Accertamento del
pubblico ufficiale
Ispezione del lavoro e diritto di accesso agli atti ispettivi
Il contraente generale: figura di appaltatore “globale”
Appalti pubblici: progetto originario e variazioni
Settore immobiliare:
chi tutela l’impresa?
ISPEZIONE DEL LAVORO E DIRITTO DI ACCESSO AGLI ATTI ISPETTIVI
Lorenzo IOELE
Con il nuovo testo, i richiedenti possono accedere a documenti amministrativi utili alla difesa dei propri interessi giuridici
Il nuovo testo ritiene di gran lunga preminente il diritto di difesa su quello alla riservatezza
In miei precedenti interventi mi sono soffermato sulla nuova regolamentazione delle funzioni ispettive in materia di lavoro e previdenza sociale e, tra l'altro, evidenziavo una questione di fondo concernente la difesa del datore di lavoro. Evidenziavo, infatti, l'omessa considerazione dei diritti del datore di lavoro ispezionato nella fase dell'accertamento ed in particolare in quella dell'acquisizione degli elementi di fatto, svolta dagli ispettori unilateralmente e senza contraddittorio dal che deriva - per la mia esperienza - un accertamento spesso distorto e tale da renderlo risolubile solo in sede giudiziaria.
In realtà anche il sistema dei ricorsi amministrativi articolato dal legislatore si risolve in un meccanismo di tutela solo formale ove il diritto di difesa non sia stato rispettato nella fase dell'accertamento. Mi riferisco ad un diritto di difesa sostanziale relativo alla fase dell'acquisizione del materiale probatorio, e non alla semplice possibilità per il datore di lavoro di esporre la sua tesi difensiva addirittura ignorando gli elementi in possesso degli organi di vigilanza. Si tratta di un meccanismo che generalmente comporta la necessità di un contenzioso giudiziario, anche perché la valenza probatoria degli accertamenti ispettivi è abbastanza limitata come è giusto che sia proprio per le carenze della fase accertativa, e implica una sostanziale inutilità del sistema dei ricorsi amministrativi. Per una compiuta difesa del datore di lavoro mi sembra particolarmente importante il diritto di accesso dello stesso datore di lavoro agli atti ispettivi, e in particolare alle dichiarazioni rese nel corso del procedimento oggetto di due recenti orientamenti giurisprudenziali (vedi Tar Veneto 18.01.06, n.301 e Tar Veneto 27.04.06, n.1130 in Guida al lavoro 2006, fasc. n.25, pagg.30 e segg., con nota di Parisi). Evidentemente l'accesso agli atti ispettivi, ed in particolare alle dichiarazioni rese dai lavoratori interrogati nel corso del procedimento, costituisce un momento di conflitto tra l'interesse del datore di lavoro ad una globale e compiuta conoscenza degli atti del procedimento per svolgere le proprie difese e adottare le proprie determinazioni e l'interesse ad evitare azioni discriminatorie o pressioni sui dichiaranti, sia per la tutela degli stessi che, in genere, per lo stesso svolgimento della procedura ispettiva che potrebbe essere inquinato da eventuali pressioni. Agli interessi appena individuati occorre aggiungere, per il caso di violazioni della legislazione del lavoro costituenti reato, anche la necessità di rispettare il cosiddetto segreto istruttorio in sede penale sancito dall'art. 329 cpp secondo il quale «gli atti di indagine compiuti dal P.M. e dalla Polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e comunque non oltre la chiusura delle indagini preliminari». Il diritto di accesso dunque coinvolge profili delicati che, ad eccezione della previsione dettata dall'art. 329 cpp che in quanto norma cogente deve essere necessariamente rispettata, non meritano di essere enfatizzati ove si consideri che in un eventuale giudizio le dichiarazioni dei lavoratori verranno comunque conosciute dal datore di lavoro.
Debbo dire peraltro che, sulla base della mia esperienza personale, una fase accertativa che consentisse il contraddittorio potrebbe evitare numerose controversie spesso originate da dichiarazioni malintese o palesemente preordinate a supportare un contenzioso del lavoratore ovvero da fatti non riferiti perché non richiesti dagli ispettori.
Insomma una fase accertativa che consentisse l'intervento del datore di lavoro potrebbe contribuire ad un esito dell'accertamento più facilmente accettato dalle parti diminuendo dunque il contenzioso e le relative conseguenti spese.
La revisione dunque della regolamentazione del procedimento ispettivo è stata una occasione mancata per consentire al datore di lavoro di partecipare all'attività istruttoria e per costruire un procedimento ispettivo realmente efficace, considerando gli interessi di tutte le parti coinvolte. A prescindere da tali considerazioni generali il diritto di accesso del datore di lavoro è oggi regolamentato dall'art. 24 della legge 241/1990, novellato dalla legge 15/2005 e dal decreto ministeriale 4.11.1994 n.757. Le citate disposizioni, ed in particolare il d.m. cit, precedente la novella del 2005, escludono il diritto di accesso a «documenti contenenti notizie acquisite nel corso delle attività ispettive quando dalla loro divulgazione possano derivare azioni discriminatorie o indebite pressioni o pregiudizi a carico dei lavoratori o di terzi».
In pratica, è escluso l'accesso alle richieste di intervento dei servizi ispettivi ed alle dichiarazioni rilasciate dai lavoratori per almeno 5 anni dalla chiusura del procedimento e comunque finchè perdura il rapporto di lavoro (vedi art.3 del d.m. cit.).
Nel suddetto sistema normativo l'elemento di novità è dato dalla legge 15/2005: essa ha introdotto il comma 7 ben più rafforzativo del diritto di difesa già previsto dal previgente testo normativo che conteneva una direttiva per il Governo nell'emanazione dei decreti attuativi.
Il nuovo testo infatti sancisce esplicitamente che «deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici». Sulla base di tale norma la giurisprudenza innanzi citata, ancora isolata peraltro, ha disapplicato la normativa dettata dal d.m. 757/1994 e ha ritenuto preminente il diritto di difesa sul diritto alla riservatezza consentendo la visione e l'estrazione di copia dei documenti esclusi dalla precedente normativa, previa copertura di tutti i dati personali relativi alla generalità delle persone fisiche che risultano dichiaranti, fermo restando l'esclusione del diritto di accesso quando gli atti, per la rilevanza penale, siano soggetti al segreto istruttorio ex art.329 cpp. Si tratta di un primo orientamento che, pur applicando la nuova norma in maniera rigorosa, tiene conto anche della tutela del dichiarante con individuazione di una soluzione giurisprudenziale di mediazione tra i diversi interessi coinvolti ampliando le possibilità di difesa del datore di lavoro.
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