto, attivare un programma straordinario di interventi che privilegi le opere di piccole e medie dimensioni

La sicurezza deve costituire un asset d’intervento di estrema priorità e deve finalmente radicarsi nella classe politica la convinzione che ricostruire costa più che ristrutturare ed adeguare


Antonio Lombardi
Presidente Ance Salerno



Gli Stati Generali delle Costruzioni, svoltisi a Roma il 14 maggio scorso, hanno riproposto con forza i temi legati al rilancio del settore delle costruzioni, che dopo qualche anno di sostanziale “tenuta” nonostante i dati allarmistici provenienti dagli altri comparti produttivi, già dal 2008 ha palesato una brusca inversione di tendenza con un vero e proprio boom, nei primi mesi del 2009 del ricorso alla cassa integrazione, ove non a ben più drammatici licenziamenti.
Si tratta di problemi di enorme rilevanza che meritano una grande attenzione anche perché - segnatamente nel Mezzogiorno ed ancor di più in provincia di Salerno - il comparto delle costruzioni non è soltanto uno dei più rilevanti nella produzione del Pil territoriale, ma è uno dei pilastri portanti dell’economia il cui cedimento può produrre effetti ben più gravi che una mera crisi settoriale.
Per questo gli Stati Generali delle Costruzioni, quest’anno per la prima volta si sono posti non tanto e non solo come momento di rivendicazione, ma come vero e proprio momento di svolta. Hanno cioè imposto la necessità di una rivoluzione che tocchi il sistema dal profondo rivoluzionando la filosofia di fare e di operare sul territorio della nostra classe politica. Da questo punto di vista, la ricostruzione in Abruzzo può rappresentare un banco di prova su cui cimentarsi non solo per nuove edificazioni qualitativamente ineccepibili ma anche da realizzarsi in lassi temporali assolutamente ridotti: lontani anni luce da quelli usuali del nostro Paese, ma consoni e ordinari per uno Stato che vuol definirsi “civile”.
La svolta non deve guardare solo ai “tempi”: è necessario che la pubblica amministrazione riveda dal profondo il suo modus operandi; torni ad essere – come ha rivendicato con forza il presidente nazionale dell’Ance Buzzetti - al servizio del cittadino e della libertà d’impresa, e non si ponga come elemento di contrasto allo svolgimento di qualsivoglia attività, pubblica o privata che sia. Un obiettivo ineludibile e urgente che si sposa oggi ottimamente con l’altrettanto imprescindibile necessità di arginare la crisi. Se è vero che il “sistema Italia” è oggi in grossa difficoltà (così come altri Paesi europei) è altrettanto vero che il nostro Paese è nelle condizioni di definire delle linee guida che consentano non solo di uscire dalla crisi (o quanto meno di limitarne i danni) ma anche di realizzare una “scrematura” del sistema produttivo ed economico al fine di rafforzare il nostro Paese e prevenire ulteriori, future difficoltà. Da questo punto di vista l’Ance ha rimarcato la necessità di una “scrematura” delle imprese che parta dalle condizioni di accesso al mercato: vanno premiate le imprese migliori, che rispettano le regole mentre vanno rigorosamente arginate ed espulse quelle che eludono ed evadono le normative vigenti. Ma nel contempo la permanenza sul mercato deve essere resa più agevole, meno ostica, attraverso una rigorosa sburocratizzazione ed una forte semplificazione delle procedure. L’aspetto più interessante degli Stati Generali delle Costruzioni è senza dubbio rappresentato da ciò che l’Ance ha posto sul tavolo del dibattito come possibile ricetta anticrisi: l’attivazione cioè di interventi per arginare la crisi rilanciando nel contempo, imprese e consumi. Il Mezzogiorno sconta ancora una grave carenza di infrastrutture: è importante attivare in tempi rapidissimi, sulla scorta anche di quanto realizzato in Spagna e Francia, un programma straordinario di interventi che privilegi le opere di piccole e medie dimensioni, maggiormente impattanti sulle economie territoriali.
