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  Dicembre 2012

Articoli n° 01
GENNAIO-FEBBRAIO 2009
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di Raffaella VENERANDO

Giovani e politica, due mondi “non comunicanti”

«La politica va vissuta come un impegno civile»

Vendola: «Il raccordo con i giovani È un investimento per il futuro»

«La politica italiana non incanta piÙ»

«L’efficienza amministrativa combatte la “malapolitica”»

«C’È bisogno di risposte concrete»

«Anche in politica dovrebbe esserci il passaggio generazionale»

«Non c’È ricambio e i partiti sembrano club privati»

«Occorrono maggiore partecipazione e visione di insieme»

«Va recuperato il valore strategico della rappresentativitÀ»

Brutta, sporca e cattiva? PerchÉ la politica italiana non affascina piÙ


«Non c’È ricambio e i partiti
sembrano club privati»


Massimiliano Santoli
Presidente G. I.
di Confindustria Caserta


Esiste una distanza reale tra giovani e politica. Di chi è la responsabilità, dei giovani scarsamente interessati alla sfera pubblica oppure della politica che finisce con l’allontanare invece di coinvolgere?

Sì la distanza esiste. É nata forse per una responsabilità comune delle parti, ma il mancato riavvicinamento è certamente causa della politica. Non credo che i giovani siano scarsamente interessati alla politica. Credo piuttosto che la politica di oggi non rappresenti più quell’impegno sociale, quel modo di condividere idee anche opposte, che ha appassionato le generazioni prima di noi. Un allontanamento che non riguarda solo i giovani ma anche le classi più mature. La politica di oggi non avvicina, non coinvolge, semplicemente perché non rappresenta più il cittadino. Oggi ti viene chiesto di ratificare decisioni che non sei stato chiamato non dico ad elaborare, ma anche semplicemente a condividere. Insomma, non esistono più spazi di confronto! A questo si aggiunge la scomparsa dei luoghi classici di discussione politica: i partiti. Quelli odierni sono ingessati da una sistema che cerca di sopravvivere a se stesso, autoreferenziali, dunque impermeabili a qualsiasi iniziativa di rinnovamento.
Ma questa analisi non deve costituire un alibi. La classe dirigente di oggi, quella imprenditoriale soprattutto, non può permettersi di guardare la politica stando alla finestra. Se vogliamo che le cose cambino il primo passo deve essere il nostro.
Cosa sarebbe necessario fare per riavvicinare i cittadini, e non solo i giovani, alla politica?
Intanto sarebbe già sufficiente che i luoghi della politica smettessero di essere club privati o oligarchici aprendosi realmente al confronto e al dibattito. Sarebbe necessario che chi non svolge bene il suo compito andasse a casa e il sistema avesse già qualcuno in grado di sostituirlo. Sarebbe necessario che alla gente non venisse chiesto solo di fare numero alle manifestazioni pubbliche. Sarebbe necessario uno “svecchiamento” non solo anagrafico degli attori della politica. Sarebbe necessario che chi ogni giorno parla di crisi globale in televisione, cominciasse per primo a dare segnali di rispetto verso il denaro pubblico.
In pratica vorremo solo un sistema elettorale più partecipativo. L’allontanamento è avvenuto perché non ci si riconosce e non ci si sente rappresentati.
L’impresa ha un valore intrinsecamente sociale, spesso non riconosciuto. É la politica a non farsene carico oppure sono gli imprenditori a non reclamare sufficiente attenzione?
L'impresa, come il cittadino, resta troppo spesso inascoltata. La struttura economica del paese è fatta di realtà medio-piccole e per queste ultime il livello di tutela non è molto diverso da quello del singolo cittadino. L'impresa ha dalla sua una buona cultura associativa, Confindustria ne è la prova, che le consente di far sentire la sua voce.
Purtroppo troppo spesso questo non basta, perché la politica, bastando a se stessa, continua ad andare per la sua strada. Il luogo comune che vuole l’imprenditore interessato solo ai profitti e a nulla più deve essere sfatato. Le imprese sono spesso il primo filtro di tutela dei lavoratori vuoi perché riconoscono in essi il vero potenziale produttivo, vuoi perché in un territorio come il nostro, ricco di pmi, il lavoratore finisce per diventare parte integrante dell’impresa. La politica, a mio avviso, troppo spesso si fa carico di questo valore sociale solo a fini strumentali.
Quale requisito è, secondo lei, irrinunciabile per essere un buon politico?
L'onestà intellettuale e morale, il senso del dovere. Insomma, il concetto del bene comune dovrebbe essere il principio ispiratore di ogni attore, da abbinare ovviamente ad una vera formazione politica.

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