di Raffaella Venerando
Il distretto cede il passo alla rete di impresa
intervista A Enzo Rullani - Reti di impresa sÌ, ma sostenibili
e resistenti alle scosse del mercato
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INTERVENTO DI Giancarlo CorÒ - Bisogna costruire la cooperazione interdistrettuale
Il distretto cede il passo alla rete di impresa
Per agganciare la ripresa, il Governo con il ddl Sviluppo punta sulla logica di filiera
di Raffaella Venerando
Solo dopo la seconda metà del 2010, quando la crisi economico-finanziaria che ha sconvolto i mercati mondiali dovrebbe essere archiviata, le nostre imprese potranno dire di aver superato la dura prova.
Di certo ce l’avranno fatta quelle imprese che - alla fine di questo lungo e tormentato periodo – avranno dato vita a un nuovo modo di fare impresa basato su un mix di industria e di servizi, quelle che avranno fondato il proprio successo su relazioni stabili, forti, ma allo stesso tempo flessibili, quelle che sono state capaci di resistere perchè non si sono mosse da sole, quanto piuttosto all'interno di filiere produttive complesse.
Per intercettare e incoraggiare tale cambiamento nel sistema produttivo, il Governo ha ideato un impianto normativo ad hoc, il ddl sullo sviluppo delle imprese che, dopo l’approvazione al Senato nel maggio scorso, aspetta solo il ritorno alla Camera in quarta lettura per il via libero definitivo e divenire legge prima dell’estate.
La novità di fondo contenuta nella normativa è di tipo concettuale: considerato che la competizione globale per tante delle nostre imprese comincia a pesare davvero troppo, il governo ha pensato di riconoscere e diffondere la forza dei distretti industriali.
L’importanza del ruolo dei distretti industriali all’interno del sistema produttivo nazionale negli anni è stato indiscutibilmente riconosciuto dai vari governi che si sono succeduti. Tuttavia però l’accelerazione dei processi di globalizzazione dei mercati, le nuove sfide derivanti dallo sviluppo tecnologico hanno dimostrato come la dimensione territoriale sia solo uno e uno soltanto degli aspetti dello sviluppo delle economie locali obbligate, per competere, a confrontarsi con “il mondo”. Pertanto oggi più di ieri è necessario elaborare delle politiche industriali in cui il sistema distrettuale non sia più concepito come punto di arrivo, ma come il là di partenza, come il presupposto per innovative forme di aggregazione, anche oltre lo spazio fisico del distretto stesso.
Il ddl sviluppo va in questa direzione, assimilando le reti di imprese ai distretti industriali. L’effetto positivo è che le reti potranno godere di vantaggi e di agevolazioni - fino ad oggi riservati esclusivamente ad aziende che ricadevano all'interno di un distretto industriale - in materia sia fiscale, sia contabile ed amministrativa (consolidato fiscale, partecipazione a gare con meccanismi consortili, agevolazioni IVA, semplificazioni amministrative).
Essere parte di una rete consentirà infatti di abbattere i costi grazie alla condivisione di alcune spese.
Si affermerà quindi un nuovo concetto di sinergia tra imprese, quello delle reti per l’appunto che, contrariamente al distretto, nascono e si rafforzano non per una sorta di imposizione dall’alto quanto per una reale convenienza ed esigenza di reggere il peso della concorrenza.
L’obiettivo è quello di promuovere lo sviluppo delle imprese rafforzando l’integrazione per la filiera anche oltre il territorio, favorendo lo scambio di tecnologie, di servizi, di collaborazione tra imprese.
Di rimando, le misure adottate dovrebbero favorire in modo sensibile lo sviluppo territoriale, permettendo al contempo alle imprese di caratterizzare ancor di più le proprie produzioni, fatte di creatività e di design, fatte cioè di tanto “made in Italy” (una parte saliente del ddl sviluppo è per l’appunto riservata alla lotta alla contraffazione e alla tutela del made in Italy).
