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  Dicembre 2012

Articoli n° 4
maggio 2006
 

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Dal “palazzo” alla
“cittÀ” della politica


Gaia Sigismondi

Pensati nuovi spazi per esercitare l’arte
di governo e del potere

La prima volta in cui è cominciata l'espansione dei palazzi del governo risale al 1973, considerato dai più l'anno della svolta


Dopo le ultime elezioni il nostro nuovo governo prenderà possesso di quelli che possiamo definire i palazzi della politica o meglio del potere, all'interno dei quali si svolge quotidianamente la telenovela politica del nostro paese, o per meglio dire l'arte di governo.
Presto gli spazi prima predominati da una movimento vedranno un ricambio di facce e opinioni, aprendo le porte ai nuovi conquistatori che come i loro predecessori crederanno di possedere quegli spazi che invece dovrebbero essere destinati alla vita pubblica.
L'ultimo spazio, in ordine di tempo, ricavato in questa vera e propria città della politica è la buvette della biblioteca del Senato, inventata sul tetto del Palazzo della Minerva, con ampia e ravvicinata vista sulla cupola del Pantheon; in effetti non si sa da chi sia stata approvata la costruzione; il cantiere, infatti, era stato secretato per motivi di sicurezza, nascosto da un paravento di canne quindi non molto diverso dai mille cantieri abusivi che infestano la nostra penisola.
Tuttavia la storia, si era già ripetuta nel caso del parcheggio dei deputati, che sembra verrà costruito sotto il Lungotevere, con buona pace dei platani che ad esso verranno sacrificati e in barba al divieto tassativo, per tradizione mai rispettato a Roma, di ogni aggiunta volumetrica e di superficie nel centro storico della città, soprattutto se con modifica dei profili esterni degli edifici.
Ma anche questo fa parte della tradizione. La prima volta risale agli anni '60, quando, appena approvato il piano regolatore della città, la Camera decise di costruire un nuovo edificio alle spalle dell'ex Convento della Missione, già annesso alla città politica, dove avrebbero trovato posto uffici e servizi dell'amministrazione, oltre a due appartamenti di rappresentanza per complessivi 700 mq, all'ultimo piano dell'edificio. Tra liti e ricorsi, autorizzazioni e divieti, la storia si protrasse per quasi un ventennio senza alcun risultato.
La politica, infatti, ha le sue esigenze e tra queste quella di inventare continuamente nuovi spazi è un mestiere difficilissimo se applicato a quella parte della città che sta tra piazza Montecitorio, il Pantheon e San Luigi de' Francesi. Pochi metri quadrati, dedalo di vicoli, stradine e piazzette, pensati in origine per i pedoni, già allora poco adatti alle carrozze e sicuramente inadeguati al traffico moderno, che oltre tutto rappresentano la parte preferita sia dai turisti sia dai romani, di sicura la zona più frequentata e popolata della città. La prima volta in cui è cominciata l'espansione dei palazzi del governo risale al 1973, considerato dai più l'anno della svolta. In tale data, infatti, è stato scelto il Convento benedettino di Vicolo Valdina come prima sede esterna a palazzo Montecitorio. In questo modo sono state trasferite alcune funzioni governative in un'area prossima ma non più limitrofa, passando così dalla concezione del "palazzo" a quella della "città politica", aperta, per alcuni spazi, all'utilizzo di tutti.
In realtà, esempi di spazi annessi alla città politica si erano già manifestati negli anni precedenti al 1973, come nel caso del convento della Missione, ma si trattava pur sempre di zone "limitrofe", cioè collegate al corpo centrale da sottopassaggi o corridoi sopraelevati.
Da quel momento in poi la strada fu tracciata e la città della politica si è estesa in ogni recesso possibile. Il popolo della politica, dopo il primo esperimento, aveva capito che uscire per strada, quando non poteva utilizzare sottopassi dal sapore un po' segreto o corridoi pensili tra un palazzo e l'altro, non era poi così spiacevole, dato anche il clima quasi sempre mite della capitale.
E così, uno dopo l'altro, molti dei palazzi nobiliari e dei conventi della zona sono caduti nelle mani insaziabili dei potenti, così e successo a palazzo Theodoli-Bianchelli, a palazzo delle Coppelle, a palazzo Cenci e palazzo Giustiniani, a palazzo dei Beni Spagnoli, a Sant'Ivo alla Sapienza e al complesso domenicano di Santa Maria sopra Minerva, già sede di due conclavi e poi del tribunale della Santa Inquisizione. Leggenda vuole che da lì si arrivasse, attraverso lunghi corridoi sotterranei, in ogni luogo del potere della Roma del XVII secolo. Tale edificio ai nostri giorni ospita la biblioteca della Camera, quella recentissima del Senato intitolata a Giovanni Spadolini, con tanto di buvette abusiva di cui sopra, le Commissioni bicamerali e alcuni uffici.
Perché la necessità di spazi per la politica aumenti in continuazione è poi un mistero difficile da spiegare: sempre di 630 deputati e 315 senatori si tratta ma, tant'è, le due amministrazioni di Camera e Senato, per non parlare di partiti, movimenti e associazioni, sono perennemente alla ricerca di nuove sedi da occupare. E non c'è verso di spostarsi altrove, con buona pace dello SDO, l'ormai mitologico sistema direzionale orientato, che prevedeva lo spostamento di tutto il popolo della politica in una zona periferica della città. Figuriamoci, conquistare e poi adattare la vecchia Curia Innocenziana, il Palazzo di Montecitorio, nel lontano 1870, non fu mica uno scherzo. Si dovette inventare lo spazio per l'emiciclo, prima posticcio nel cortile della vecchia Curia, poi costruito ex novo, appiccicando al retro della Curia un nuovo palazzo, progettato dal Basile, architetto di grido dell'epoca, al quale è stato fra l'altro sacrificato il monumento funebre di Antonino Pio, non uno dei massimi esponenti della categoria, ma pur sempre imperatore di Roma.
Il monumento funebre finì sotto i colpi di piccone, contemporaneamente all'approvazione della prima legge per la tutela delle antichità. E ora si vorrebbe spostare tutto in una zona dove, se va bene, dalle finestre si gode ampia vista di ciò che con buona volontà potrebbe essere classificato come esempio di archeologia industriale. Al posto di quegli uffici, per la maggior parte ex celle conventuali, forse piccoli e scomodi, sempre ingolfati di carte, che però affacciano, quando va male, sulla fuga degli storici tetti di Roma.
Ma per fortuna anche i luoghi della politica cambiano, il vecchio si intreccia con il nuovo e per esempio il Palazzo di Botteghe Oscure è oggi sede di una finanziaria americana.

* NOMOS - Centro Studi Parlamentari - gaia.sigismondi@nomoscsp.it

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