Lavoro: giÙ le mani dalla legge Biagi
Carlo Cicala
Un mercato del lavoro nuovo
e moderno grazie alla legge 30
La legge 30 sul mercato del lavoro va cancellata”: è scritto nel documento conclusivo del Congresso Cgil. Guglielmo Epifani, promotore del “Patto dei tremila giorni” con Prodi a Palazzo Chigi, chiede di abrogare la Riforma Biagi. La posizione della Cgil induce a più di una riflessione.
D'accordo, il programma dell'Unione parla più in generale di "superamento" della legge di riforma del mercato del lavoro. L'ex ministro Tiziano Treu, per esempio, si dice non a caso sorpreso e deluso: «Parti della Biagi, come i servizi all'impiego e la formazione continua - sostiene - sono coerenti con l'Ulivo. Poi c'è il compromesso raggiunto dalla coalizione: cancellare le norme precarizzanti, ribadire la centralità del lavoro dipendente, far pagare di più quello subordinato, fornire ammortizzatori sociali. Però abrogare non è responsabile. E comunque non lo faremo: non è nel programma».
Parole rassicuranti. Eppure i segnali che, su questo terreno, continuano ad arrivare dal fronte della coalizione del Professore non sono distensivi. Per alcuni superamento vuol dire cancellazione. Lo dice a chiare lettere il verde Paolo Cento: «Superare significa scrivere un'altra legge 30, tutto qua». Peraltro, l'abrogazione della legge 30 è un proposito espresso non soltanto dalle frange estreme, ma da una più ampia area dello schieramento di centro sinistra. Anche a livello territoriale.
La vigente legislazione in materia di lavoro non piace, par di capire, neanche agli attuali vertici della Regione Campania. Palazzo Santa Lucia - leggo testualmente dal "Sole 24 Ore Sud" del 22 febbraio scorso - «punta a smontare la Biagi con una propria legge sul lavoro». «Un'operazione che nasce dalla necessità di esercitare un'azione efficace di contrasto di quelle misure della Legge 30/2003 che possono accrescere la precarizzazione».
Percepita con gli occhi di chi deve assumere, la sensazione è che l'argomento sia appesantito da una eccessiva carica ideologica, anzi direi demagogica. L'impressione è che della materia si parli senza cognizione di causa, per partito preso, appunto. Che è poi la maniera più sbagliata per affrontare e eventualmente risolvere i problemi.
All'indice si mette soprattutto il lavoro temporaneo. E, tuttavia, anche da questo angolo di visuale, non si rende giustizia ai contenuti fortemente innovativi della legge - che porta il nome del valente giuslavorista assassinato, ritengo, proprio per questo motivo - se un aspetto diventa pretesto per cancellare l'intero impianto normativo. Tanto più che la legge ha l'indubbio merito, non soltanto di aver recepito il lavoro temporaneo introdotto nel '97 dalla legge Treu, ma di aver finalmente regolamentato in maniera nuova e moderna il mercato del lavoro. Insomma, la legge Biagi ha rappresentato il superamento - questo sì - dei vecchi e inutili uffici di collocamento. Non solo.
Sempre per quanto attiene alla flessibilità, si tratta di strumenti sollecitati non a caso dal sistema datoriale, in presenza di una sempre più agguerrita concorrenza internazionale. Che, poi, detto tra noi, si tratta di strumenti neanche tanto applicati dalle imprese, dal momento che - secondo una ricerca dell'Associazione nuovi lavori (Anl) di cui è segretario l'ex sindacalista della Cisl Raffaele Morese - nelle aziende industriali e in quelle del commercio il 73,2% dei contratti è di tipo standard, vale a dire, a tempo indeterminato preferendosi, ai precari, dipendenti "fidelizzati".
La ricerca, inoltre, rileva che soltanto il 9,4% dei contratti segue la legge Biagi. Dunque, si tratta di una percentuale decisamente bassa di contratti "atipici" grazie ai quali, probabilmente, molte aziende hanno evitato di ricorrere a perniciose forme di lavoro in nero. Ma questo semmai è un merito non un difetto della legge 30. Senza dire, che l'Italia è l'ultimo dei Paesi europei ad essersi finalmente dotato di un simile ordinamento legislativo in materia di lavoro.
Mi spiacerebbe pensare, allora, che con la scusa del ricambio, con l'acqua sporca si buttasse dalla finestra anche il bambino. Incrociamo le dita.
Presidente dell'Unione industriali di Caserta
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