di Alfonso Amendola, docente e vicepresidente “Centro Studi sulle Rappresentazioni Linguistiche” Università di Salerno
Lo spazio estetico
di Anna Fusco
Da sinistra: Death flowers V, 2007, Water color on paper,
cm 120x82, courtesy artist
Death flowers I, 2007, Water color on paper, cm 120x82,
courtesy artist
Skull, 2008, Resin, stikers, bird, cm 300x30x300,
unique piece, courtesy artist
Antonello Tolve
Critico d’arte
Intrecciando le ordinate del passato alle ascisse del presente, Anna Fusco (Napoli 1977) formula un dizionario estetico che mira a produrre seducenti coordinate futuribili; ovvero parabole linguistiche in cui il fruitore si scompone dal proprio ruolo spettatoriale per cercare risposte tra enigmi, rebus, test visivi da decifrare sotto l'impulso di una realtà filtrata e rigenerata tramite escamotage quali il travestimento visivo, il rovescio dell'esperienziale, il tessuto autobiografico e quotidiano, la dimensione ludica.
Primo rapporto di conoscenza dell'uomo con il mondo, è proprio il gioco a rappresentare, per l'artista, un territorio di conquista grazie al quale svelare e confessare alcuni comportamenti che sostituiscono alla sfera ludica preliminare una dimensione immaginifica agendo, in tal modo, nel (e sul) mondo con un eclettismo idiomatico che metamorfosa il desiderio in forme e figure poetiche tese a correggere e rideterminare la realtà. Attraverso questo processo Anna Fusco mette a nudo gli strumenti della finzione proponendo una illusione attraverso la quale mostrare la fine dell'illusione stessa. Il suo disegno artistico si nutre, inoltre, del mito, del rito e dell'aneddoto per originare un asse di ricerca che mira ad indagare l’uomo dal punto di vista sociale, culturale e fisico, per esplorare la sua interazione nella società, il suo contatto con l’ambiente e con la natura.
Spesso nel lavoro dell’artista è riconoscibile una simbologia legata al femminino, mentre l’interesse verso il quotidiano, le paure e i desideri, il ciclo e riciclo fisiologico, legato, inevitabilmente, ai territori della nascita e della morte, dimostrano un latente interesse per un modello organicistico setacciato con gli strumenti del lavoro socio-antropologico.
Tuttavia, la matrice impegnata del lavoro di Anna Fusco si stempera, sempre, in quell'aspetto ludico, a volte interattivizzato, dove il pubblico anonimo diviene protagonista imprescindibile dell’opera. Ora, con Light into the dark, sintesi di materiali eterogenei (ferro, ossa umane, capelli femminili), l'artista propone un modulo oggettuale in cui agiscono processi di costruzione e distruzione, di occultamento e rivelazione, di nostalgia e terrore per sottolineare quel fascino (discreto) del terrore che fa i conti con la suspense spettatoriale e genera un cosmografo sublime, una costellazione ambigua. Light into the dark è metafora di ciò che resta della vita mentre la vita tace; «struttura ancestrale», suggerisce l'artista, profondamente ambivalente, sovrasensibile, camaleontica.
Neobarocche e postgotiche, le nuove forme proposte da Anna Fusco evidenziano, dunque, un tracciato estetico che rigenera gli statuti dell'ovvietà proponendo uno scenario che, per dirla con Habermas, «si ribella alla normalizzazione della tradizione; (...) vive dell'esperienza della ribellione contro ogni normativa; (...)» e «neutralizza» tanto «il buono morale quanto l'utile pratico».
L'oggetto di turno, un lampadario, strappato alla quotidianità è, per l'artista, soltanto lo stimolo primordiale di un criterio investigativo teso a riciclare il moderno tramite azioni squisitamente transquotidiane ed eteroreali. E proprio strappando l'oggetto alla realtà, il procedimento adottato da Fusco ridetermina - sotto il peso del gioco - gli statuti interni del reale attraverso un ricamo analitico che fa dell'organico e dell'inorganico, del corporeo e dell'incorporeo, la trina privilegiata di un'analisi estetica e, naturalmente, etica.
La fotografia, il video, il disegno e la scultura. La musica, infine. Contagiante e versatile, il caleidoscopio immaginifico di Anna Fusco traduce la tradizione in coscienza estetica; discioglie le cose in un fermento formale che mulierba ogni corpo per offrire uno spettacolo variopinto, modulato da una traiettoria memoriale antropologicamente instabile, spontanea, multidentitaria. Percorso, questo, che pone l'accento sulla metamorfosi invariabile delle cose e si inserisce, così, tra le linee di un divenire dell'arte teso ad abbracciare, timidamente, quel tessuto fragile e seducente, che si chiama vita. |