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  Dicembre 2012

Articoli n° 01
GENNAIO-FEBBRAIO 2009
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Impresa e competitivitÀ:
una ricerca sul mezzogiorno


Il grado di apertura internazionale delle aziende meridionali è insufficiente e, ancora modesta, l’incidenza del fatturato estero sul giro d’affari, a riprova del carattere ancora provinciale dell’economia del Sud

Dall’analisi sulle trasformazioni in atto nei sistemi produttivi di 5 regioni del Mezzogiorno emerge un quadro denso di criticità ma con un elemento positivo:
la necessità di passare da un modello competitivo basato sul controllo dei costi interni ad uno schema fondato su qualità e innovazione


Occorre un sistema di agevolazioni che recuperi l’orientamento al mercato dei progetti di investimento e che elimini, allo stesso tempo, quegli ostacoli che rendono poco proficuo il rapporto tra sistema del credito e mondo dell’impresa
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Francesco Saverio Coppola
Direttore SRM
info@srmezzogiorno.it

Il prossimo 26 Febbraio, presso la sede della Conferenza Stato-Regioni a Roma, sarà presentato il “Rapporto 2008 Imprese e Competitività”, un’analisi sulle trasformazioni in atto nei sistemi produttivi di cinque regioni del Mezzogiorno.
Il Rapporto è stato realizzato in partnership dall’Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno di Napoli (SRM) e dall’Osservatorio banche e imprese di economia e finanza di Bari (OBI), avvalendosi di un’indagine effettuata su un campione rappresentativo di imprese di Campania, Puglia, Calabria, Basilicata e Sicilia, appartenenti ai comparti del manifatturiero, delle costruzioni e dei servizi ICT e turistico-ricettivi.
Gli aspetti indagati hanno riguardato l’organizzazione aziendale e il capitale umano, gli investimenti, l’innovazione aziendale, l’internazionalizzazione.
Per quanto concerne l’organizzazione e le risorse umane, dal Rapporto emerge il limite principale per le imprese del Mezzogiorno costituito dalle ridotte dimensioni aziendali, principale ostacolo all’integrazione e al presidio di funzioni in grado di aumentare il valore aggiunto delle produzioni (quali la Ricerca & Sviluppo, il Marketing e la pianificazione); la ridotta dimensione delle imprese meridionali, infatti, costituisce la principale barriera al pieno dispiegarsi di questo processo di riaccorpamento di funzioni che richiede investimenti in capitale umano che non tutte le imprese possono permettersi.
Dall’analisi svolta si ricava, infatti, che le imprese del campione tendono a concentrarsi prevalentemente sulle funzioni più direttamente connesse al funzionamento “minimale” dell’organizzazione, ovvero quella produttiva, commerciale e di amministrazione e contabilità, mentre le funzioni complesse - come la Ricerca & Sviluppo, la pianificazione strategica, l’informatica e tecnologia, l’ambiente e sicurezza - sono presidiate molto raramente, il che sta ad indicare che le imprese del Mezzogiorno sono molto lontane dall’implementare quel nuovo paradigma competitivo che richiederebbe, appunto, il presidio diretto delle aree funzionali a più alto valore aggiunto.
Per quanto concerne il capitolo degli investimenti, quelli effettuati dalle imprese del campione risultano ampiamente insufficienti a garantire, nel lungo periodo, il miglioramento o quanto meno il consolidamento della posizione competitiva acquisita.
I risultati dello studio in esame appaiono, tuttavia, differenziati da regione a regione, con Puglia e Sicilia che fanno registrare le migliori performance in termini di investimenti effettuati, mentre nella regione Calabria meno del 20% delle imprese del campione ha dichiarato di aver effettuato investimenti o di avere intenzione di farlo.
L’innovazione costituisce un’altra “leva” fondamentale per implementare un modello competitivo efficace; sempre più, persino nei settori tradizionali dell’economia - quelli che a prima vista non dovrebbero utilizzare l’innovazione come elemento di competitività - tale fattore entra come forma di miglioramento della qualità del prodotto e viene anche utilizzato come elemento distintivo nelle strategie di comunicazione e marketing.
