L’industria della
comunicazione in Italia
A cura della Fondazione ROSSELLI
Il Rapporto IEM contiene un inedito studio sui numeri
della produzione televisiva italiana: 505 società attive, un fatturato
di 1.065 milioni di euro e 700 milioni di ricavi
da vendita di programmi alle emittenti nazionali
LIl Rapporto 2006 sull'Industria della Comunicazione in Italia, preparato dall'Istituto di Economia dei Media della Fondazione Rosselli e presentato a Roma il 14 dicembre scorso, è dedicato all'industria della comunicazione nel 2005, all'industria della produzione televisiva in Italia, all'analisi dell'Industria della Comunicazione in Italia fra il 1986 e il 2005.
Il Rapporto, giunto alla sua nona edizione e curato da Flavia Barca (docente di Economia e gestione delle imprese di comunicazione presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell'Università di Teramo) si mantiene fedele alla missione, costruita nel corso degli anni, di aggregare in un unico prodotto editoriale lo stato dell'arte dei diversi mercati della comunicazione e dei media, ponendosi d'abitudine come agile reference book per studiosi, professionisti e osservatori del settore. Cui si aggiunge una sezione dedicata ad approfondire temi di particolare rilevanza per l'industria della comunicazione.
Principali dati che emergono dal Rapporto
L'industria della comunicazione in Italia nel 2005: un mercato da 97 miliardi di euro, dove i mezzi a contenuto editoriale crescono più di Informatica e Telecomunicazioni.
L'industria della comunicazione in Italia è un mercato da 97 miliardi di euro, dove i mezzi a contenuto editoriale crescono a un tasso maggiore (+5,8% sul 2004) di Informatica e Telecomunicazioni (+2,3%) e Pubblicità (+3,5%) |
Il Rapporto evidenzia come l'intero macro-mercato di ICT e Media, complessivamente, è cresciuto nel 2005 di circa il 3%. Dei 97 miliardi, circa 62 sono raccolti dall'Informatica e dalle Telecomunicazioni fisse e mobili. Ma sono i mezzi a contenuto editoriale (televisione, radio, cinema, home-video, stampa, musica, videogiochi…) a mostrare i tassi di crescita più rilevanti negli anni post-crisi del 2001. Complessivamente, guadagnano il 5,8% sul 2004. I vari media mostrano andamenti diversi: dalla crisi del mercato musicale (quinto anno consecutivo di recessione) e la cattiva annata del cinema (-8,5%), alle performance positive della stampa periodica (che cresce di oltre il 4%), della televisione (7,3%), videogiochi (+16%).
L'ICT da sola, invece, cresce di solo il 2,3%, anche quest'anno grazie principalmente alle telecomunicazioni mobili (+3,6%). In lieve ripresa le telecomunicazioni fisse (+2,3%). Stagnante l'Informatica (+0,9%), in difficoltà da diversi anni. Per il terzo anno consecutivo, il segmento dei servizi a valore aggiunto su Telefonia Mobile si conferma il mercato in maggiore crescita (950 milioni, +50% sul 2004).
2) L'industria della produzione televisiva in Italia conta più di 500 imprese attive, che fatturano 1.065 milioni di euro (di cui 700 per programmi televisivi) ma il mercato sconta ancora evidenti criticità (finanziamento della produzione, gestione dei diritti, debolezza finanziaria).
Sono 505 le imprese attive nella produzione televisiva censite dallo studio IEM, di cui il 47% con sede a Roma e il 18% a Milano. Al Sud solo il 6% delle società.
Il loro fatturato, nel 2004, è stato di 1.065 milioni di euro (di cui 700 milioni per attività strettamente televisive, il restante per la produzione cinematografica e pubblicitaria, l'organizzazione di eventi, i servizi alla produzione). Il 63,7% del fatturato è generato da imprese con sede a Roma, il 23,9% a Milano.
Su 423 società di cui sono stati analizzati i dati di bilancio: solo 2 le grandi imprese (più di 50 milioni di euro di fatturato) e 25 le medie imprese (10-50 milioni); 56 le piccole imprese (10-50 milioni) e 340 micro imprese (meno di 2 milioni). Le società di fiction ricavano il 33,5% del totale, le società di intrattenimento il 25,7%. Marginale l'apporto di documentari e cartoon al fatturato totale. Il mercato soffre di evidenti squilibri: finanziamento quasi totale del prodotto da parte dei broadcaster, assenza di un portafoglio-diritti per i produttori, con conseguente scarso peso patrimoniale e impossibilità di attrarre capitali da altre fonti e investire in prodotti innovativi.
Nel mercato globale, i format originali italiani rappresentano appena l'1,5% del mercato. In Italia, i format italiani soddisfano soltanto il 3% della domanda interna (dominata da Regno Unito, Usa e Olanda).
Lo studio IEM approfondisce, inoltre, alcuni case-study sui mercati esteri: strategie dei produttori, fondi di sostegno alla produzione, provvedimenti legislativi (Regno Unito, Francia, Spagna).
3) Industria della Comunicazione 1986-2005: cresce il peso dei contenuti e il modello a pagamento rispetto alla pubblicità.
Il rapporto IEM analizza l'evoluzione dell'industria della comunicazione in Italia negli ultimi 20 anni, tra il 1986 e il 2005. L'industria nel suo complesso (Telecomunicazioni, Informatica, Iniziative di Comunicazione, Mezzi a contenuto editoriale) è cresciuta a un ritmo superiore al PIL, subendo una congiuntura difficile nel 1992-94 e nel 2001. Dopo il 2001 la ripresa è stata faticosa ed è stata trainata principalmente dai Contenuti, che crescono a ritmi superiori a quelli delle Telecomunicazioni e vantano il miglior trend degli ultimi 20 anni. Il macro-mercato che comprende Televisione, Quotidiani e Periodici, Radio, Home-Video, Cinema, Musica, Libri, valeva 7,6 miliardi nel 1986 e ne vale 21,1 oggi.
Sia nella Tv che nella Stampa è il modello a pagamento a incidere sempre di più sulle risorse del mercato, mentre decresce la quota della pubblicità. Nel 1986 rappresentava il 79% delle entrate televisive (21% il canone). Oggi è scesa al 62%, il restante equamente diviso fra canone e abbonamenti. Anche nei Quotidiani e Periodici, l'incidenza delle vendite è cresciuta lungo tutto il ventennio (per i Quotidiani, dal 50 al 58%, per i Periodici dal 58 al 77%, anche grazie ai prodotti collaterali). |