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  Dicembre 2012

Articoli n° 4
maggio 2006
 

confindustria salerno - Home Page
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L’equazione È nota:
infrastrutture uguale sviluppo

Dotazione infrastrutturale
e territorio

Aeroporto Salerno-Pontecagnano: la scuola del modello Pisa

Pensare “in grande”, dando luogo ad un
programma di ampio respiro per il rilancio
della struttura produttiva regionale, È possibile

Angelica agresta, Marcella villano e Mariarosaria zappile

Se ne discute da sempre, dai tempi della Cassa e della famosa "cura del ferro" che fu uno dei cavalli di battaglia di Francesco Compagna, l'indimenticato meridionalista fondatore di "Nord e Sud", la rivista che diede voce e impulso ad una nuova visione del Mezzogiorno. E, certo, fa un pochino impressione leggere, nei documenti strategici della Regione Campania e ad oltre quarant'anni di distanza, che uno degli obiettivi prioritari della prossima fase di programmazione dell'Ente di Santa Lucia è quello di "continuare la cura del ferro". Di che segno si tratta? Siamo di fronte all'ennesima dichiarazione di quasi-fallimento, oppure l'invocazione regionale corrisponde ad un bisogno di intensificare, decentrare, accelerare? La domanda può essere pari pari riportata a tutti i livelli del grande tema delle infrastrutture, da quello trasportistico a quello idrico ed energetico, interessati da decenni di ininterrotta pianificazione, con risultati che non si vedono, o almeno non si percepiscono ancora in termini di maggiore accessibilità, migliore qualità della depurazione, adeguata dotazione energetica, e così via. Ragion per cui, una analisi, sia pur sommaria, della effettiva consistenza dello stock infrastrutturale regionale - con particolare riguardo a quanto accade in provincia di Salerno - deve raccontare, per forza di cose, di mezzi risultati, di progetti, di promesse di finanziamento che non si sono tradotte in concrete decisioni politiche e amministrative.
La scoperta dell'acqua calda consiste nel dire che la Campania, nella sua integrità, costituisce una naturale piattaforma logistica situata al centro del Mediterraneo, ovvero una potenzialità attrattiva di investimenti esterni ed endogeni, il punto di convergenza di traffici e lavorazioni che dal lontano Est coinvolgeranno progressivamente l'Europa e - perchè no - l'intero Occidente. Di modo che, il sistema logistico campano - nelle sue diverse articolazioni territoriali e specialistiche - costituirebbe la risposta più adeguata ad una domanda di un mercato in progressiva e irresistibile ascesa. L'immagine è buona, è forte, e possiede quel tanto di vaghezza che la rende assai spendibile sul terreno della comunicazione politica o pseudo-programmatica.
salerno

