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Il difficile equilibrio tra i diritti di chi offre e chi domanda lavoro
Alessandro Sacrestano,
Amministratore Unico Assindustria Salerno Service srl a.sacrestano@costozero.it
Il 20 maggio 1999 e il 19 marzo 2002 sono due date che potrebbero dire poco ad un lettore disattento;
eppure segnano rispettivamente le date degli assassinii di Massimo D'Antona e Marco Biagi, entrambi consulenti seppure in momenti diversi del Ministero del Lavoro.
Basterebbe solo pensare a questo, e cioè che gli ultimi due interventi di sangue, in ordine cronologico, registrati nel nostro Paese e ascrivibili alle Brigate Rosse, riguardano due studiosi che si erano concentrati sulla riforma del mercato del lavoro per comprendere come in Italia trovare il giusto equilibrio fra i diritti dei lavoratori e quelli delle imprese non è per nulla materia semplice.
E questo non solo sotto il profilo tecnico, ma soprattutto sotto quello sociale e politico: quella del mercato del lavoro è una riforma che ingloba tutte le contraddizioni e i contrasti più reconditi che la nostra società si porta dietro ormai dalla notte dei tempi e che, ahimè, affliggono tanti altri campi oltre quello del lavoro. Scrivere su un giornale espressione di Confindustria impone che il problema senza troppe dietrologie sia analizzato con un occhio attento non solo alle ragioni dei lavoratori (che pure restano quelle prevalenti, per le evidenti ripercussioni sociali), ma anche a quello delle imprese.
Facciamo un esempio. La ABC Srl produce bulloni, e ne produce 1.000.000 al giorno, impiegando 16 dipendenti (i dati sono di pura fantasia). A metà mese, il direttore commerciale riceve una telefonata da un importatore estero: un competitor situato in Montenegro fornisce i bulloni ad un prezzo sensibilmente inferiore! Gli anni di relazione commerciale e la qualità del prodotto non possono essere trascurati, ma se il prezzo dei bulloni non scende la commessa passa al montenegrino! Dopo qualche giorno il direttore della produzione riceve una telefonata dal fornitore di metallo cinese: le oscillazioni del dollaro e il lievitare di tutti i costi di produzione impongono un incremento nel prezzo di acquisto delle materie prime; il rapporto di dipendenza dal fornitore è talmente forte che non è possibile ribellarsi e, del resto, altri fornitori praticherebbero un prezzo uguale se non maggiore.
A fine mese l'amministratore riceve sulla scrivania il totale degli ordini per la produzione per i mesi seguenti: la domanda si è ridotta di oltre il 30% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Il mercato è in crisi. A fine giornata chiama il direttore della banca: il 20% delle Ri.Ba. sono andate insolute per l'ennesima volta; il rating dell'impresa è crollato, e la banca chiede il rientro graduale dei fidi. C'è ancora tempo per la telefonata del commercialista: lo studio di settore ha evidenziato che con i ricavi dichiarati l'ammontare della spesa per il personale segnala una grave anomalia (lui la chiama "incoerenza") per effetto della quale si è obbligati a dichiarare anche senza averlo realizzato un 20% di fatturato in più (pagando IVA e tributi su importi mai incassati), altrimenti l'accertamento delle entrate è quasi sicuro. Da qualche mese poi, il direttore del personale ha messo sulla scrivania una relazione in cui il personale dipendente ha evidenziato che, con uno salario medio di circa 1.200 euro al mese, non si riesce più ad andare avanti; affianco ha sistemato lo studio richiesto al consulente del lavoro: per garantire 1.200 euro nette ai dipendenti l'impresa ne spende più di 2.400! La ABC Srl è un'impresa seria, certificata e non ha mai evaso le imposte. Il quadro della situazione è quello descritto, e l'impresa avrebbe bisogno di ridurre la forza lavoro (tutta assunta con contratto di lavoro a tempo indeterminato).
Forse è solo un periodo momentaneo, e in futuro, forse, tutta la forza lavoro potrebbe rientrare al suo posto. Tradotto in termini tecnici, la ABC Srl avrebbe bisogno di maggiore flessibilità per la risorsa lavoro! Quando sui libri di scuola si legge che il lavoro è un "fattore produttivo" bisognerebbe spiegare che, a differenza delle "materie prime", tale fattore non può essere aumentato o diminuito a secondo delle necessità, perché dietro quel "fattore" ci sono famiglie e storie individuali; ma anche dietro ad un imprenditore ci sono famiglie e storie individuali: le sue, ma anche quelle di quanti gravitano attorno alla sua impresa, e di cui porta tutta la responsabilità sulle spalle! É questa considerazione che impone necessariamente di riformare il mercato del lavoro, atteso che l'attuale conformazione non è più coerente con l'impostazione globale della nostra economia. Ma non si andrà da nessuna parte se le ragioni delle imprese non avranno un peso altrettanto importante come quelle dei lavoratori. |