Un nuovo reato:
l’infedeltÀ patrimoniale
Lo scarso rendimento
del lavoratore
Il nuovo Codice
degli Appalti “europeo”
Gli interventi
di ristrutturazione edilizia
Lo scarso rendimento
del lavoratore
Lorenzo IOELE
Nel rispetto del principio di proporzionalità tra infrazione e sanzione, non sempre
il licenziamento è legittimo
Si può ritenere licenziabile un lavoratore che non ha raggiunto gli obiettivi prefissati, allorchè tale inadempimento sia “notevole”
Nell'attuale situazione economica il rendimento del lavoratore costituisce un elemento determinante per garantire la competitività dell'impresa e talvolta la sua stessa sopravvivenza. Non a caso negli ultimi anni è stata posta attenzione ai meccanismi per incentivare la produttività e il legame tra lavoratore e impresa, anche se - in linea teorica - il corretto adempimento del contratto di lavoro imporrebbe al lavoratore, di per sé e senza bisogno di incentivi, un livello minimo di ritmo di lavoro tale da rendere utile la sua prestazione.
In tema di rendimento il contraltare della politica incentivante è dato dagli strumenti di tutela che la legge riconosce al datore di lavoro per garantirsi il corretto adempimento della prestazione di lavoro e in particolare la possibilità di utilizzare il potere disciplinare, e, in ultima analisi, il potere di recesso.
Dottrina e Giurisprudenza di legittimità sono orientate a ritenere che lo scarso rendimento, diverso dall'imperizia che coinvolge l'oggettiva incapacità professionale, può astrattamente integrare gli estremi del giustificato motivo, sia soggettivo che oggettivo di licenziamento (in questo secondo caso rileverebbe in termini oggettivi, cioè come ragione inerente all'organizzazione del lavoro), tant'è che una dottrina ha definito lo scarso rendimento una fattispecie "anfibia" (Ichino).
Evidentemente si tratterà pur sempre di una valutazione caso per caso, soprattutto ove si prenda in considerazione il profilo disciplinare della vicenda in quanto dovrà essere rispettato il principio di proporzionalità tra infrazione e sanzione: insomma non tutte le ipotesi di scarso rendimento possono comportare, sussistendo le altre condizioni cui accennerò, il legittimo licenziamento. La giurisprudenza in materia di scarso rendimento si è formata soprattutto in riferimento a quei rapporti di lavoro caratterizzati dal conseguimento di determinati risultati (vendite, raggiungimento del programma di produzione, o quantitativo minimo di affari etc.) per taluni dei quali, svolgendosi la prestazione lavorativa fuori dalla sede dell'impresa, senza alcuna possibilità di sorveglianza, l'unico meccanismo di controllo della diligenza del lavoratore nell'espletamento dell'attività, consiste nel determinare un rendimento economico minimo che deve essere da costui raggiunto.
Nel caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo, il datore di lavoro deve poter provare il mancato raggiungimento dei risultati prefissati, l'esigibilità degli stessi, la negligenza del lavoratore quale elemento causale dello scarso rendimento (ad es. il CCNL metalmeccanici menziona "la voluta lentezza"). I parametri rispetto cui valutare il rendimento possono essere determinati dalla contrattazione collettiva e anche unilateralmente dal datore di lavoro, nel qual caso peraltro si presentano oggettivamente più "deboli". Mi sembra che l'elemento qualificante sia l'esigibilità, e cioè il rendimento medio degli altri lavoratori (e non di un solo altro lavoratore) dell'impresa, con identica qualifica e che svolgano la medesima attività e nelle medesime condizioni, dal quale rendimento medio è lecito argomentare per stabilire se lo scarso rendimento sia attribuibile alla negligenza ovvero a difficoltà ambientali od organizzative, con specifica che in talune ipotesi, quali ad esempio venditori e procacciatori, il profilo aleatorio del rendimento e le difficoltà di comparazione tra lavoratori si accentuano.
Tuttavia lo scarso rendimento rispetto a quello esigibile non costituisce una condizione sufficiente, poiché il datore di lavoro dovrà provare anche la negligenza del lavoratore tale da poter essere qualificata in termini di "notevole inadempimento" per giustificare il licenziamento per giustificato motivo soggettivo (vedi da ultimo Cass. 9 settembre 2003, n. 13914), mentre sul lavoratore grava l'onere di dimostrare che lo scarso rendimento è dovuto a causa a lui non imputabile (Cass. 20.08.1991, n. 8973). In sintesi, il raggiungimento di un determinato livello di produzione è compatibile con la struttura del rapporto di lavoro subordinato, specie quando la prestazione sia caratterizzata da notevole autonomia operativa. Peraltro dal mancato raggiungimento del "minimo" di produzione non può discendere automaticamente la risoluzione del rapporto, ancorché tale conseguenza sia espressamente prevista dal contratto collettivo o individuale; e, pertanto, anche in questa ultima ipotesi il recesso del datore di lavoro è legittimato solo quando: 1) il livello pattuito sia concretamente raggiungibile da parte della media dei lavoratori addetti a quella specifica attività e operanti nelle stesse condizioni ; 2) lo scarso rendimento del lavoratore, rispetto al minimo di produzione dedotto in contratto, sia di entità tale da costituire inadempimento notevole degli obblighi assunti; 3) lo scarso rendimento derivi da negligenza del lavoratore nell'espletamento delle prestazioni.
Inoltre nelle ipotesi di licenziamento per scarso rendimento, dedotto quale giustificato motivo soggettivo, non costituisce requisito di legittimità del recesso l'impossibilità di utilizzare il lavoratore in altre attività dell'impresa, cui egli poteva risultare idoneo, compatibilmente con la sua qualifica, atteso che lo scarso rendimento rappresenta un fatto imputabile alla persona del lavoratore e pertanto dipendente da circostanze non suscettibili di modificare la rilevanza della giustificazione del recesso in rapporto a diverse condizioni oggettive (anche se, da ultimo, sembrano emergere segnali diversi da Cass. 9 settembre 2003, n. 13914, relativa peraltro ad un caso qualificabile piuttosto in termini di imperizia).
Alla luce di quanto esposto si può ritenere licenziabile un lavoratore che abbia mancato il raggiungimento degli obiettivi prefissati, allorché tale inadempimento sia "notevole" ; ciò va accertato con riferimento alle circostanze concrete in cui il comportamento del lavoratore è stato posto in essere, alla natura dell'attività svolta, all'intensità dell'elemento intenzionale.
Avvocato - avvocato.ioelelorenzo@tin.it
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