Nel contempo bisogna fronteggiare una carenza di immobili residenziali destinati alle fasce sociali medio-basse. L’Ance ha presentato in tempi non sospetti un progetto di housing sociale che prevede appartamenti da destinare alla locazione a canone calmierato, ma anche alla vendita, che avrebbero un duplice impatto positivo: quello cioè di fornire una risposta tangibile a quanti oggi, a causa dell’improponibilità delle quotazioni immobiliari, non sono in grado di comprare casa; ma anche di calmierare i prezzi grazie ai nuovi appartamenti venduti a costi più contenuti.
La Regione Campania e gli enti locali, non soltanto il Governo centrale, dal canto loro possono pianificare interventi sicuramente rilevanti per la ripresa economica: quanto avvenuto in Abruzzo ha insegnato ancora una volta che una politica del risparmio sulla qualità degli interventi si traduce in pericoli gravissimi per la sicurezza. Occorrono allora interventi di ristrutturazione ed adeguamento antisismico innanzitutto delle scuole, dipoi anche di tutti gli edifici adibiti a scopi di pubblica utilità o comunque aperti al pubblico. Nel contempo vanno pianificate iniziative e strategie di sostegno - procedurali ma anche economiche - per i privati che vorranno attivare analoghi lavori di adeguamento sismico. Bisogna quindi “rispolverare” anche il progetto legislativo del fascicolo di fabbricato, che consentirebbe di avere una mappatura costante sullo stato manutentivo di un edificio e anche dei suoi impianti. La sicurezza deve costituire un asset d’intervento di estrema priorità e deve finalmente radicarsi nella classe politica la convinzione che ricostruire costa più che ristrutturare ed adeguare.
Senza considerare ulteriori vantaggi che potrebbero derivare dalla riqualificazione complessiva del patrimonio immobiliare, al di là delle pur importanti considerazioni legate alla sicurezza: ci riferiamo in particolare al risparmio energetico. È ben possibile conciliare questi interventi anche con il contenimento delle dispersioni di calore, contribuendo in tal modo a “ridurre” una bolletta energetica che, nel Mezzogiorno, pesa non poco sui bilanci di famiglie, imprese ma anche pubblica amministrazione.
Infine, per il Mezzogiorno, inevitabile un passaggio sul problema-sicurezza. Senza ombra di dubbio è importante che le imprese facciano fino in fondo la loro parte per evitare gli incidenti nei cantieri e migliorare, nel complesso la sicurezza degli operai. Un obiettivo perseguito del resto già con grande efficacia, come testimoniano i forti cali nel numero dei sinistri.
È importante però che anche lo Stato faccia la sua parte, semplificando un quadro normativo che, attualmente ,si pone come mero fattore di congestione dell’attività amministrativa: bisogna ridurre - o quanto meno coordinare - gli enti ispettivi preposti, ma anche semplificare gli adempimenti che spesso si traducono in mere procedure burocratiche cartacee con un’incidenza irrisoria sulle effettive e concrete condizioni di sicurezza all’interno del cantiere.
Sempre in tema di sicurezza, lo Stato deve garantire condizioni di tranquillità anche “intorno” ai cantieri. Troppo spesso si è avuta l’impressione di un atteggiamento “delegante”: come se lo Stato cioè volesse in qualche “alleggerirsi” delle proprie incombenze, girando alle imprese, ciò che grava e deve continuare a gravare esclusivamente sulle forze dell’ordine. È giusto e ineccepibile che le imprese coinvolte in attività criminali vengano emarginate ed espulse dal sistema produttivo. Ma non è possibile in alcun modo accettare che a questa emarginazione, o peggio a questa espulsione, si possa arrivare sulla base di semplici indizi o informazioni, senza un reale e severo giudizio di merito. Né tanto meno è tollerabile che il giudizio di merito, ove avvenga, venga espletato in tempi assolutamente inconcepibili per un sistema civile e democratico.

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