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  Dicembre 2012

Articoli n° 05
Giugno 2009
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DeducibilitÀ degli interessi passivi: la beffa del nuovo articolo 96

Il sostegno economico ricevuto dai capitali presi a prestito reca lo svantaggio di penalizzare in maniera incisiva la fiscalità

Alessandro Sacrestano
Progetto Arcadia srl
alessandro.sacrestano@progettoarcadia.com


Incongruenze del nostro sistema fiscale! Verrebbe voglia di titolare così il rapporto anomalo che, intrecciandosi, si viene a creare fra le misure di sostegno contro la crisi internazionale e l’attuale normativa tributaria a proposito della deducibilità degli interessi passivi iscritti in bilancio.
Senza sprofondare in un inutile “tecnicismo”, vale la pena di ricordare che la Finanziaria per il 2008 ha riscritto l’art. 96 del TUIR, che detta le regole sulla deduzione degli interessi passivi da parte delle società di capitali.
La nuova norma, che esplica i suoi effetti per la prima volta nel modello Unico di quest’anno, prevede che, per determinare la quota di interessi passivi deducibili, sia necessaria la determinazione del ROL (Risultato operativo lordo).
Si tratta, come la stessa norma spiega, della differenza tra l’aggregato A del conto economico (che racchiude i ricavi della produzione) e l’aggregato B (che, evidenzia, invece, i costi della produzione). Tale differenziale, però, va incrementato degli ammortamenti operati dalle imprese sui beni materiali ed immateriali, nonché dei canoni leasing di competenza dell’esercizio. Il 30% del risultato così ottenuto costituisce, in buona sostanza, il limite di deducibilità immediata nell’imponibile fiscale degli interessi passivi. In pratica, più è alto il risultato della tua gestione caratteristica, maggiore sarà la quota di interessi passivi che è possibile dedurre.
Il provvedimento va letto nell’ottica di “penalizzare” le imprese che ricorrono in misura sproporzionata al capitale di terzi nella gestione delle proprie attività economiche, negando la deduzione degli interessi che oltrepassano la soglia limite del 30% del ROL.
Sulla bontà della norma ci sarebbe da discutere, ed i giudizi non sarebbero - a ragione - unanimi. Personalmente, sono tra quelli che lo squilibrio fra il capitale a prestito ed il risultato della propria gestione preferirebbero contrastarlo “premiando” i virtuosi (così come avveniva nel meccanismo previsto dalla Dual Incombe Tax - DIT - che gratificava chi investiva capitale proprio in azienda, invece che ricorrere alle banche, con un’aliquota fiscale dimezzata rispetto a quella ordinaria) piuttosto che “penalizzando” le imprese più indebitate.
In ogni caso, quello che stupisce maggiormente, è che in un proliferare di norme “anti-crisi” nessuno si sia accorto che la disposizione introdotta dalla scorsa Finanziaria fosse viziata da un pesante anacronismo rispetto alla situazione vissuta dalle imprese nazionali in questo preciso momento storico.
Insomma, se da un fronte si spingono le banche e gli istituti di credito (che “per fortuna” rimangono sorde all’invito) a sostenere le imprese con massicce iniezioni di liquidità perché, a ben vedere, il differimento dei termini di pagamento e le insolvenze sono ormai croniche nel nostro mercato, dall’altro si impedisce alle imprese di dedurre il costo finanziario di tale sostegno.
Il risultato? Alla crisi si aggiunge la beffa di dover pagare, in molti casi, più imposte di quando la crisi non c’era.
Sarebbe stato troppo complesso immaginare uno slittamento dell’entrata in vigore della nuova norma?
Sterilizzare gli effetti del nuovo articolo 96, in pratica, avrebbe, almeno per un paio di anni, consentito alle imprese (già alle prese con gravi difficoltà) di fronteggiare con maggiore tranquillità i venti di crisi, evitando che il sostegno economico ricevuto dai capitali presi a prestito recasse lo svantaggio di penalizzare in maniera incisiva la fiscalità.
Sarebbe auspicabile, quindi, che le Associazioni di categoria - che, a differenza di chi fa le leggi, vivono a più stretto contatto con le realtà aziendali - sollecitassero un intervento in tal senso per i bilanci relativi al 2009 dove, presumibilmente, l’impatto degli interessi passivi sarà ancora più evidente.

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