Crescita economica
e competitivitÀ
Annibale PANCRAZIO
La Strategia di Lisbona e la creazione della nuova Europa forte e unita
Confindustria e la Rappresentanza Italiana della Commissione Europea hanno organizzato in stretta collaborazione un road-show che toccherà nei prossimi mesi 12 sedi del Sistema Confederale con l'obiettivo di rilanciare, attraverso una fase di sensibilizzazione, i contenuti della Strategia di Lisbona ed il PICO, il Piano per l'Innovazione, la Crescita e l'Occupazione (in attuazione del rilancio della Strategia europea di Lisbona) elaborato dal Governo italiano nello scorso ottobre. All'evento iniziale, tenutosi presso la sala Giunta di Viale dell'Astronomia, sono intervenuti Maurizio Beretta e Daniel Kraus (a rappresentare Confindustria, in assenza del Presidente del Comitato Europa, Andrea Moltrasio, e dello stesso Montezemolo) con il Direttore della Rappresentanza della Commissione Europea in Italia, Virgilio Dastoli; Jean Pisani Ferry, Direttore dell'Istituto Bruegel; Stefano Micossi, Direttore Generale di Assonime; Paolo Savona, Ordinario di Politica Economica alla LUISS e artefice del PICO per il Governo Berlusconi. Il dibattito è stato animato dagli Eurodeputati Antonio Tajani e Lapo Pistelli, dal Presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, dal Presidente degli Industriali di Roma, Luigi Abete, e da Raffaele Bonanni, Segretario della CISL. In video-conferenza da Bruxelles, ha concluso i lavori il Vice Presidente della Commissione Europea, Franco Frattini. Durante la presidenza portoghese dell'UE nel marzo 2000, si tenne a Lisbona una sessione straordinaria del Consiglio europeo, con lo scopo di concordare un obiettivo strategico per l'Unione, per affrontare le sfide del nuovo millennio. In primo luogo la globalizzazione, ovverosia un'interdipendenza crescente tra le economie del mondo e la nascita di un'economia globale, e la rivoluzione tecnologica, con l'avvento di internet e delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Questi cambiamenti avrebbero investito ogni aspetto della vita dei cittadini e richiedevano una trasformazione radicale del sistema economico e sociale: l'UE intendeva gestirli in modo coerente con i propri valori e sfruttare appieno i vantaggi derivanti dalle opportunità che si sarebbero presentate. Il Consiglio stabilì che l'obiettivo, da raggiungere entro il 2010, sarebbe stato "diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale". Il raggiungimento di questo obiettivo avrebbe richiesto una strategia globale. La Strategia di Lisbona comprende provvedimenti diretti a promuovere la ricerca scientifica, l'istruzione, la formazione professionale, l'accesso alla rete e le operazioni online, ma anche la riforma dei sistemi europei di previdenza sociale. Ogni anno, in primavera, il Consiglio europeo si riunisce per verificare i progressi compiuti nell'attuazione di questa strategia. Quali erano le priorità e gli obiettivi della Strategia di Lisbona?
In sintesi:
- Obiettivo di crescita economica media annua del 3%.
- Aumento del tasso di occupazione dell’Unione Europea dal 61% al 70%, con la creazione di 20 milioni di posti di lavoro.
- Ingresso a pieno titolo nella new economy con la deregulation delle telecomunicazioni, il taglio delle tariffe Internet e l'informatica nelle scuole.
- Il 3% del Pil investito in ricerca e sviluppo.
Gli obiettivi dell'Agenda di Lisbona si sono rivelati, sin dall'inizio, molto ambiziosi e, purtroppo, sono ancora molto distanti. Il periodo di bassa crescita che ha interessato l'economia europea negli ultimi anni ne ha frenato in maniera consistente l'attuazione, Con le modifiche apportate nel 2004, la nuova strategia di Lisbona è meno ambiziosa e gli obiettivi riguardanti i diversi tassi di occupazione non sono più considerati una priorità.
