Liberare le energie bloccate
del Mezzogiorno
Il coraggio
di crescere
Liberare le energie bloccate
del Mezzogiorno
Ettore ARTIOLI
Il consolidamento del tessuto produttivo richiede un’attenta politica di sostegno agli investimenti, e non elargizioni a pioggia
Una grande opera di risanamento urbano può dare risultati di coesione sociale e attrazione turistica
Da qualche anno l'economia del Mezzogiorno è di nuovo bloccata: si sono affievoliti, fino a scomparire, molti di quei segnali, che ci avevano indotto a ben sperare alla fine degli anni '90. Del resto, in un paese a crescita zero, non c'è da stupirsi se la sua parte più esposta mostra un andamento piatto. Un elemento molto negativo - anche per le sue implicazioni sociali - è quello relativo all'occupazione: da vari anni l’occupazione meridionale è ferma, mentre nel Centro Nord continua ad aumentare in misura notevole. Solo negli ultimi tre anni, fra il IV trimestre 2002 e il IV trimestre 2005, nel Centro Nord abbiamo registrato 672 mila occupati in più, e nel Mezzogiorno 41 mila occupati in meno. Il risultato è che lavorano appena 46 persone su 100 nel Sud e 66 nel Nord, mentre la strategia di Lisbona richiederebbe che nel 2010 ne lavorassero 70. Inoltre, e questo aggiunge negatività alle prospettive future, ogni anno 70 mila giovani meridionali, e fra questi 15 mila laureati, non trovando un'occupazione al Sud, vanno a lavorare nel Centro Nord, dopo che tante famiglie meridionali hanno fatto sacrifici per la loro formazione. Da una parte si potrebbe sostenere che questa è la mobilità che serve al funzionamento di un'economia moderna, che bisogna apprezzare il sano dinamismo di giovani disposti a rimboccarsi le maniche anziché rimanersene a casa ad aspettare, ma dall'altra parte dobbiamo considerare che si tratta di un trasferimento di capitale umano e di ricchezza, un vero e proprio finanziamento che il Sud fornisce alle più ricche regioni del Centro Nord.
Come se ne esce? Il nostro obiettivo di fondo, contenuto nel Progetto Mezzogiorno, rimane il consolidamento di un tessuto produttivo aperto all'innovazione e alla competizione, capace di attrarre investimenti esterni, a partire dalla valorizzazione dei punti di forza del Mezzogiorno: la posizione geografica al centro del Mediterraneo, le produzioni tipiche, l'ambiente, i beni culturali, tutta la filiera del turismo. Il consolidamento del tessuto produttivo richiede un'attenta politica di sostegno agli investimenti produttivi, abbandonando elargizioni a pioggia e strumenti generalisti, che continuano forse a piacere ai politici e ad alcuni imprenditori per la loro semplicità - e anche per la loro capacità di alimentare consenso: perché non ammetterlo? - ma sono del tutto inadatti a far fare un salto di qualità al sistema produttivo meridionale, in gran parte composto di piccole e piccolissime imprese, che utilizzano poca tecnologia e non sanno misurarsi con i mercati internazionali. Occorrono pochi strumenti selettivi, certi nei tempi e trasparenti nelle loro modalità di funzionamento, che aiutino le imprese a crescere, sia nella dimensione, sia - per conseguenza - nella competitività. E occorre una fiscalità di vantaggio, che contribuisca a incentivare la localizzazione nelle regioni meridionali di investimenti interni ed esteri, oggi attratti da processi delocalizzativi solo apparentemente più vantaggiosi. Dobbiamo pienamente utilizzare la grande opportunità rappresentata dalla posizione geografica del Mezzogiorno al centro del Mediterraneo, autentico crocevia naturale fra popoli di diverse culture, ma accomunati dal comune interesse ad uno sviluppo condiviso. Confindustria ha molto investito nel Forum Economico del Mediterraneo di Palermo, che ha rappresentato nello scorso febbraio un'occasione eccezionale di incontro con centinaia di imprenditori di tredici paesi del bacino del Sud Mediterraneo, che hanno avviato contatti di affari e imparato a conoscersi meglio e a cooperare.