A corroborare poi lo sviluppo delle reti sarà la nuova procedura che interessa gli accordi di programma. Innanzitutto il loro utilizzo viene esteso a tutto il territorio nazionale, considerato il successo riscontrato dallo strumento soprattutto in relazione a situazioni di pesante difficoltà industriale.
Così come era in fieri nel progetto Industria 2015, si passerà da un sistema di incentivazione che premiava la singola impresa produttiva, spesso nel semplice acquisto di un macchinario o un capannone, ad un sistema orientato sugli elementi connettivi della filiera, della rete. Ci si è resi conto che il passaggio da un sistema manifatturiero che incrociava meccanica e beni di consumo, ad un sistema molto più ampio che unisce e miscela servizi e manifattura, implica necessariamente un allungamento della filiera produttiva: allungamento che si realizza sia a monte verso il sistema della ricerca, sia a valle verso il sistema della commercializzazione e distribuzione, nella consapevolezza che sempre di più il valore dei beni deriva da questi due elementi che stanno a monte e a valle del processo di trasformazione. Pertanto, assumere la filiera come concetto di riferimento, significa necessariamente riorganizzare il nostro sistema di incentivazione, per passare da un sistema che premia la singola impresa nel suo investimento in capitale materiale ad un sistema di incentivazione premia la capacità della filiera di mettersi in discussione e creare nuove forme di relazione e crescere.
Un primo passo importante in vista di quest’obiettivo lo si era già avuto con il decreto incentivi, ovvero con la legge 9 aprile 2009, n. 33 che prescriveva misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, in particolare per distretti produttivi e reti di imprese per i quali introduceva - tra l’altro - la tassazione collettiva («Le imprese dei distretti possono: optare per la tassazione di distretto, concordare - indipendentemente dall'esercizio dell'opzione - in via preventiva e vincolante con l'Agenzia delle Entrate, per almeno 3 anni, il volume delle imposte dirette da versare; le norme sulla fiscalità di distretto si applicano alle aziende che si impegnano a non delocalizzare fuori dallo Spazio Economico Europeo la produzione dei beni per i quali sono previsti gli incentivi. Tale norma è subordinata alla autorizzazione comunitaria»).
Il decreto incentivi introduceva poi delle agevolazioni fiscali (cosiddetto bonus aggregazioni) per favorire le aggregazioni aziendali effettuate nel 2009 con operazioni di fusione e scissione.
Stesse agevolazioni sono previste anche in caso di conferimento di azienda, ma i bonus si applicano solo ad aggregazioni di imprese operative da almeno 2 anni e che non facciano parte dello stesso gruppo societario.
La tassazione di distretto era stata così estesa temporaneamente - per fronteggiare la crisi in atto - alle reti di imprese che si impegnavano mediante contratto di rete ad accrescere la capacità innovativa e la competitività sul mercato, fermo restando l’assolvimento degli ordinari obblighi ed adempimenti fiscali da parte delle imprese appartenenti al distretto e l’applicazione delle disposizioni penali tributarie.
Gli ultimi interventi normativi si pongono quindi come finalità il superamento del distretto inteso come concetto geografico.
è chiaro che quello che occorre oggi è puntare alla collaborazione funzionale tra imprese tenendo conto che - come afferma il professor Enzo Rullani (vedi intervista a pagina 7) - la conoscenza necessaria ha costi elevati perchè ha bisogno di grandi circuiti di approvvigionamento, applicazione e vendita.
È come se si stesse assistendo ad una evoluzione del distretto, dove le aziende potranno imparare a rendere complementari le loro differenze.
Il distretto cede il passo alla rete grazie a due caratteristiche vantaggiose su tutte: innanzitutto in un sistema a rete è possibile dare vita ad economie di scala nella produzione e nell’uso della conoscenza. In secondo luogo, poi, la rete permette di ampliare il bacino di uso e dunque il valore delle buone idee, che, appoggiandosi alle reti, può scavalcare i confini aziendali, locali, settoriali.
Ora che le reti sono state giuridicamente riconosciute ci auguriamo che le imprese italiane, soprattutto quelle piccole e medie, colgano l’opportunità per aggregarsi, crescere e operare finalmente secondo standard europei. |