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  Dicembre 2012

Articoli n° 6
LUGLIO 2006
 


Inserto
CONFINDUSTRIA DI SALERNO

Relazione del Presidente Andrea Prete

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Sicurezza nell’industria:
i sistemi di arresto caduta



Luca ROSSI

Il drop test consente di valutare
gli effetti sull’uomo connessi all’intervento dei DPI contro le cadute dall’alto

Il carico dovuto alla rapida frenata va distribuito sulla massima area del corpo, per evitare concentrazioni di forze


La protezione contro le cadute dall'alto nasce in Inghilterra e negli Stati Uniti con l'utilizzo dei sistemi di arresto caduta (fall arrest system); questi dispositivi, con il loro intervento, limitano la caduta nel vuoto del lavoratore tramite un dispositivo che lo decelera e lo ferma in poco spazio, da qui il termine "arresto caduta". Un sistema di arresto caduta è costuituto da un certo numero di componenti, connessi in serie, che collegano fisicamente il lavoratore con la struttura di ancoraggio. Generalmente è composto da:
- una imbragatura di sicurezza e cioè un supporto per il corpo che ha lo scopo di arrestare la caduta; esso può comprendere cinghie, accessori, fibbie o altri elementi montati opportunamente per sostenere tutto il corpo di una persona e trattenerla durante la caduta e dopo l'arresto;
- un sistema di collegamento composto da un cordino, costituito generalmente da una corda di fibra sintetica o da una cinghia ed un assorbitore di energia, dispositivo progettato per dissipare l'energia cinetica sviluppata durante la caduta dall'alto, che unisce l'imbragatura ad un punto di ancoraggio sicuro;
- due connettori che uniscono il sistema di collegamento alle due estremità rispettivamente con l'imbragatura e con la struttura di ancoraggio.
In caso di caduta nel vuoto l'arresto viene assicurato dalla connessione del DPI al punto di ancoraggio sicuro, fermo restando che ogni elemento della catena di trattenuta deve agire efficacemente. L'energia cinetica accumulata dal corpo durante la caduta libera viene dissipata dal sistema di collegamento, che possiede una capacità intrinseca, più o meno grande, di disperdere energia. Questa attitudine può essere migliorata con l'introduzione di un assorbitore di energia, per far sì che la decelerazione conseguente alla caduta sia controllata e limitata nei valori. Una imbragatura ben avvolgente il corpo riduce gli effetti delle decelerazioni nell'arresto della caduta, infatti:
- le vertebre presentano una migliore resistenza, in quanto la massa muscolare e i tessuti del corpo idoneamente sostenuti forniscono un supporto idoneo ad azioni agenti per brevi periodi di tempo;
- la colonna vertebrale sollecitata con una forza frenante più allineata con la verticale, presenta un minore rischio di danno.
Il carico dovuto alla rapida frenata deve essere distribuito, per quanto possibile, sulla massima area del corpo, per evitare sia concentrazioni di forze sia di sottoporre il corpo a sollecitazioni di flessione e taglio, e dovrebbe essere trasmesso direttamente allo scheletro, preferibilmente via struttura pelvica e non via colonna vertebrale. Un attacco dorsale del dispositivo anticaduta posizionato sopra la spalla, simile a quello di un paracadute, è la migliore soluzione possibile per ottenere un allineamento ottimale con la spina dorsale e per ridurre il rischio di un suo danno. La soluzione di un attacco posizionato sopra la spalla non è di pratica fattibilità per un lavoratore dell'industria in quanto tale realizzazione creerebbe diversi inconvenienti di mobilità e potrebbe essere causa di rischi aggiuntivi nei confronti della nuca. É per questo motivo che le tipologie di imbragature più adoperate nei cantieri sono quelle con l'attacco dorsale e/o sternale. La normativa prevede che un sistema anticaduta utilizzato da un lavoratore comporti, dopo una prova di caduta, un angolo di sospensione di 50° massimo, tra l'asse longitudinale del piano dorsale del torso di prova e la verticale; un angolo molto grande può essere causa del cosiddetto "colpo di frusta" alla nuca. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, nel caso di attacco dorsale, appare prudente, sempre nei limiti di una corretta movimentazione dell'operatore, che sia realizzato dopo la prova un angolo il più possibile inferiore a 50° e tale però da non creare ulteriori rischi aggiuntivi, come interferenze del cordino con il collo. Un attacco dorsale posizionato in una zona più bassa rispetto alle scapole, assieme ad un eccessivo rilassamento dell'imbragatura, determina un angolo di sospensione maggiore di 50° e provoca una sollecitazione di flessione della spina dorsale. Quando poi l'attacco dorsale è posizionato troppo in alto rispetto alle scapole e vi è un eccessivo rilassamento dell'imbragatura, si determina un angolo di sospensione piccolo, con avvicinamento delle cinghie dell'imbragatura al collo e con un conseguente rischio di garrotaggio dello stesso. Per quanto concerne l'attacco sternale esso è in genere utilizzato quando l'altezza di caduta è limitata (< 60 cm) ed il rischio principale consiste nell'esporre l'utilizzatore all'urto contro eventuali ostacoli frontali con conseguenti danni alla testa ed al torace. Per avere un quadro sufficientemente esaustivo degli effetti dinamici sul corpo prodotti in seguito alla caduta, dovrebbero esser eseguite delle sperimentazioni con volontari umani; le conseguenze fisiche derivanti dalla caduta, che potrebbero essere gravi o addirittura letali, sconsigliano questo tipo di prove.
Molte metodologie sono state sviluppate e documentate nella letteratura tecnica al fine di valutare le prestazioni dei componenti costituenti il sistema di arresto caduta; quella attualmente più utilizzata è il drop test. Il drop test consiste nella caduta di un manichino antropomorfo articolato - collegato al punto di ancoraggio fisso mediante il sistema di arresto caduta - avente caratteristiche dimensionali e distribuzione delle masse confrontabili con quella del corpo di un adulto di sesso maschile di taglia media.
I drop test effettuati nell'attività di ricerca dell'ISPESL hanno permesso, fra l'altro, di effettuare delle analisi approfondite per quel che rigurda le accelerazioni (l'accelerazione rappresenta la variazione della velocità rispetto al tempo, espressa in metri al secondo per secondo, nei drop test l'accelerazione viene espressa in unità "g" - 1 g è equivale ad una volta l'accelerazione di gravità che è pari a 9,81 m/s2) della testa (in avanti ed indietro) e del corpo (verso il basso). Le sollecitazioni derivanti da queste possono provocare danni a tutto il corpo, organi interni compresi, ed in particolare alle vertebre cervicali. I dati sperimentali dell'ISPESL mostrano che la risultante dell'accelerazione per la testa è circa il doppio di quella del corpo. Il confonto con i dati disponibili riguardanti l'accelerazione verso il basso che subisce un corpo durante una trattenuta, permette di stabilire che i valori sperimentali misurati, compresi tra 8 e 10 g, sono in linea con i valori riscontrabili in pubblicazioni provenienti soprattutto da ricerche e prove a carattere medico della NASA. Riguardo l'accelerazione relativa alla testa (in avanti e indietro) non è disponibile in letteratura tecnica uno studio che consenta di effettuare un raffronto con i dati derivati dalle prove dell'ISPESL; appare tuttavia possibile affermare che i valori riscontrati (accelerazione compresa tra 5 e 15 g) sono in linea con quelli desumibili da altre sperimentazioni.
Un'ultima riflessione riguarda le caratteristiche fisiche della persona che subisce la caduta: il lavoratore presente nei cantieri edili ha in genere una "attitudine" fisica non idonea a sopportare il tipo di sollecitazioni precedentemente esaminate. Appare quindi opportuno richiamare l'attenzione su questo aspetto, che non deve essere meno importante delle caratteristiche tecniche intrinseche dei dispositivi costituenti un sistema di arresto caduta.
ISPESL- Ricercatore Dipartimento Tecnologie di Sicurezza
luca.rossi@ispesl.it

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