Investimento finanziario
(possibilmente) razionale
Aumentare la sicurezza
in azienda
Investimento finanziario
(possibilmente) razionale
Santolo CANNAVALE
Dopo il periodo critico
marzo 2000-marzo 2003 analisti e investitori divisi in ribassisti e rialzisti, Orsi e Tori
L’ indice di borsa Dow Jones Euro Stoxx 50 riguarda i 50 migliori titoli azionari dell'area euro. L'analisi del grafico (in basso) che lo rappresenta può essere utile ai fini delle valutazioni da effettuare per investire il proprio risparmio. Il dato di partenza al 31/12/91 è fissato a quota 1.000, quello rilevato al 20/02/06 è pari a 3.760. Nel corso dei 15 anni considerati l'incremento è stato del 276%. Si evince una crescita di circa il 18% annuo (276% spalmato su 15 anni). Nel 1998, a fronte di un livello teorico dell'indice pari a 2.260 (crescita annua del 18% per 7 anni) si registrò di fatto un anomalo valore di 3.600. Sarebbe stato opportuno smaltire un accumulo di superindice di circa 1.300 punti percentuali, cosa che parzialmente avvenne nel corso del 1998 con calo di circa 1.000 punti e ridimensionamento dell'indice a quota 2.600. Nonostante il calo, l'indice rimaneva disancorato dai valori reali accettabili delle aziende rappresentate. L'irrazionalità, per sua natura, è incontrollabile e, con l'euforia della new economy, e in parte per le attese smisurate derivanti dalla futura adozione della moneta unica nei paesi dell'UE, riprese il sopravvento riportando l'indice sopra le nuvole a quota 5.522 agli inizi del 2000. La “fisica economica” del Professor Palomba (reminiscenze degli studi di economia) ha avuto buon gioco sull'irrazionalità dell'uomo "poco economico", facendo precipitare l'indice più significativo dell'area euro intorno a quota 2.000 nella primavera del 2003. In tal modo il mercato ridisegnò la curva degli incrementi di valore delle aziende ritenuti più attendibili, riconoscendo a posteriori una crescita media annua dell'8,3% nell'arco temporale 1992-2003. Si può argomentare che il declino dell'indice da 5.522 (max. anno 2000) a 1.850 (min. anno 2003) fu esagerato e frutto di emotività degli investitori, ma il dato di fatto è quello e può considerarsi punto di partenza per un ragionamento che, pur semplicistico, tiene in massimo conto la somma dei comportamenti umani, concorrenti a determinare la storia dei mercati finanziari. Agli inizi del 2006 il valore teorico dell'indice Dow Jones Euro Stoxx 50 preso ad esame dovrebbe attestarsi a quota 2.250 (8,3% x 15 anni), quello effettivo si aggira intorno a 3.800. Pur considerando la crescita abnorme della liquidità finanziaria del sistema, che in parte supporta impropriamente e giustifica l'anomala crescita dei valori rappresentati dall'indice, è ragionevole ipotizzare che la solita "fisica economica" si incaricherà prima o poi di smaltire una parte dei 1.510 punti percentuali di supervalutazione del mercato azionario. Ipotizzando un parziale calo di 1.000 punti, il possibile arretramento dell'indice andrà dal 20 al 30% del suo valore (1.000/3.760 = 26,5%). In quali tempi l'aggiustamento al ribasso si realizzerà, considerando fondate le ipotesi formulate? Gioca al riguardo l'eventualità di un calo dei prezzi degli immobili (abitativi e non) già ampiamente registrato negli Stati Uniti e la dinamica dei tassi di interesse pilotati dalla Federal Reserve americana, in aumento costante e progressivo dall'1% al 4,50%, con prospettiva di adeguamento al 5%. Influisce anche l'andamento dei prezzi delle materie prime energetiche che stanno riassumendo una funzione essenziale nei processi produttivi, incidendo in maniera crescente sui costi di prodotti e servizi. Giocano, altresì, gli effetti della straripante crescita di Cina e India in campo industriale, commerciale e finanziario. Il risveglio acclarato del Giappone non sarà estraneo all'andamento dei mercato azionari. Incide, infine, il ruolo che intende svolgere la "bella addormentata nel bosco" e cioè l'UE, al momento impegnata a decidere se l'idraulico della Polonia (benvenuto tra noi), spostandosi nei vari paesi dell'Unione, deve rispettare la normativa polacca o quella della nazione ospitante! Alla luce di queste considerazioni, il risparmiatore investitore, tenendo conto delle sue esigenze di breve, medio/lungo periodo, deve sistemare la propria "asset allocation" - cioè quanto del proprio denaro resta sul conto corrente e quanto va investito in azioni, obbligazioni od altro - cercando di prevenire il possibile ridimensionamento dei mercati azionari. É opportuno, pertanto, limitare l'investimento azionario al 25-30% del patrimonio liquido disponibile. In tal modo un eventuale calo dell'indice di borsa del 20%, incidendo sul limitato valore (25-30 rispetto al totale 100) destinato all'azionario, determinerebbe una perdita potenziale pari al 5/6% del capitale disponibile. Questa eventuale perdita troverebbe ristoro nella remunerazione assicurata alla quota prevalente investita in obbligazioni e, presumibilmente, nel vantaggio aggiuntivo derivante dall'apprezzamento che il mercato in tali circostanze riconosce ai titoli obbligazionari a seguito della relativa, maggiore pressione di acquisti. Per l'investimento azionario è consigliabile utilizzare ETF (Exchange traded funds) meno costosi, quotati e negoziabili come titoli azionari. Sono molto efficaci per la riduzione e diversificazione del rischio e più convenienti, trattandosi in sostanza di fondi comprensivi di selezionati panieri di titoli (articolati per settori e paesi) che "replicano passivamente" il relativo indice di borsa. Il mercato azionario americano resta il più importante a livello mondiale e ad esso si guarda per ricevere segnali premonitori. Molti si sono chiesti se la grave crisi sul mercato azionario di New York e sugli altri principali mercati occidentali, che si è verificata nel periodo marzo 2000-marzo 2003, è stata l'equivalente del crac borsistico del periodo 1929-1932, il quale fra alti e bassi è durato per tutti gli anni '30. Nel tentativo di rispondere a questa domanda gli analisti e gli investitori si sono divisi in ribassisti e rialzisti, pessimisti e ottimisti, Orsi e Tori. Secondo il Professor Francesco Arcucci - Affari & Finanza del 20/02/06 - «appare sempre più chiaro che i problemi strutturali dell'economia americana e di quelle dei principali Paesi occidentali saranno affrontati solo dopo una nuova crisi economica e un nuovo crollo dei mercati azionari previsto come imminente da numerosi indicatori matematici. Inoltre nel 2007/2008 si avrà il minimo di un ciclo venticinquennale molto regolare sulla borsa di New York che si verifica da oltre un secolo (1882-1907-1932-1957-1982-2007)». A suo avviso «è evidente che la modesta seconda bolla speculativa di borsa 2003/2005 sta terminando proprio in questi giorni. Ci si trova ora in un'area in cui occorre essere venditori. Infatti, al livello di 11.000 del Dow Jones e di 1290 dello Standard and Poor's tutto ciò che un rialzista può sperare è un'ulteriore, stentata, salita dei prezzi di pochi punti in percentuale, mentre ciò che gli indici menzionati possono perdere nei prossimi 18-24 mesi è almeno pari al 50%». «Il mercato - sostiene Arcucci - è intelligente e ingannatore. Negli anni ‘30 il Dow Jones Usa ha subìto un crollo da 389 a 41 in circa 40 mesi e poi è rimasto debole per anni. In questo decennio, il mercato azionario ha creato, invece, una seconda bolla rialzista modesta, ma sufficiente a danneggiare gli Orsi (venditori) che pensavano ad una continua scivolata. Ora potrebbe colpire i Tori che, resi avidi dal presente rialzo, si sono entusiasmati e non si accorgono che il loro tempo è scaduto e vivranno nel 2006 e nel 2007 una vera Katrina delle borse».
Consulente di mercati finanziari -
s.cannavale@virgilio.it
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