Rapporto sulla
finanza locale
Francesco Saverio COPPOLA *
È il primo, prestigioso, resoconto
elaborato da quattro uffici studi di eccellenza: ISAE, IRPET, IRES e SRM
É la prima volta che quattro centri studi del Paese elaborano un rapporto sulla Finanza Locale; l'argomento è di tale importanza per la nostra economia che ha indotto ad una riflessione comune e coordinata. La presentazione avverrà a Napoli il prossimo 6 aprile alle ore 10 presso il Salone delle Assemblee del Sanpaolo Banco di Napoli a Via Toledo.
Uno dei pilastri del lavoro si ritrova nel dibattito sulle Finanziarie per il 2005 e 2006, incentrate, tra l'altro, sui forti tagli ai trasferimenti agli enti locali; ciò ha ulteriormente riportato alla ribalta un tema “caldo” per l'economia del Paese: la gestione finanziaria della P.A.. Il nuovo taglio prosegue un trend decennale di forti diatribe e contrattazioni tra Amministrazione Centrale e Governi Locali; la prima diminuisce sempre più i flussi finanziari, i secondi chiedono, dal canto loro, risorse per lo sviluppo. Questo sta portando, seppur gradualmente, a un cambiamento di cultura nell'ente locale che ha preso coscienza dell'esistenza di una serie di strumenti i quali possono rappresentare una valida alternativa per coprire le esigenze finanziarie di investimento e di ristrutturazione del debito. A tutto questo si aggiunge un quadro normativo che potremmo definire in continua evoluzione e in fase di “irrigidimento”, poiché rivolto sempre più a porre limiti e a definire, in un quadro chiuso, le modalità con cui gli enti locali possono fare ricorso al debito. Lo stesso quadro che va sempre più spingendo verso il federalismo, in tutti i sensi, delle politiche di sviluppo di un territorio e delle responsabilità degli amministratori locali.
La parte del rapporto curata da SRM tratta il finanziamento degli investimenti dell'ente locale che oggi si trova davanti ad una concreta scelta di dover continuare ad operare in modo classico, attendendo il trasferimento in c/capitale proveniente dall'Amministrazione Centrale o dai fondi del POR (per le aree Ob. 1) o, in alternativa, di dover “attrezzare” la sua gestione finanziaria rendendola più dinamica e aperta a nuove soluzioni. L'ente locale ha due differenti esigenze: da un lato riuscire a garantire uno sviluppo territoriale, in modo incisivo per assicurare servizi al cittadino e alle imprese; questo può avvenire con il ricorso alla finanza per gli investimenti, pubblica e/o privata (trasferimenti erariali, fondi europei, risorse di bilancio, buoni obbligazionari, mutui, project financing); dall'altro riuscire a mantenere un equilibrio di bilancio, che consenta di gestire in mondo efficiente ed efficace le politiche di gestione finanziaria; in questo caso sono a disposizione strumenti di finanza innovativa che possono consentire l'eventuale ristrutturazione del debito. L'analisi degli strumenti ha mostrato in primo luogo l'intricata successione di leggi e regolamenti che hanno caratterizzato il sistema normativo della finanza locale, evidenziando come questa, nonostante gli sforzi effettuati con il Testo Unico, rimanga ancora collegata ad una serie di provvedimenti che non sempre forniscono una visione completa e razionale del sistema. Ultimo è l'intervento da parte del Ministero dell'Economia volto a limitare, e disciplinare meglio, gli strumenti di finanza derivata; ciò forse perché il loro utilizzo finora non è stato collegato pienamente agli intenti che ne hanno giustificato la nascita. Gli interventi e i tagli continui che nelle Leggi Finanziarie si sono susseguiti negli anni sono, inoltre, da un lato chiari segnali che lo Stato manda agli enti locali per invitarli a migliorare la gestione finanziaria e contestualmente renderla più efficiente e efficace; dall'altro, perfezionamenti di concetti e definizioni forniti in leggi esistenti che, forse, non permettevano interpretazioni compiute. Una di queste è la Finanziaria 2004 che ha dovuto chiarire cosa si intendesse per spese di investimento finanziabili attraverso l'indebitamento; ed è paradossale come sino ad allora tale concetto non sia mai stato enunciato. Da un lato, quindi, la complessa articolazione normativa e i suoi dettati che hanno mirato sempre più al federalismo con contestuali tagli ai trasferimenti erariali; dall'altro la privatizzazione della Cassa Depositi e Prestiti e ancora a seguire l'avvento e la regolamentazione dei buoni obbligazionari e del project financing (mai normato in Italia sino al 1998), hanno comportato una vera e propria rivoluzione nel modo di gestire l'ente locale. Questo nuovo modo di concepire la finanza, tuttavia, si è realizzato solo in parte. I cambiamenti normativi, infatti, avrebbero dovuto comportare una forte presa di coscienza dell'amministratore locale della necessità di avviare e realizzare nel tempo un'inversione di tendenza e di cultura: il modello era quello di gestire l'ente locale come una vera e propria impresa. Ma non solo. Ciò avrebbe anche dovuto comportare un miglioramento notevole della qualità professionale di chi, amministrando e gestendo di fatto le risorse dell'ente, doveva assicurare da un lato la creazione di sviluppo per il territorio e dall'altro il mantenimento dell'equilibrio di bilancio (con o senza indebitamento).
Possiamo affermare che tutto questo non è avvenuto nel Mezzogiorno, salvo casi di particolare eccellenza che sono particolarmente visibili data l'elevata dimensione e pubblicità che viene data a operazioni finanziarie concluse per lo più da Comuni capoluogo. I dati della ricerca hanno, infatti, mostrato che è ancora forte il ricorso al mutuo tradizionale ed è ancora basso il ricorso agli strumenti di finanza più innovativi e complessi. Ed è inoltre significativo il peso dei trasferimenti erariali diretti verso il Mezzogiorno; il Sud assorbe il 42,3% del totale, il doppio rispetto alle altre zone. Occorre ancora lavorare molto.
Direttore Associazione SRM
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