Peccato che gli eventi parlino spesso un linguaggio nettamente antitetico all'enunciato di cui sopra, almeno per quel che riguarda l'area salernitana. Il porto di Salerno, tra i primi in Italia per crescita di movimentazione e volume d'affari, è stretto nella morsa di una inevitabile congestione urbanistica, alla quale non si può certo porre rimedio con soluzioni-tampone o semplici accorgimenti del piano traffico. Non risulta allo studio alcun progetto per la costituzione di un efficiente "asset" retroportuale, né per la realizzazione di un sistema di collegamento tra la struttura portuale e la rete viaria e ferroviaria, regionale e nazionale.
Per usare una metafora calcistica, in assenza di progetto seri si corre il rischio di lasciare in panchina un campione, per mettere in campo i ragazzi del vivaio. Detto in due parole: se parliamo di logistica integrata non possiamo che partire dalla formidabile preesistenza dell'impresa-porto, una realtà che possiede ampi margini di miglioramento, intorno alla quale è indispensabile creare aggregazione e struttura. In chiave sintetica, l'argomento potrebbe essere sviluppato in termini di "reti corte" che si agganciano a "reti lunghe", istituendo, lungo il percorso, centri di raccolta e rilancio delle produzioni e della informazioni. La Piattaforma Logistica di Mercato San Severino e il Centro di Ricerca "Nautilus", promosso dall'Università di Salerno e dedicato ai temi della tracciabilità e dei sistemi di trasporto, rappresentano la prima concreta iniziativa che va nella direzione di accompagnare e assecondare la spinta propulsiva del Porto Commerciale di Salerno e del grande movimento (già cominciato) delle Autostrade del Mare. Bisogna far presto; anche perché vengono fuori i primi segnali di un possibile by-pass a danno delle legittime aspirazioni del territorio salernitano. Il significativo accordo di collaborazione tra il principale operatore terminalistico di Salerno e un operatore di punta dell'import-export agroalimentare, finalizzato alla realizzazione nell'ambito dell'Interporto di Nola di un magazzino per lo stoccaggio e la movimentazione di ingenti quantitativi di frutta esotica destinati al mercato europeo, rappresenta un indicatore preoccupante delle diverse velocità alle quali si muovono i processi reali dell'economia e dello scambio e la pianificazione pubblica nel settore delle infrastrutture. Non vorremmo - per dirla in una battuta - che la Cina fosse talmente vicina da essere già passata.
Nel recente convegno dedicato agli "Stati Generali dell'Economia" organizzato dall'Assessorato si è discusso di un nuovo modello di approccio al fabbisogno strutturale e infrastrutturale delle imprese e dei territori produttivi. Dichiaratamente, la strategia dell'Assessore alle Attività Produttive intende perseguire gli obiettivi della crescita del valore aggiunto del comparto agricolo, del consolidamento dell'apparato industriale, della qualificazione del terziario e dei servizi alle imprese. Nei documenti che hanno introdotto la discussione, si sottolinea come la Regione, dopo aver posto, negli ultimi anni, particolare attenzione alla programmazione negoziata (Patti Territoriali in primis) e alla progettazione integrata, voglia indirizzarsi al sostegno delle politiche di "contesto industriale", volte cioè al rafforzamento e al consolidamento delle filiere produttive, intese anche come sistemi di interrelazione tra le imprese. Partendo da un implicito riconoscimento dei limiti della vecchia impostazione, il progetto dell'Assessorato insiste sulla volontà di promuovere il sistema produttivo nei suoi punti di eccellenza, accompagnando gli investimenti privati con una politica pubblica che promuova l'articolazione di filiera, la crescita dimensionale delle aziende, la loro proiezione internazionale. Non è questa la sede per soffermarsi su una disamina degli strumenti d'intervento prospettati, soprattutto per quel che riguarda gli incentivi agli investimenti; basti dire che, per realizzare l'impiego efficiente di un volume di risorse pubbliche stimato, in dieci anni, in circa 4 miliardi di euro, si intende procedere attraverso due distinte modalità, una a sportello (sul modello del credito d'imposta) e una negoziale (ricalcata sullo schema del contratto di programma). In assenza di informazioni di dettaglio, possiamo solo auspicare una loro tempestiva predisposizione (intanto, secondo routine, affrontiamo l'ennesima discussione sugli indicatori regionali del solito bando 488). C'è, invece, da guardare un po' più da vicino l'altro grande contenitore della proposta, che presenta una modalità fortemente innovativa di gestione delle politiche infrastrutturali per lo sviluppo. Partendo dall'assunto che è necessario dotare il territorio di adeguate infrastrutture produttive, garantendone una efficiente gestione, la Regione progetta la costituzione di un "fondo comune di investimento immobiliare", individuato quale strumento strategico per favorire la dotazione di