Commissione massimo
scoperto: rischio usura
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Commissione massimo
scoperto: rischio usura
Gennaro STELLATO*
La Banca d’Italia “scopre” il pericolo
e “avverte” tutti gli istituti di credito
Si tratta forse di un passo verso rapporti più trasparenti e corretti tra gli istituti di credito e la propria clientela?
Spiegare cosa sia la commissione di massimo scoperto a chi vive e lavora ogni giorno con le banche sembrerebbe quasi un insulto all'intelligenza. Pare opportuno ricordarlo perché, per quanto possa sembrare paradossale, molti non riescono, con ragione, a capire l'essenza di tale onere finanziario.
Nella sostanza, ogni istituto bancario in quasi tutti i contratti bancari applica e addebita al cliente, oltre al tasso debitore nella misura che, ovviamente, varia caso per caso, una percentuale fissa calcolata sul massimo scoperto che, addirittura, può sfiorare l'1,50% e, arrivando a far toccare sull'anno o addirittura superare la soglia del 14%, potrebbe rientrare nella fattispecie usuraria prevista dalla legge 108/96. É noto poi che, tenendo conto delle valute considerate dalla banca, si può trovare un massimo scoperto superiore ad ogni previsione.
Sulla base di una semplice operazione aritmetica l'Istituto di Via Nazionale ha finalmente scoperto che, con tale applicazione, le banche possono finire nell'ipotesi in cui l'operato delle stesse può sfociare nell'usura e, per evitare problematiche conseguenti ad una mancata vigilanza, ha inviato una lettera circolare. Ovviamente l'iniziativa nasce anche sotto la pressione di svariate iniziative giudiziarie pendenti sia in sede civile che penale che vedono gli istituti di credito nella veste sia di imputati che di destinatari delle cause di risarcimento. Inoltre, appare ormai ictu oculi a tutti come la prassi di applicazione della commissione di massimo scoperto ha inevitabilmente portato al raggiungimento della soglia prevista dalla legge con la conseguenza che i singoli istituti non possono più trincerarsi dietro la copertura della Banca Centrale. Questa, con una analitica circolare, ha precisato che per le operazioni di apertura di credito in conto corrente, di finanziamento per anticipo su crediti e per operazioni di factoring il tasso effettivo globale, che determina il costo effettivo del denaro, si ottiene mediante la somma degli interessi, rapportati ai saldi liquidi, con gli oneri calcolati in percentuale sull'accordato. Nel calcolo del predetto tasso non rientrerebbe la commissione in quanto Via Nazionale ritiene che la misura della commissione dipenda dalle modalità di utilizzo. La banca si limiterebbe a individuarla aprioristicamente in percentuale chiarendo che la stessa rappresenta il compenso dovuto alla banca per il maggior onere sostenuto sull'aumento dello scoperto. Sempre l'Istituto Centrale lascia una via d’uscita precisando che l'applicazione della commissione non determina ex se il superamento della soglia usuraria, ma va verificata alla luce delle condizioni complessive del rapporto.
Va detto, in verità, che, proprio per l'interpretazione avallata da Via Nazionale molti istituti hanno operato con eccessiva disinvoltura non ritenendo appunto di poter rientrare nella fattispecie prevista dalla legge 108/96. Oggi, come molte voci autorevoli hanno sottolineato, le banche non hanno più alibi e rischiano, sotto il profilo giudiziario, una valanga di cause di risarcimento o di ripetizione dell'indebito percepito. Inoltre, atteso che l'usura resta un reato grave, il rischio per i responsabili appare oggi concreto e reale anche in considerazione del fatto che anche la Cassazione si è già pronunciata nettamente. L'Istituto Centrale ha, nella precitata circolare sottolineato comunque e ancora una volta che «l'entità della Cms dipende dalle modalità di utilizzo del credito da parte del cliente». Certo si tratta di un conteggio complesso non alla portata di tutti ma che, soprattutto per gli imprenditori che hanno rapporti di varia tipologia con le banche, si appalesa necessario anche nell'ottica di una rinegoziazione eventuale delle condizioni contrattuali. In sostanza, da ipotesi formulate sulla base di calcoli articolati, si è accertato che un utilizzo medio dello scoperto porta, nell'arco di tempo, al superamento del tasso soglia con tutte le conseguenze che ne derivano. Indubbiamente l'iniziativa della Banca d'Italia sembra più finalizzata a porre le singole banche di fronte alle proprie responsabilità che, in verità, a dare un indirizzo preciso volto a dare certezze alla sterminata clientela che, occorre dirlo, scopre ogni giorno di essere stata sempre vessata nei modi più svariati. E questo aspetto in tempi in cui si insiste e si parla sempre più spesso di “patti chiari” e di “trasparenza bancaria” appare ancora più negativo nell'ottica di chi si avvale in misura importante dei servizi degli istituti bancari italiani. Va, inoltre ricordato che l'interpretazione della Banca Centrale è sempre stata utilizzata per dimostrare che il costo del denaro in Italia non è superiore alla media europea con tutte le conseguenze che ne derivano. Questo passo indietro si è reso necessario per la piega negativa delle vertenze in corso e per l'interpretazione ormai univoca delle decisioni già emesse, le cui conseguenze potrebbero essere molto gravi per le singole banche. Certamente l'incidenza dell'applicazione della commissione di massimo scoperto va verificata di volta in volta, anche se i calcoli effettuati su vari casi hanno evidenziato quasi sempre il superamento del tasso soglia. Allargare il discorso sull'enorme numero di rapporti pendenti porterebbe a conseguenze inimmaginabili. Sarebbe necessario un passo dei singoli istituti per dare ai clienti la sensazione, e non solo, della volontà di instaurare un rapporto corretto e non teso esclusivamente al maggior guadagno.
Tale comportamento anche nell'ottica di Basilea 2 servirebbe in modo chiaro a dare certezze e tranquillità a chi si avvale soprattutto in misura rilevante dei servizi bancari evitando che tali vertenze trovino sempre uno sbocco giudiziario che, alla fine, non serve né agli uni né agli altri perché finisce per contribuire soltanto a far nascere aspettative che minano comunque un rapporto che dovrebbe essere fiduciario. Se la reciprocità del contratto bancario fosse effettivamente tale si potrebbero evitare conseguenze negative su tutto il sistema con lo strangolamento, spesso reale, delle attività di impresa. Il passo importante spetta alle banche con la speranza che l'attesa sia breve.
*Avvocato - studiostellato@tiscalinet.it
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