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  Dicembre 2012

Articoli n?04
MAGGIO 2012
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Dalla parte dei lavoratori… ma anche delle IMPRESE!

Licenziamenti: le possibili novitÀ sulla celeritÀ dei PROCESSI

In DIFESA della Riforma

La Riforma degli AMMORTIZZATORI SOCIALI

LA VENDITA PORTA A PORTA e i dubbi (aperti) della Riforma


La Riforma degli AMMORTIZZATORI SOCIALI

Entra in gioco l'ASPI, anche per gli apprendisti

Giuseppe Baselice,
Relazioni Industriali Confindustria Salerno g.baselice@confindustria.sa.it - 089.200829

Il tema degli ammortizzatori sociali è un argomento, purtroppo, sempre più spesso all'ordine del giorno a causa del momento decisamente poco brillante che sta attraversando il nostro sistema economico‑produttivo.
Lungo questo contributo editoriale, illustreremo il quadro normativo attuale del sistema raffrontandolo con quanto disegnato dalla riforma del lavoro in corso. Innanzitutto, all'interno della famiglia degli ammortizzatori sociali, è necessario distinguere tra quelli che forniscono tutele ai dipendenti in costanza di rapporto di lavoro e quelli che tutelano quanti hanno, invece, perso l'occupazione.
In particolare tra i primi annoveriamo la Cassa Integrazione Guadagni (Ordinaria, Straordinaria o in Deroga) e i Contratti di Solidarietà che prevedono integrazioni al reddito dei lavoratori per i periodi di sospensione dell'attività produttiva causata da momenti di crisi, mentre tra i secondi rientrano i sussidi erogati a seguito della perdita del posto di lavoro quali l'indennità di disoccupazione e l'indennità di mobilità.
Partendo dagli ammortizzatori "conservativi", le Aziende industriali possono ricorrere alla Cassa Integrazione Ordinaria per i propri dipendenti quando sono interessate da eventi improvvisi e temporanei come l'interruzione della fornitura di energia elettrica, la carenza di materie prime o per fronteggiare diminuzioni di commesse.
Ogni intervento può essere richiesto per un periodo massimo di 13 settimane, prorogabili per 52 settimane nell'arco di un biennio. Ove la situazione aziendale assuma una maggiore criticità attestata dall'andamento involutivo degli ultimi due bilanci e l'organico in forza sia superiore ai 15 dipendenti si può ricorrere alla Cassa Integrazione Straordinaria per crisi aziendale per una durata massima di dodici mesi.
Quando invece l'impresa ha intenzione di effettuare un programma di investimenti di una certa rilevanza esiste la possibilità di ricorrere alla Cassa Integrazione Straordinaria per riorganizzazione/ristrutturazione per un periodo massimo di 24 mesi. Tutti gli strumenti di integrazione salariale appena descritti si fondano sul comune presupposto che l'attività produttiva venga ripresa al termine dell'intervento, mentre, nel caso in cui l'Impresa si trovi nella condizione di dover dismettere l'attività produttiva o una parte di essa, la normativa attuale prevede la possibilità di ricorrere alla Cassa Straordinaria per cessazione di attività o per procedura concorsuale per evitare almeno in prima istanza il licenziamento dei lavoratori. La riforma in discussione intende eliminare a decorrere dal 2014 i casi in cui la CIGS copre esigenze non connesse alla conservazione del posto di lavoro cancellando quindi la causale per procedura concorsuale con cessazione di attività (art. 3 L.223/91).
Se anche potessimo condividere in astratto la ratio che la Cassa Integrazione debba essere intesa solo quale strumento per la continuazione delle attività, è bene sottolineare che la Cassa per cessazione attività pone quale requisito essenziale il piano di gestione degli esuberi, che si concretizza nell'impegno dell'Imprenditore che cessa l'attività di ricollocare una parte dei propri dipendenti o comunque favorirne la ricollocazione.
Così come nel caso delle procedure concorsuali, l'Organo giudiziale può usufruire del periodo di integrazione salariale previsto ad hoc dalla L.223/91 per individuare soluzioni utili alla salvaguardia del complesso aziendale prima di decretare l'esubero dei lavoratori. Con l'entrata in vigore della Riforma verrà meno questa forma di tutela che, specie negli ultimi anni, ci ha aiutato a gestire diverse situazioni critiche allentando in parte l'impatto sociale dovuto ai casi di chiusure aziendali. Quando ad essere interessata da situazioni di crisi è un'azienda che non ha i requisiti per accedere ai trattamenti previsti dalla legislazione ordinaria visti sopra (perché non appartenente al settore industriale o per mancanza del numero dei dipendenti, ecc.) o i lavoratori appartengono ad una categoria esclusa (es: apprendisti) l'unico ammortizzatore possibile è la Cassa Integrazione in Deroga, strumento che, diversamente dai primi, viene gestito dalle Regioni e nei limiti di un tetto di spesa, raggiunto il quale, viene meno la possibilità di accedervi. Sulla base di questo attuale quadro normativo, il Governo si è posto l'obiettivo di estendere le tutele in costanza di rapporto di lavoro anche ai settori oggi non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale straordinaria attraverso l'istituzione presso l'INPS di fondi di solidarietà sulla base di accordi collettivi stipulati dalle Organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Vengono intanto portate a regime le estensioni dell'ambito della Cassa Integrazione Straordinaria per le imprese del Commercio tra i 50 e i 200 dipendenti, le agenzie di viaggio sopra i 50 e le imprese di vigilanza sopra i 15, confermando anche l'applicazione della normativa CIGS ai settori del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali. La Riforma non ha interessato l'Istituto del Contratto di solidarietà (CdS), ex L. 863/1984, concepito quale strumento teso ad evitare riduzioni di personale attraverso una riduzione dell'orario di lavoro. In pratica, l'esubero di personale (quantificato in ore) viene gestito attraverso una corrispondente riduzione di orario per tutti i lavoratori (o una parte di essi) parametrata su base giornaliera, settimanale o mensile.
Il trattamento può essere richiesto per una durata massima di 24 mesi, previa stipulazione di un accordo aziendale con le rappresentanze sindacali.
Tale istituto si applica alle Aziende rientrati nel campo di applicazione della CIGS; per quelle escluse è previsto una forma di CdS in deroga che prevede in luogo dell'integrazione salariale, un contributo pari alla metà del monte retributivo non erogato a seguito di riduzione orario. Il quadro normativo risulta pertanto abbastanza ampio e articolato, per cui le imprese possono modulare gli interventi in relazione alla specifica necessità da affrontare. Volendo considerare il campione delle aziende iscritte a Confindustria Salerno possiamo analizzare le dinamiche del ricorso agli ammortizzatori sociali come termometro dell'andamento economico.
In effetti, come si legge anche sulla stampa specializzata, si registra un aumento abbastanza consistente delle richieste di Cassa Integrazione Ordinaria nei primi tre mesi dell'anno in misura pressoché raddoppiata rispetto ad analogo periodo dell'anno scorso in termini di aziende che vi hanno fatto ricorso e di dipendenti interessati, sottolineando al contempo che il fenomeno è in linea con i numeri registrati nei primi tre mesi del 2010. Si evince, inoltre, che aumenta il ricorso alla CIGO da parte delle aziende di minori dimensioni; infatti mettendo a raffronto il numero di aziende che hanno richiesto l'intervento con la forza lavoro totale espressa dalle stesse abbiamo un numero medio di dipendenti per azienda che è passato da 38,65 di gennaio 2010 a 32,56 di gennaio 2011, per scendere a 28,07 al primo mese di quest'anno.
Sostanzialmente stabili le richieste di CIG Straordinaria e di Casse in deroga. Si conferma quindi un panorama a tinte fosche che viene a manifestarsi a cascata sull'utilizzo degli ammortizzatori sociali, utili, nel caso degli strumenti "conservativi" ad evitare la risoluzione dei rapporti di lavoro. Fin quando sarà possibile. Un altro pilastro della riforma riguarda le tutele che vengono assicurate ai lavoratori che perdono il posto di lavoro. Attualmente il sistema si basa sull'indennità di disoccupazione e su quella di mobilità, la prima concessa ai lavoratori che si trovino ad essere involontariamente disoccupati dopo un dato periodo di lavoro a prescindere dalle dimensioni aziendali e la seconda erogata ai dipendenti che sono stati collocati in mobilità a seguito di una procedura di licenziamento collettivo da aziende che occupino almeno 15 unità.
I suddetti trattamenti, unitamente all'indennità di disoccupazione con requisiti ridotti e all'indennità di disoccupazione speciale edile, nelle intenzioni della riforma, saranno sostituiti dall'Assicurazione Sociale per l'Impiego o ASPI. La nuova assicurazione estende l'ambito di applicazione anche agli apprendisti sino ad oggi esclusi, prevedendo dei requisiti analoghi a quelli che oggi consentono l'accesso all'in‑dennità di disoccupazione ordinaria: 2 anni di anzianità assicurativa e almeno 52 settimane nell'ultimo biennio.
La durata massima del nuovo trattamento, a partire dal 2016 sarà 12 mesi per i lavoratori con meno di 55 anni e 18 per quelli con età superiore. L'indennità di disoccupazione viene oggi erogata per un periodo massimo di 8 mesi per i soggetti con meno di 50 anni e 12 mesi per gli over 50. Dal 2013 alla piena entrata in vigore nel 2016 nei termini di cui sopra è stato previsto un regime transitorio con durata crescente.



