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  Dicembre 2012

Articoli n° 01
GENNAIO 2007
 


dossier campania - Home Page
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Le isole produttive campane prenderanno il largo?

L’intervista a Andrea Cozzolino - Con il PASER si avrÀ una maggiore certezza dei tempi

L’intervista a Massimo Lo Cicero - Senza innovazione si esce dal mercato

L’intervista a Giuseppe Di Milia - Non solo tessile a Calitri

L’intervista a Cosimo Callisto - Un destino ancora in forse per i distretti

L’intervista a Carlo Cicala - Necessaria una nuova forma di governance

L’intervista a Luigi Giamundo - Puntiamo sulla politica di marchio

L’intervista a Lorenzo Guarnaccia - Uscire dal monoprodotto si deve


LE ISOLE PRODUTIVE CAMPANE PRENDERANNO IL LARGO?
di Raffaella VENERANDO

Presenti in Finanziaria nuovi indirizzi legislativi che riconoscono un contributo statale ai progetti regionali relativi ai distretti industriali

dossier01

Con il risveglio delle esportazioni degli ultimi mesi del 2006, il modello della Terza Italia - quella dei 168 distretti produttivi - comincia a riprendere fiato, anche se in modo distonico.
In ripresa, infatti, volumi e fatturati nei settori della meccanica strumentale e della chimica, mentre i comparti della moda e dei prodotti per la casa faticano ancora. Si ripresenta ciclicamente quindi la doppia velocità del nostro Paese che riesce a risalire la china con 145 distretti localizzati al Centro-Nord, mentre il Sud con i suoi 23 poli manifatturieri ha ancora molta strada da fare per recuperare il ritardo.
Prima ancora che su quale sia la giusta via di fuga per la vittoria, in molti si chiedono su chi vada addebitato il mancato riposizionamento nei mercati italiani ed esteri. Colpa dell'ingresso della Cina e della sua concorrenza asimmetrica nel WTO? Del governo locale poco incisivo? Di alcune strategie imprenditoriali improvvide? Dell'aumento del costo del lavoro? Della scarsa industrializzazione o del troppo assistenzialismo?
Dal locale al globale, sicuramente tutti questi fenomeni hanno concorso insieme ad erodere i tradizionali vantaggi competitivi delle "isole" produttive campane. Forse, una certa burocrazia della concertazione smorzando lentamente gli entusiasmi anziché incentivare lo sviluppo, ha fatto il resto.
Vero è che la Campania, con i suoi sette distretti industriali, la stoffa ce l'ha: un'effervescenza imprenditoriale potenzialmente interessante che va però incoraggiata, seguita, liberata dalle diseconomie che penalizzano la competitività dei prodotti sui mercati italiani ed esteri e rafforzata con infrastrutture materiali e non, per un più efficace smistamento dei prodotti e un significativo abbattimento dei costi.
Probabilmente però non è sufficiente lavorare solo su questi aspetti perché l'unione tra i piccoli qui in Campania riesca a far la forza.
Occorre anche che il distretto al Sud cambi pelle. Non nome o etichetta, ma logica. Il distretto oggi non può resistere al Mezzogiorno come luogo dell'anima o come roccaforte. Bisogna spalancare le porte, abbattere le barriere dell'individualismo per uscire dalla monosettorialità ed entrare nella logica di filiera diventando così protagonisti nello sviluppo di reti pluri-territoriali di qualità.
Oggi non si può più tenere il campo puntando sul solo sviluppo per propagazione. Non basta che l'imprenditore, nel mettere in piedi, la sua attività riceva idee da altre imprese o dal territorio, aggiungendo agli stimoli ricevuti i propri.
Non basta più essere al posto giusto al momento giusto. Bisogna invece alimentare la crescita di nuove professioni e di nuove imprese, facendo da interfaccia tra manifattura locale e funzioni commerciali globali. Allargare e non chiudere il cerchio. Questa sembra essere anche per la nuova politica industriale la prima delle priorità.
In parte la direzione, a livello nazionale, è tracciata dalla Finanziaria 2007. In essa infatti sono presenti nuovi indirizzi legislativi per i distretti produttivi che nella manovra economica di Tremonti erano stati enfatizzati, ma rimasti inapplicati. Sulla carta alle imprese veniva offerta una soluzione di ordine finanziario: si consentiva loro di condividere debiti e crediti fiscali e di accedere. Si creava così volano finanziario capace di alleggerire una gestione resa oltremodo pesante dal carattere stagnante della domanda.
Una soluzione finanziaria, dicevamo, intorno alla quale il clamore è stato troppo, il rumore tanto alla fine poi per nulla, o poco. Il nuovo Governo quindi ci riprova inserendo in Finanziaria all'articolo 1, comma 890, la possibilità per i distretti di usufruire di un cofinanziamento statale. Nello specifico: «in attesa dell'adozione da parte del ministro dell'Economia del decreto di individuazione dei distretti, viene riconosciuto un contributo statale ai progetti regionali relativi ai distretti produttivi. L'agevolazione massima è fissata al 50% delle risorse pubbliche complessivamente impiegate in ciascun progetto».
Il cappello di guida ancora una volta va alle Regioni, vere protagoniste delle politiche dei distretti.
Anche la grande sfida di Bersani sembra voler ridare tono e valore ai distretti industriali.
Il Ministro dello Sviluppo Economico li considera "grandi bacini di cultura del lavoro" e si interessa in un importante capitolo di "Industria 2015" di ridare slancio alla loro competitività. Con le nuove norme, il Governo definisce le aree tecnologiche prioritarie, individua progetti di innovazione industriale con lo scopo di mettere le Pmi in rete e favorisce il contributo degli enti pubblici grazie alla presenza del fondo per la competitività.
"Mettere in rete le pmi" diventa così secondo Bersani necessario per aumentare la massa critica e muoversi meglio sul mercato. Nel decreto si evidenzia che «le Pmi che non vogliono fondersi e scelgono di diventare rete acquisiscono forza contrattuale nei confronti dei terzi (quali ad esempio, banche, fornitori, committenti e, in alcuni casi, fisco), pur non essendo controllate da un unico soggetto».
In pratica, il Governo si occuperà di: definire le forme di coordinamento stabile di natura contrattuale tra imprese idonee a costituire in forma di gruppo paritetico o gerarchico una rete di imprese; definire i requisiti di coordinamento e direzione al fine di riconoscere la rete di imprese; definire, anche con riguardo alle conseguenze di natura contabile e impositiva, gli effetti giuridici della rete di imprese, eventualmente coordinando o modificando le norme vigenti in materia di gruppi e consorzi di imprese; prevedere, con riferimento alle reti che comprendono imprese aventi sede legale in diversi paesi, una disciplina delle reti transnazionali.
Incentivi specifici per vedere accresciuta in primis la capacità innovativa e l'internazionalizzazione, recuperare i ritardi delle imprese in tecnologia ma anche nel fare marketing e nel commercializzare i prodotti. La partita per restare al passo con il mercato si gioca ancora una volta sul terreno dell'innovazione e su questa sembra si debba insistere. Le convenienze offerte dalle manovre economiche del Governo sembrano esserci tutte e le idee nel piatto buone. Tutti invitati, insomma. Soprattutto a far la propria parte.

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