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  Dicembre 2012

Articoli n° 4
maggio 2006
 

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La buona formazione
migliora l’economia

d
Alfredo LOSO

Solo il 20% dei quindicenni italiani raggiunge un livello di conoscenze ritenuto sufficiente

Ancora una volta il Consiglio d'Europa è ritornato sulla strategia di Lisbona per richiamare la necessità di investire sul capitale umano al fine di contribuire al miglioramento dell'economia. Secondo l'indagine ALL - Adult Literacy and Life Skills Survey - che misura il livello di abilità degli adulti nella comprensione di testi, di documenti e nella capacità matematica, più dello 80 per cento del campione italiano non è stato valutato in grado di lavorare all'interno di contesti produttivi moderni.
Un'altra indagine significativa sviluppata su ben quarantuno paesi ha stabilito che solo il 20 per cento dei quindicenni italiani esprime un livello di conoscenze ritenuto sufficiente a fronte di una media del 30 per cento. Un ulteriore indicatore ci dice che in Italia solo un'impresa su quattro svolge attività di formazione contro il 61 per cento delle imprese europee e, in particolare, i 26 lavoratori su 100 che partecipano a corsi di formazione si confrontano con una media di 39 in Europa. Appare evidente, quindi che scontiamo tristemente una forte debolezza nelle competenze di base e una difficoltà culturale a investire sul capitale umano.
I dati più attuali dicono che negli ultimi tre anni pur mantenendo immutato il numero dei lavoratori interessati da interventi di formazione vi è stata una diminuzione delle imprese formatrici. Questo evidenzia una maggiore attività delle imprese di maggiori dimensioni rispetto alle piccole e, in particolare, emerge una formazione più legata ad imprese dimensionate nel Nord e appartenenti al settore dei servizi con una forte correlazione tra il possesso di un titolo di studio, l'inquadramento contrattuale e la maggiore possibilità di partecipazione a interventi formativi. Rispetto al sesso, si può dire che la formazione realizza l'effettiva parità tra uomini e donne con una tendenza ad un maggior numero di donne formate, anche in ragione di un più elevato tasso di scolarità tra le donne.
In sintesi, ci portiamo dietro il fardello di un sistema produttivo che non riesce ancora ad essere competitivo come dovrebbe rispetto alla sfida internazionale, e quindi la formazione, che dovrebbe aiutare le imprese ad anticipare il cambiamento riposizionandone le competenze, viene utilizzata in prevalenza proprio da quelle aziende che sono più esposte allo scenario internazionale e al mercato in genere, mentre le altre, in particolare quelle piccole, non riescono nemmeno ad avvertirne la assoluta necessità.
Ma se le imprese percepiscono il cambiamento, quello determinato dall'evoluzione dei mercati, dalla tecnologia che muta, dalla ricerca e dall'innovazione che aprono scenari diversi e, soprattutto, in divenire, in che modo potranno attrezzarsi per rimanere competitive?
La risposta è sin troppo ovvia: è necessario investire nella conoscenza. Bisogna applicare la giusta dose di conoscenza al momento giusto e in stretto rapporto con la struttura dei costi dell'azienda. I parametri cui guardare sono la velocità e la flessibilità, in un processo continuo in cui l'apprendimento proveniente sia dall'interno che dall'esterno si trasforma in una nuova conoscenza aziendale. Quando si parla di queste cose, la maggioranza degli imprenditori è quasi istintivamente portata ad esprimere adesione, ma purtroppo nella realtà dei fatti sappiamo che vi è grande difficoltà a dare spazio ai processi relativi alla conoscenza.
Eppure la conoscenza può essere determinante non solo per la competitività, ma, spesso, per la sopravvivenza stessa dell'azienda. Intanto, però, sempre di più ci rendiamo conto che il passare ad una società postindustriale comporta che la conoscenza assuma una importanza via via più determinante, come ci ricorda Orefice (cfr. P. Orefice "I Domini Conoscitivi") «conoscenza e apprendimento diventano requisiti prioritari per la presenza attiva e produttiva dei cittadini»; e ancora «l'accesso ai contenuti dell'informazione mediati dalle nuove tecnologie e la loro gestione richiedono, per entrare nel lavoro, una soglia iniziale di sviluppo mentale decisamente più elevata che nella precedente società industriale; si tratta di uno sviluppo mentale destinato a non rimanere tale, ma a progredire continuamente con l'esperienza lavorativa». A maggior ragione all'interno dell'impresa bisogna fortemente costruire un più profondo sapere aziendale utilizzando la formazione continua come continua opportunità di manutenzione delle competenze professionali dei lavoratori implementando e ricostruendo il sapere professionale d'impresa.

*Presidente OBR Campania - presidenza@obrcampania.it

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