strutture immobiliari e di infrastrutture idonee a soddisfare le esigenze di sviluppo produttivo ed economico. Il fondo, che ha una gestione di tipo privatistico, acquisisce aree e immobili industriali per rigenerarli, attrezzarli e riproporli sul mercato. L'operazione di conferimento, che consente la partecipazione dei soggetti titolari delle aree e delle strutture, produce per questi ultimi un vantaggio di tipo finanziario, garantendo un adeguato rendimento delle quote possedute. Contemporaneamente, la parte pubblica (in accordo e con il sostegno del sistema bancario) può concentrare il proprio sforzo sugli interventi di qualificazione e valorizzazione delle strutture e delle aree, accrescendo il loro vantaggio competitivo per mezzo della creazione di cospicue economie esterne. L'idea è buona, anche se sconta i limiti di una sua applicazione sperimentale (relativamente ai fondi immobiliari industriali), che potrebbe incontrare la resistenza sia dei soggetti privati detentori delle aree, che degli enti locali e dei Consorzi ASI, abituati a gestioni frammentarie e sempre più asfittiche dei processi di insediamento. Qui, evidentemente, dovrà farsi valere una Regione che governa, capace di imporre criteri e regole, premiando chi coopera. Si è discusso di come agganciare questa nuova tecnica di gestione attiva delle opportunità di localizzazione ad un'idea-forza,che coinvolgesse direttamente gli operatori industriali. Ne è venuta fuori l'ipotesi di lavorare a vere e proprie “città della produzione”, intese come “centri polifunzionali integrati” capaci di comprendere al loro interno: centri di produzione manifatturiera di vario genere; centri per lo scambio commerciale; servizi alla logistica: servizi alle imprese; spazi espositivi e fieristici; centri direzionali; parchi tecnologici; residenze abitative. É presto per parlare di una vera e propria riconfigurazione della struttura produttiva regionale, di cui pure si sente la necessità. Si tratta di un obiettivo ambizioso, difficilmente perseguibile; anche se viene in mente il precedente della famosa legge 675 del 1977, una legge di successo dedicata al finanziamento della riconversione industriale, della quale si giovarono quasi esclusivamente industrie del centro-nord. Considerando l'autonomia decisionale delle Regioni e, più in particolare, la possibilità per la Campania di orientare notevoli flussi finanziari di provenienza nazionale e comunitaria verso individuati obiettivi di promozione economica, nulla esclude di poter pensare "in grande", dando luogo ad un programma di ampio respiro, per il riallineamento e il rilancio della struttura produttiva regionale. La norma, il piano, gli strumenti attuativi debbono essere allineati in un'unica sequenza, che impone una forte volontà di governo dell'intero processo. Che, per quanto riguarda le infrastrutture, dovrà essere caratterizzato da una forte selezione delle iniziative da proporre a realizzazione. Diciamo la verità: negli ultimi anni non si è negato niente a nessuno. Ogni comune, grande, piccolo o piccolissimo, si è visto finanziare il proprio PIP, con un dispendio di energie e risorse che non ha prodotto effetti tangibili sul piano dell'incremento della base produttiva. L'intervento di sistemazione urbanistica è stato confuso con quello dell'attrezzatura produttiva, con il grave limite di indurre spesa pubblica d'investimento praticamente priva d'impatto. Le opere, non gestite, vanno progressivamente degradandosi, perdendo funzione d'uso e generando fabbisogno di parte corrente per l'ordinaria e la straordinaria manutenzione. Uno spreco. Invece, se pensiamo seriamente alle Città della Produzione, il sistema delle infrastrutture deve configurarsi come il fattore primario di attrazione. Le infrastrutture vanno progettate in funzione del servizio che debbono rendere; e la contrattazione tra le parti sociali e istituzionali non può che avvenire sulla base dei livelli minimi di servizio da garantire all'interno di un determinato territorio, per permetterne la piena valorizzazione. Se riusciremo a ragionare sui benefici attesi, piuttosto che sui quantitativi di materiale da porre in opera, faremo un significativo passo in avanti nella direzione dell'efficienza e della economicità dell'investimento pubblico.
Fin qui le questioni più immediate che balzano all'attenzione nell'attuale congiuntura, questioni sulle quali sarà necessario impegnarsi con proposte concrete, per alimentare di contenuti l'imminente discussione sulla programmazione strategica 2007-2013.
É ovvio che la problematica infrastrutturale - per la sua natura trasversale - impegna l'intera gamma delle politiche di sviluppo. Appare pertanto utile, al fine di un suo più generale inquadramento, valutarne la consistenza, per la Campania e, più particolarmente per la provincia di Salerno, dedicando qualche riflessione ai programmi annunciati, che dovrebbero trovare realizzazione nei prossimi anni.

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