di Raffaella VENERANDO
Giovani e politica, due mondi “non comunicanti”
«La politica va vissuta
come un impegno civile»
Vendola: «Il raccordo con i giovani È un investimento per il futuro»
«La politica italiana non incanta più»
«L’efficienza amministrativa
combatte la “malapolitica”»
«C’È bisogno
di risposte concrete»
«Anche in politica dovrebbe esserci
il passaggio generazionale»
«Non c’È ricambio e i partiti
sembrano club privati»
«Occorrono maggiore partecipazione
e visione di insieme»
«Va recuperato il valore strategico
della rappresentativitÀ»
Brutta, sporca e cattiva?
PerchÉ la politica italiana
non affascina piÙ
Giovani e politica, due mondi “non comunicanti”
Negli ultimi anni nel nostro Paese è cresciuto il desiderio di “un’altra politica”,
capace di proporre progetti, alimentare sogni e indicare prospettive per una società migliore
I dati parlano chiaro. Stando a quanto riporta l'edizione 2008 del Rapporto Italia di Eurispes, sale al 49,6% la percentuale degli italiani che ha meno fiducia nelle istituzioni rispetto all'anno precedente.
Al calo di credibilità delle istituzioni corrisponde - come riportato anche da Francesco Delzio nel suo libro “Politica ground zero” - un incremento di fiducia nel privato. Un'indagine Ipsos del 2007 rileva infatti che il 51% della popolazione italiana ha fiducia in se stessa, ma non nel futuro del paese, testimoniando così come si sia creata una spaccatura forte tra le sorti del singolo e il destino della collettività, e quindi di rimando anche tra i cittadini e la politica che degli interessi collettivi dovrebbe essere la promotrice di una sintesi virtuosa e perfetta.
Cresce quindi il desiderio di "un'altra politica", una politica che sia maggiormente rappresentativa e che sia foriera di una nuova visione del mondo.
In questa particolare fase storica, ad essersi allontanati dalla politica sono soprattutto i giovani.
In Italia, durante gli anni Cinquanta e Sessanta sicuramente la situazione non era la stessa. Nel periodo del boom economico, la strada per contribuire e partecipare attivamente al grande cambiamento che interessava il nostro Paese era proprio la politica, e con essa i partiti, luoghi simbolo di aggregazione e di crescita, all’interno dei quali nascevano e si rafforzavano idee e visioni del futuro.
Oggi, quegli stessi luoghi hanno perso la loro funzione formativa e pedagogica, specialmente per i più giovani, e non riescono più a catalizzare intorno a sè passioni ed appassionati.
Il disinteresse dei giovani nei confronti della politica è un fenomeno che desta preoccupazioni già da qualche anno. Andando a ritroso nel tempo, se si fa riferimento ad una ricerca dell’Eurispes, fatta nel 2006, si scopre che il 33% dei giovani è poco interessato alla politica, mentre il 37% non lo è affatto, il 53% non capisce la situazione politica attuale, il 45% pensa che i politici siano poco chiari nell’esprimersi, il 41% nutre poca fiducia nei confronti della classe politica, mentre il 23% non ne nutre per niente.
Un’altra ricerca più recente conferma questi dati. L'indagine conoscitiva, intitolata “Minori, Mass Media e cultura politica” (Centro Studi Minori e Media di Firenze del dicembre 2008) ha coinvolto 1505 studenti di età compresa tra i 14 e i 20 anni delle scuole superiori. Hanno collaborato 18 scuole di 12 province comprese nelle regioni Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo, Lazio, Campania e Sicilia.
Da questo studio emerge che: più del 60% degli studenti intervistati dichiara di interessarsi poco o per niente di politica. Stesso sconfortante risultato, quindi, di indagini analoghe. Solo il 6% dice che la politica lo attrae molto. Sono più i maschi a dichiarare di interessarsi abbastanza o molto di politica rispetto alle femmine, ed è notevole il fatto che l’interesse per la politica non aumenta comunque in maniera rilevante al crescere dell’età degli intervistati. Si attesta sul 46,5% la percentuale dei ragazzi che ha dichiarato di non avere fiducia nella politica.
Crolla la fiducia delle giovani generazioni verso la politica e verso chi si interessa della governance pubblica. Ma perché questo accade? E di chi è la responsabilità del distacco, dei giovani o della politica stessa?
Lo abbiamo chiesto (vedi pagine seguenti) a diversi esponenti del mondo “giovane”: abbiamo così raccolto il parere di Giorgia Meloni, ministro della Gioventù e ministro più giovane della storia della Repubblica d’Italia, di Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia, del politologo Gianfranco Pasquino e di sei imprenditori campani (Mauro Maccauro, Katia Petitto, Paola Pietrantonio, Massimiliano Santoli, Andrea Bachrach e Marco Pontecorvo) che hanno scelto, oltre all’attività aziendale, di impegnarsi “in quanto giovani” in primissima linea nel sistema Confindustria.
Seppur da differenti angolazioni e prospettive, gli intervistati sono parsi tutti concordi nel ritenere la politica attuale non più capace di proporre progetti, alimentare sogni, indicare prospettive di una società migliore e per questo poco attrattiva agli occhi dei giovani.
I giovani non sembrano più essere interessati alla politica perché in lei non vedono il futuro e questo sentimento, da un punto di vista strettamente pratico, si trasforma in una sempre più scarsa partecipazione ai riti della vita democratica.
Il ministro della Gioventù Meloni ha dichiarato: «Le ultime ricerche hanno messo in luce, in maniera molto netta, un’allarmante apatia ed una crescente disaffezione dei giovani nei confronti delle istituzioni, soprattutto politiche. Solamente in Italia oltre il 70% dei giovani sono poco o per niente interessati alla politica e nutrono sentimenti di sfiducia e diffidenza nei confronti di chi li rappresenta. I politici sono considerati personaggi distanti, anche da un punto di vista anagrafico, non in grado di recepire ed interpretare le loro esigenze». Poi ha aggiunto: «Credo che tocchi a questa generazione alzare la testa e dimostrare di essere in grado di rimettere il proprio interesse al centro del dibattito. Nella pratica penso che per rompere almeno un po’ gli schemi si possa cominciare a lavorare per ottenere finalmente la corrispondenza tra elettorato attivo e passivo: permettere cioè ai diciottenni che possono votare alla Camera di essere eletti senza aspettare di aver compiuto 25 anni. Mi sembra difficile che qualcuno possa dichiararsi contrario. Credo che questa riforma sia una di quelle cose che si possano fare in modo assolutamente trasversale».
Se a questo poi si aggiunge il sistema fortemente gerontocratico di cui è intriso a tutti i livelli e a tutte le sfere il nostro Paese, è facile capire perché le giovani generazioni abbiano perso mordente verso la politica che oggi li rifiuta, non si interessa dei loro problemi, non li coinvolge, non incentiva la loro partecipazione consapevole.
Bisogna quindi correre con urgenza ai ripari, colmando la distanza tra governati e governanti, tra elettori ed eletti, evitando così che questa diventi insanabile. Bisogna farlo perchè è in gioco il futuro del Paese. |