CONFINDUSTRIA CAMPANIA
l’intervista A Luigi nicolais - La pa deve imparare
ad avere “uno sguardo lungo”
l’intervista A Daniele capezzone - Sette giorni
per un’impresa
l’intervENTO A Enzo boccia - I numeri da brivido
della PA italiana
l’intervISTA A Andrea abbamonte - Anche la trasparenza rallenta la macchina amministrativa
I numeri da brivido
della PA italiana
Enzo BOCCIA
Vice Presidente Consiglio Centrale
Piccola Industria di Confindustria
Trenta, tanti sono in media - si va dai 10 di Roma ai 50 di Napoli - i giorni che servono in Italia per ottenere il passaporto. Cinquanta - ed è sempre una media - ne occorrono per rinnovare la patente. Centottanta sono quelli che bisogna "pazientemente" aspettare per il cambio di residenza. Numeri da capogiro. E non è tutto, perché il capogiro aumenta se pensate che servono due anni esatti, 730 giorni, per ottenere la cittadinanza italiana, 365 giorni perché gli uffici pubblici concedano uno spazio acque con pontili e 180 perché la PA omologhi i dispositivi segnaletici per il traffico. Per non dire della lentezza della giustizia civile, dove occupiamo il 154° posto della classifica mondiale. Per recuperare un credito nei Paesi Bassi si impiegano mediamente 48 giorni. In Francia 75. In Germania, che pure non è in una buona posizione, 175. Da noi occorrono 1.390 giorni. Per darvi un parametro indicativo, in India ne bastano 425, in Brasile 546. Fortunatamente in Guatemala ne servono 1.459.
Siamo tra i paesi più industrializzati del mondo, eppure questi numeri mettono i "brividi". Forse, se non avessero un impatto così logorante nella nostra vita di cittadini, verrebbe da riderci su. Se a questo aggiungete che noi non siamo solo cittadini, ma anche imprenditori - credetemi - l'ironia dura davvero poco. Nel nostro Paese le imprese regalano alla burocrazia più di 10 miliardi di euro e 38 milioni di giornate di lavoro l'anno. E il regalo non viene quasi mai contraccambiato con efficienza e qualità. Tutt'altro. In Italia la scarsa qualità della regolazione e l'inefficienza della PA pesano in misura drammatica sulle imprese, tanto da costituire un reale freno allo sviluppo competitivo. Anno dopo anno, abbiamo assistito allo stratificarsi di norme spesso non coordinate tra loro, di vincoli talvolta ingiustificati; ci siamo abituati a fare i conti con i tempi incerti degli iter amministrativi, con regole poco chiare e di difficile interpretazione. Come si può fare impresa in un Paese in cui gli imprenditori sono costretti a perdersi dietro pratiche burocratiche, invece di fare il loro mestiere? Pensate per un attimo cosa vuol dire nelle vostre aziende rispondere agli adempimenti amministrativi: nessuno di noi potrà mai dire che è un'operazione facile, veloce e diretta. Tempi indefiniti, interlocutori diversi, iter tortuosi. E la fotografia è sempre la stessa: da una parte ci sono gli imprenditori - tanti - pronti a investire, anche in un momento congiunturalmente difficile come quello che stiamo attraversando; dall'altra, c'è una burocrazia che invece di sostenere e accelerare, frena. E quello che è più grave è che i nostri progetti, nella stragrande maggioranza dei casi, non si incagliano su problemi specifici, ma si fermano per la lentezza delle procedure, per colpa di un apparato burocratico che viaggia alla velocità di una vecchia locomotiva a vapore ai tempi di Internet.
Piccola Industria ha più volte sollecitato interventi concreti in direzione della semplificazione: e non più solo quella annunciata, ma quella percepita, una semplificazione cioè che cambi, e in meglio, il quotidiano di imprese e cittadini. Occorre dare avvio al registro informatico degli adempimenti burocratici: nel ventunesimo secolo un imprenditore dovrebbe poter trovare on line tutta la modulistica necessaria per i vari adempimenti, compilarla e rinviarla all'ente che l'ha richiesta senza uscire dal proprio ufficio. Un secondo intervento fondamentale è sulle autorizzazioni. Dobbiamo fare chiarezza su quali ambiti delle attività produttive devono essere soggetti ad autorizzazione e quali ne possono essere esclusi, per arrivare a un'unica autorizzazione per l'attività di impresa. La terza fase è quella dei controlli: anche qui Piccola Industria propone di semplificarli, almeno per le imprese già certificate. Altro aspetto da non trascurare riguarda la privacy: bisogna assolutamente snellire gli adempimenti previsti dalla legge. Dobbiamo poi prevedere una forte interlocuzione con la Conferenza Stato-Regioni: non si può fare impresa in un Paese che corre il rischio di avere 21 stati e quindi 21 regolamenti diversi. L'ultimo passaggio riguarda il danno da ritardo. Un'impresa non può aspettare un sì o un no per giorni, settimane, mesi, quando non addirittura anni: a quel punto che la PA risponda sì o no è ugualmente un danno, perché il tempo non è una varabile indipendente, ma la nostra discriminante fondamentale. Un'impresa non può perdere nemmeno una frazione di secondo nei confronti dei mercati internazionali. Per questo stiamo seguendo con grande attenzione la sfida lanciata dal Ministro Nicolais: non abbiamo ancora potuto valutare il testo definitivo del disegno di legge sulla riduzione degli oneri burocratici per cittadini e imprese, approvato lo scorso 22 settembre, ma dalle prime indicazioni, il provvedimento ci sembra da apprezzare soprattutto per due motivi: primo introduce finalmente certezza nella durata delle procedure amministrative, che devono chiudersi entro 90 giorni; secondo individua un percorso già definito nei tempi, che prevede la valorizzazione delle certificazioni aziendali, attraverso misure di semplificazione ad hoc, a partire dalla semplificazione dei controlli amministrativi. Si tratta di misure alla quali Piccola Industria tiene in modo particolare. Ora, dobbiamo proseguire su questa strada e continuare ad impegnarci a fondo per ottenere quello che le nostre aziende dovrebbero avere per diritto: un ambiente favorevole al fare impresa.
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