Oggi, a sei anni esatti dalla sua nascita, l'Agenda di Lisbona è per molti paesi europei poco più di un miraggio; solo alcuni Stati virtuosi sono riusciti a mantenere gli impegni. Sembra che l'Italia non sia tra questi. Nel 2005, secondo anno dell'Unione allargata a 25 membri, la posizione relativa dell'Italia, in base ai principali indicatori economici utilizzati dalla Commissione europea nella relazione annuale sul raggiungimento degli obiettivi di Lisbona, non è migliorata rispetto all'anno prima. L'Italia si colloca ancora nel gruppo di Stati membri che registrano soltanto alcuni progressi. A pesare sul risultato globale del Paese ci sono in particolare i dati negativi in materia di tasso di occupazione. Ma nella considerazione del sistema delle imprese, per costruire un'Europa forte e unita, che sia realmente percepita da cittadini e imprese come la "casa comune" di tutti gli europei, occorre dare una sterzata forte verso obiettivi concreti, quali il potenziamento delle infrastrutture, la semplificazione legislativa e la creazione di un mercato unico dell'energia. Inoltre, è necessario che i cittadini e le imprese di tutti i Paesi dell'Unione, Italia compresa, si sentano più coinvolti nel processo di costruzione europea, rendendosi conto dei vantaggi che si ottengono dalla partecipazione a questo grande sogno oggi divenuto progetto concreto. L'Europa immaginata a Lisbona dai capi di Governo può nascere solo in presenza di obiettivi chiari collegati al bene comune. Proprio per questo occorre dare segnali, soprattutto alle imprese, che vivono in prima linea il rischio e l'opportunità della vicenda europea; ciò, può avvenire soprattutto in tre ambiti: regole, infrastrutture ed energia. Spesso ci scontriamo con un eccesso di regolamentazione e di burocrazia, che mette a rischio la competitività stessa delle imprese. La semplificazione legislativa ed amministrativa deve essere una priorità assoluta. Occorrono regole chiare e semplici, che siano adottate in modo uniforme in tutti i 25 Paesi. Nel campo delle infrastrutture è d'importanza nodale il sistema logistico. L'Italia rischia di restare fuori dalle grandi direttrici di trasporto paneuropee se non affretterà alcune scelte importanti: l'Alta velocità, a partire dalla Torino-Lione, è una necessità, soprattutto per il Sud. Su questo tema Frattini ha assicurato da Bruxelles la conferma degli stanziamenti (circa due miliardi di euro, considerando anche il traforo del Brennero). Ma bisogna decidere e completare i progetti e le realizzazioni in tempi brevi. Un altro passo decisivo è il superamento delle logiche nazionali nel settore dell'energia, realizzando un grande mercato domestico, superando le logiche protezionistiche e gli interessi di campanile in tutti i settori. La creazione di un mercato unico dell'energia, con processi di liberalizzazione uniformi nei vari Paesi, è la condizione per consentire all'Europa di restare al passo dei grandi blocchi americano e asiatico. E a proposito di riforme vorrei anche ricordare l'assoluta necessità di attuare in Europa una piena liberalizzazione dei servizi. Un'accelerazione delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni - riforme definite "a costo zero" - che Confindustria in Italia reclama da anni a gran voce e in mancanza delle quali l'economia e le imprese soffrono in maniera eclatante in termini di competitività. Dal Convegno di Roma (in particolare da Stefano Micossi, che è stato Direttore del Centro Studi di Confindustria e Direttore della Direzione Industria della Commissione Europea) è venuta però anche una forte critica al bilancio europeo, "zavorrato" da una PAC (la Politica Agricola) che sottrae enormi risorse alle reali esigenze delle comunità dei Paesi dell'Unione, ed al meccanismo dei Fondi Strutturali, la cui efficacia è sotto osservazione.
Una "visione" più legata alle logiche del risultato, propria dell'impresa, anche in questo caso non potrà che giovare alla costruzione di una nuova Europa, quella che vogliamo, sia come imprenditori che come cittadini.
Vice Presidente Confindustria Salerno
delegato all’internazionalizzazione
|