Per quanto concerne poi l'indennità di mobilità, anch'essa sostituita dall'ASPI, viene previsto un regime transitorio, in questo caso decrescente che parte dalle attuali durate (per il Centro Sud) di 24 mesi per i soggetti di età inferiore a 40 anni, 36 mesi tra 40 e 49 anni, 48 mesi da 50 anni in poi per arrivare appunto al regime definitivo di durata nel 2017.



La riforma, a regime, produrrà comunque un considerevole taglio della durata dell'indennità di mobilità, che viene sempre giustificato in nome del contenimento della spesa pubblica fermo restando la necessità di interrogarci su quali effetti produrrà il taglio sulla possibilità che oggi hanno le Aziende di ammortizzare i riflessi dei licenziamenti sui lavoratori.
Sempre in riferimento al campione delle nostre aziende associate, nel 2011 abbiamo attivato 20 procedure di mobilità, delle quali 15 sono state concluse con accordo in fase sindacale mentre per le ulteriori 5 l'Accordo è stato individuato in sede di Giunta Regionale.
Sommando gli esuberi iniziali, il dato di partenza cumulato è pari a 370 unità che, a seguito di trattative con le Organizzazioni sindacali, siamo riusciti a contenere in una sommatoria di esuberi definitivi pari a 274. Per una parte di queste sono stati attivati ammortizzatori sociali meno traumatici quali i contratti di solidarietà e/o le Casse Integrazioni, per alcune procedure sono stati individuati dei criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità meno destabilizzanti come la maturazione dei requisiti pensionistici in costanza di trattamento di mobilità.
Ora, questa possibilità è chiaramente inversamente proporzionale all'allungamento dei requisiti pensionistici e alla riduzione del periodo di mobilità, riflettendosi quindi (in negativo) sulla possibilità di poter gestire le necessità di riduzione di personale con criteri che attutiscano almeno in parte l'impatto sociale.

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