La propensione ad innovare delle imprese nelle regioni osservate risulta piuttosto modesta, anche nel comparto dell’Information & Communication Technology, quello in cui l’introduzione di innovazioni dovrebbe rappresentare la regola: tale circostanza è spiegata dal fatto che le imprese del comparto presenti nelle regioni esaminate sono meri terminali produttivi di gruppi con le proprie direzioni operative - e relative funzioni di Ricerca & Sviluppo - collocate esternamente al Mezzogiorno.
L’internazionalizzazione delle imprese meridionali è l’ultimo dei temi trattati dal Rapporto e rappresenta la cartina di tornasole in grado di testare l’effettivo dispiegarsi delle leve utilizzate dalle imprese per migliorare il proprio modello competitivo e adattarlo alla competizione globale; la proiezione sui mercati internazionali costituisce, in altri termini, il risultato finale che il modello di competitività adottato consente di raggiungere.
Sotto questo aspetto la strada da percorrere per le imprese nelle regioni analizzate è ancora molto lunga: pur in presenza di situazioni diversificate tra le regioni, il grado di apertura internazionale delle imprese meridionali risulta largamente insufficiente; le situazioni peggiori sono in Calabria e Basilicata mentre in Sicilia e Campania la percentuale di imprese esportatrici è molto maggiore (tra il 40% e il 45% per il settore manifatturiero), ma ancora modesta risulta l’incidenza del fatturato estero sul giro d’affari, confermando il carattere ancora provinciale dell’economia del Mezzogiorno.
In conclusione, dall’analisi emerge un quadro denso di criticità ma anche con elementi positivi, soprattutto in termini di conferma di un cambiamento in atto, a livello di cultura di impresa, che riconosce, almeno sul piano dei princìpi, la necessità di passare da un modello competitivo basato sul solo controllo dei costi interni ad uno schema fondato sulla qualità e l’innovazione.
Tuttavia, il passaggio da una consapevolezza teorica ad una implementazione concreta di un modello competitivo basato sulla conoscenza, la creatività e la qualità, è molto meno facile. Di fatto, l’analisi pone in evidenza l’esistenza di un sistema produttivo dualistico, in cui ad una maggioranza di imprese tagliate fuori dal circuito degli investimenti e collocate ai margini della competizione globale, fa da contraltare una piccola minoranza più dinamica che manifesta progressi in tutti i campi e riesce ad avere una presenza commerciale al di fuori dei limiti dei mercati regionali; queste imprese sono anche quelle che riescono ad implementare strategie integrate agendo, cioè, su tutti i fattori strutturali sottostanti al Nuovo Paradigma Competitivo (organizzazione ed integrazione delle funzioni complesse e ad alto contenuto di conoscenza, qualità del capitale umano intesa come competenze e creatività, innovazione, capacità di investimento).
Una volta esaminate le criticità, il Rapporto, poi, non si sottrae al compito di suggerire azioni concrete, avanzando, in particolare, una proposta di politica industriale.
Innanzitutto, per aggiornare il proprio modello competitivo, occorre che le imprese possano agire sulla leva degli investimenti con maggiore determinazione rispetto a quanto evidenziato nei risultati del Rapporto, e occorre che la politica pubblica aiuti in modo intelligente questo sforzo. Lo studio sottolinea la necessità di interrogarsi sulla natura stessa delle agevolazioni alla luce di ciò che esse hanno prodotto sui sistemi economici locali del Mezzogiorno.
Da un lato, gli incentivi a “fondo perduto” hanno creato distorsioni nell’allocazione ottimale delle risorse (le decisioni di investimento non si basano sulla profittabilità dello stesso ma sulla possibilità di ottenere aiuti pubblici), dall’altro, il meccanismo della Legge 488/92 ha favorito l’allargamento della base produttiva e l’accumulazione di capitale fisso nelle aree Obiettivo 1 piuttosto che un miglioramento nella qualità delle produzioni.
Occorre quindi, in primo luogo, un sistema di agevolazioni che recuperi l’orientamento al mercato dei progetti di investimento, eliminando allo stesso tempo quegli ostacoli che si frappongono ad un più proficuo rapporto tra banche e imprese; ciò significa, ad esempio, eliminare o ridurre il più possibile il fondo perduto e favorire la creazione di un fondo pubblico di garanzia unico per tutte le Piccole e Medie Imprese del Mezzogiorno che superi la logica dei micro-strumenti di garanzia realizzati su scala locale da ogni singola regione.

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