Le isole produttive campane prenderanno il largo?
L’intervista a Andrea
Cozzolino - Con il PASER si avrÀ una maggiore certezza dei tempi
L’intervista a Massimo
Lo Cicero - Senza innovazione si esce dal mercato
L’intervista a Giuseppe
Di Milia - Non solo tessile a Calitri
L’intervista a Cosimo
Callisto - Un destino ancora in forse per i distretti
L’intervista a Carlo
Cicala - Necessaria una nuova forma di governance
L’intervista a Luigi
Giamundo - Puntiamo sulla politica di marchio
L’intervista a Lorenzo
Guarnaccia - Uscire dal monoprodotto si deve
Con il PASER si avrÀ una maggiore certezza dei tempi
Andrea
COZZOLINO
Assessore Attività Produttive
Regione Campania
La Finanziaria 2007 tendenzialmente sembra valorizzare i distretti industriali. Le nuove disposizioni, infatti, prevedono la possibilità di riconoscere un contributo statale ai progetti regionali relativi ai distretti produttivi, pari al 50% delle risorse pubbliche complessivamente impiegate in ciascun progetto. La Regione Campania come intende rispondere a quest'opportunità?
Ci siamo attrezzati per tempo, sia sul piano normativo che su quello istituzionale. La strategia messa in campo, pur integrandosi con quella nazionale e europea, tiene conto delle specificità del nostro sistema produttivo e promuove un'azione speciale per attuare le necessarie riforme, sostenere lo sviluppo e la crescita della regione. Credo che dall'intera esperienza distrettuale campana emerga un limite sostanziale: la politica a supporto dei sistemi locali rischia di scivolare in una dimensione meramente territoriale, quando non è accompagnata da un quadro di riferimento più complessivo nazionale e regionale. Si frantuma e perde efficacia. Il Piano d'Azione per lo Sviluppo Economico Regionale rappresenta un tentativo per superare questo limite. L'intenzione è quella di definire una cornice programmatica, sotto il profilo strategico, normativo e amministrativo, entro cui le imprese distrettuali possano muoversi con maggiore certezza. L'obiettivo è di incrementare la competitività del sistema produttivo regionale attraverso interventi che rafforzino l'innovazione e la produttività dei distretti e delle filiere. Lo sforzo è di garantire al sistema delle imprese procedure snelle e veloci, certezza dei tempi e delle fonti di finanziamento attraverso strumenti agevolativi, di tipo automatico, valutativo e negoziale (credito di imposta e contratti di programma regionali), in grado di favorire la creazione di filiere, interne ed esterne, al distretto industriale e di selezionare i migliori progetti di sviluppo.
Lei ha in più di un'occasione dichiarato che i distretti industriali in Campania vanno ripensati. Cosa significa?
In Campania, i distretti industriali sono nati sulla base di una volontà politico-amministrativa e non su una reale spinta da parte delle imprese. La loro identificazione è "forzata" anche rispetto ai requisiti quantitativi a suo tempo previsti. É ormai comunemente condivisa, invece, l'affermazione che "il distretto non nasce per legge". I distretti industriali, infatti, stanno attraversando una fase che mette in discussione addirittura la loro definizione. E non solo qui. Assistiamo sul piano economico a situazioni di delocalizzazione, all'esterno del distretto industriale. Sul piano amministrativo, nella definizione dei modelli di sviluppo, si tende sempre più a prescindere da uno specifico territorio, essendo il sistema produttivo individuato da una caratteristica di funzionalità. Ne sono un esempio i due concetti introdotti dalle ultime finanziarie nazionali, cioè di "distretto funzionale" e di "distretto produttivo". Entrambi prevedono un processo di integrazione volontario tra imprese complementari, che può prescindere dalla loro collocazione territoriale. In questa prospettiva, riorganizzare i distretti industriali significa mettere in campo un'azione pubblica che agevoli i processi aggregativi, promuova forme più competitive di aggregazioni tra imprese (consorzi export), favorisca la creazione di marchi, immagine e cultura per diffondere la conoscenza delle produzioni regionali puntando su alta qualità e innovazione tecnologica.
Complessivamente ritiene che il distretto industriale, come modello economico ma anche sociale di organizzazione della produzione, ha futuro?
Il distretto è un fenomeno organizzativo complesso, che deriva dall'interazione di più aspetti, di più attori e con caratteristiche che attengono anche alla sfera sociale, culturale ed economica. Non esiste, quindi, un unico concetto per dire "questa è la politica giusta per il distretto", perché ogni realtà distrettuale ha la necessità di sue politiche. Non a caso, oggi si parla di differenziazione dei percorsi di sviluppo dei distretti, di riarticolazione dei sistemi di relazione tra le imprese, di smaterializzazione del ciclo produttivo dei distretti anche per effetto della delocalizzazione di alcune fasi di produzione. Il consolidamento di questi processi rende sempre più difficile l'individuazione di modelli teorici di riferimento che consentano di guidare le politiche in favore dei sistemi locali d'impresa. La differenziazione e la variabilità dei percorsi di sviluppo sembrano suggerire l'elaborazione di politiche di intervento per strutture produttive differenti a seconda di dove il distretto si colloca in termini di evoluzione. Da un lato, cioè, gli interventi di accompagnamento, supporto e assistenza ai settori maturi, destinati a misurarsi duramente con la concorrenza delle produzioni delle economie emergenti: in questo caso, si tratta di dotarsi di strumenti tipici per poter gestire le fasi di ristrutturazione con lo sguardo rivolto in avanti. Dall'altro, interventi di natura diversa, selettivi e premiali per reti di imprese, settori e filiere, ad alto tasso di innovazione tecnologica e organizzativa, che affidano alle attività di ricerca la possibilità di trasformare processi e prodotti in misura difficilmente raggiungibile da economie concorrenti. É su queste imprese che bisogna puntare per trasformare esperienze significative in politiche a favore del tessuto produttivo. |