La logistica rappresenta un nodo da sciogliere nei tempi più rapidi possibili. La finestra di opportunità dello sviluppo dei traffici commerciali con i paesi emergenti dell'Asia può richiudersi, e l'opportunità va resa effettiva attraverso la realizzazione di poche infrastrutture strategiche, necessarie per collegare merci e persone dal Mediterraneo all'Europa. Soprattutto non possiamo limitarci a far arrivare nei nostri porti le merci prodotte in Asia, ma dobbiamo realizzare nell'interland delle aree portuali alcune fasi di trasformazione, far arrivare dall'Asia capitali e non solo merci, far partire soprattutto le nostre esportazioni verso quei nuovi mercati.
Anche la mobilità delle persone va assicurata, perché non si può parlare di turismo, soprattutto straniero, ignorando che i turisti devono poterci arrivare, nel Sud, e preferibilmente negli aeroporti e nei porti.
Abbiamo calcolato che per realizzare tutte le opere infrastrutturali contenute nei vari documenti di programmazione che riguardano le regioni meridionali, sarebbero necessari almeno 115 miliardi di euro. Con una capacità di spesa per infrastrutture pari, al Sud, a circa 2 miliardi di euro all'anno, ci vorrebbero 60 anni per portare a termine tale imponente programma: scegliamo poche e chiare priorità, prevalentemente su scala interregionale, coerenti con le grandi dorsali europee di traffico, su cui concentrare le risorse nazionali e comunitarie, superando ogni residuo campanilismo e la solita rincorsa alla piccola infrastruttura municipale, per costruire un vero e proprio sistema a rete della logistica meridionale.
Il turismo continua a rappresentare un'occasione mancata per il Mezzogiorno, che ha un turismo povero il cui punto di forza è rappresentato dal “turismo dei meridionali”. Si è calcolato che - su 100 euro di spesa turistica effettuata nel Mezzogiorno - il 45% proviene dagli abitanti della stessa regione, il 18% dagli stranieri e appena il 37% dalla spesa dei turisti delle altre regioni. Gli italiani del Centro Nord non sembrano interessati a visitare il Sud, tranne il caso che qui abbiano parenti e radici. Se venissero di più come turisti, forse verrebbero anche i loro investimenti.
La politica del turismo troppo spesso si è risolta nella costruzione di nuovi alberghi, quando prima bisognava riempire gli alberghi che già c'erano. Le camere rimangono vuote, nonostante le opportunità del nostro clima, perché ciò che manca è la capacità di fare sistema, di costruire una filiera, combinando i voli low cost e l'enogastronomia, i parchi naturali, i circuiti archeologici, la promozione verso target insoliti ma promettenti: gli atleti dei paesi freddi che qui possono allenarsi in ogni stagione, i discendenti dei nostri emigranti alla ricerca delle radici, il turismo religioso dei santuari, dei monasteri e delle abbazie. Con una strategia chiara per la pianificazione e l'offerta dei tanti turismi possibili, con un approccio sistemico, che superi la cronica tentazione di promuovere il proprio campanile, e faccia tesoro dell'esperienza dei nostri concorrenti, abituati a muoversi in modo coordinato, come sistema nazionale. Senza trascurare la cura verso il territorio, a cominciare dai grandi centri urbani, le cui sacche di degrado, urbanistico e sociale, richiedono un urgente e massiccio programma di recupero. Un'impetuosa attività edilizia abusiva ha prodotto molte abitazioni, ma non quartieri capaci di essere parte della città. Oggi ci ritroviamo a dover gestire una pesante eredità di grandi concentrazioni di abitazioni, dove l'assenza di altre funzioni urbane, la carenza di servizi sociali e il degrado degli spazi pubblici producono esclusione sociale. Anziché essere luogo di scambio e di crescita civile, le città nel Sud sono spesso diventate luogo di degrado, con l'abbandono da parte dello Stato di interi quartieri al controllo della criminalità.
Una grande opera di risanamento urbano può portare risultati non solo economici, ma di coesione sociale e di attrazione turistica.
La voglia di vivere bene, di circondarsi di un ambiente sano e di un paesaggio bello, non è più l'esigenza di una ristretta élite - selezionata per censo o per cultura - ma è diventata sempre più una domanda sociale di qualità, che coinvolge strati crescenti di cittadini.
Vice Presidente per il Mezzogiorno Confindustria |