Statuto Europeo delle PMI:
esigenza o eccesso di disciplina?
Salvatore VIGLIAR*
Una relazione pubblicata dalla Commissione europea illustra i risultati di uno studio di fattibilità finanziato dall'UE
La complessità del mercato interno comunitario, da un lato, e l'esigenza di implementare i processi di comunicazione tra le imprese europee, dall'altro, hanno portato l'UE a finanziare uno studio per individuare criticità e eventuali vantaggi connessi all'introduzione di uno “Statuto europeo” per le PMI. Lo studio di fattibilità, realizzato nei 25 Stati membri presso un campione di 2.147 imprese, ha evidenziato un insieme di specificità e di vincoli relativi alla proposta di un modello di statuto uniformato e in grado di stimolare i rapporti e le partnership tra le imprese comunitarie. Si tratta, in altre parole, di realizzare una “etichetta europea” che rappresenti la garanzia del rispetto sostanziale del diritto societario europeo da parte dei singoli operatori: operazione opinabile, vista la necessità, da parte di tutti gli Stati membri di recepire le direttive comunitarie già emanate in tema di società, assicurando, così, l'armonizzazione effettiva della normativa e dei principi in materia. A questo, si aggiunga la difficoltà di integrare un modello standardizzato di statuto europeo con i diversi ordinamenti nazionali e i modelli presenti nel territorio comunitario, sintetizzabili in due categorie profondamente differenti: la prima, di natura “ultraliberale” tipica dei modelli giuridici di cultura anglosassone e, la seconda, a regolamentazione “rigorosa”, tipica dei sistemi giuridici di matrice romanistica. Anche la scelta del modello di statuto da adottare, di conseguenza, dovrebbe rifarsi ad una delle descritte categorie, provocando, in un caso o nell'altro, un contrasto di difficile composizione con i differenti modelli nazionali. A prescindere, comunque, da considerazioni di natura soggettiva, è da rilevare che oltre l'80% delle PMI coinvolte nello studio ha dichiarato di non voler adottare uno statuto europeo e che circa il 52% delle stesse ha espresso soddisfazione in merito alle direttive emanate in tema di diritto societario (con particolare riferimento al sistema della decima e della quattordicesima direttiva), elemento che può implicare la volontà degli imprenditori di mantenere uno statuto nazionale. A dire il vero, la relazione finale dei risultati conseguiti dallo studio di fattibilità, recentemente pubblicata dalla DG Imprese della Commissione europea, affronta le criticità sopra riportate, non provvedendo, però, ad individuare o proporre soluzioni efficaci e sostenibili. In particolere, dopo una lunga analisi dei possibili (ma improbabili) modelli di Statuto europeo da adottare, la relazione procede in un elenco dei vantaggi e degli svantaggi connessi a tale adozione, suscitando, a parere di chi scrive, profonde riflessioni sulla reale opportunità di intervenire ulteriormente in materia e, si aggiunge, sulla sostanziale utilità dello studio realizzato.
Di seguito si riporta testualmente il citato elenco. Ai lettori libera valutazione…
Vantaggi e opportunità di uno statuto europeo delle PMI
- Un forte sviluppo delle strutture di tipo PMI. Uno statuto europeo della PMI in Europa aguzzerà senz'altro l'ingegno imprenditoriale in Europa.
- Una capacità d'azione sul mercato grazie ad un funzionamento flessibile.
- Un miglioramento dei "know-how". Grazie alla loro adattabilità al mercato, le PMI forniscono risposte in termini di "know-how" (tecnico, amministrativo e commerciale) di cui si servono come di una strategia per garantire il loro sviluppo internazionale.
- Una mobilità della totalità o di parte della loro attività.
- L'irrobustimento del loro approccio internazionale grazie a metodi d'azione omogenei sui vari mercati.
- La creazione di partenariati commerciali fondati su modelli coerenti nei mercati di tutti i paesi comunitari.
- Il vantaggio dell'etichetta europea, che consentirà alle PMI di ottimizzare la loro credibilità sul mercato internazionale.
- La costruzione di strategie di sviluppo ragionevoli con partner internazionali.
- L'ottimizzazione della gestione delle attività con un diritto contrattuale favorevole in ogni Stato membro.
- Il beneficio di sistemi fiscali semplici e meno costosi.
- L'utilizzo di una manodopera adattabile ed efficace nei vari paesi con condizioni contrattuali vantaggiose per datori di lavoro e dipendenti.
- L'attuazione di reali strategie di raggruppamento di attività in sviluppo transfrontaliero.
- Ripartizioni di attività favorevoli a tutte le parti.
- Il rafforzamento dei partenariati in funzione delle affinità interculturali (transfrontaliere).
Costi e minacce di uno statuto europeo delle PMI
- Le limitate capacità finanziarie delle PMI e le loro difficoltà ad accedere ai finanziamenti. Queste barriere allo sviluppo dissuadono le PMI dal correre rischi, soprattutto al livello internazionale.
- Un ambiente normativo vincolante e costoso.
- Una fragilità tecnica (insufficienza di capacità di produzione) che non permette alle PMI di piazzarsi sul mercato internazionale.
- Un deficit di “know-how” internazionale in alcuni Stati membri, soprattutto nei nuovi arrivati.
- L'incapacità di sviluppare una gestione di gruppi efficace a livello internazionale.
- Il fatto che le strutture istituzionali non aiutano le PMI ad esportare.
- Una fragilità in materia di utilizzo degli strumenti di gestione e analisi contabile che rende velleitari i progetti di sviluppo, soprattutto a livello internazionale.
- La mancanza di “know-how” internazionale si ripercuote in prestazioni mediocri da parte dei consulenti (contabili ecc.) per quanto riguarda l'assistenza all'esportazione che offrono ai loro clienti.
- Il carattere familiare di un grande numero di PMI.
Quanto alle minacce create da uno statuto della PMI in Europa, esse sono reali e riguardano:
i rischi di sviluppo mal controllato su mercati fortemente concorrenziali; l'uso di un'etichetta europea che non può essere accompagnato dal rilascio di un attestato o da una normalizzazione; la volontà di perseguire solo alcuni vantaggi sociali, giuridici e fiscali in alcuni Stati membri per alcune PMI espansioniste; uno squilibrio tra espansione e sviluppo ragionato su alcuni mercati transfrontalieri; una difficoltà a scegliere tra uno statuto assai inquadrato e il partenariato attraverso i vantaggi offerti da una normativa in materia di contratti molto accessibile; prese di rischi a volte avventate in materia d'investimento in seguito all'acquisizione di un nuovo statuto; l'emergere di imprese opportuniste con uno statuto europeo.
Ulteriori informazioni ed una sintesi della relazione sono reperibili al sito:
www.europa.eu.int/comm/enterprise/entrepreneurship/craft/craft-priorities/doc/it_resume_rapport_final.pdf
Docente di Diritto dell’Informazione e
della Comunicazione - Università della Basilicata
Esperto di politiche comunitarie - studio.vigliar@virgilio.it |