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  Dicembre 2012

Articoli n?04
MAGGIO 2012
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Riforma del lavoro: «Efficacia a rischio per le troppe MODIFICHE»

Tavella: «BASTA con il SUPERMERCATO dei contratti»

Lavoro, LUCCI: «Agenda Napoli e Contratto Campania per RIPARTIRE»

«ESODATI, un dramma trascurato»

La RIFORMA dell'art. 18 dello Statuto dei LAVORATORI

Dalla parte dei lavoratori… ma anche delle IMPRESE!

Licenziamenti: le possibili novitÀ sulla celeritÀ dei PROCESSI

In DIFESA della Riforma

La Riforma degli AMMORTIZZATORI SOCIALI

LA VENDITA PORTA A PORTA e i dubbi (aperti) della Riforma


«ESODATI, un dramma trascurato»

Non solo con la riforma delle pensioni 20 miliardi di euro sono passati dai pensionandi e pensionati alle casse dello Stato, senza alcun beneficio sociale, ma allo stesso tempo il "danno" è stato seguito dalla beffa, crudelissima, per centinaia di migliaia di lavoratori che, con accordi aziendali, hanno lasciato prima il posto di lavoro e adesso sono né lavoratori, né pensionati

di Raffaella Venerando


Anna Rea
Segretario Generale UIL Campania

Segretario, partiamo da un suo commento di massima sulla riforma del mercato del lavoro. Favorevole o contrario e perché innanzitutto?
La riforma del mercato del lavoro era più che mai necessaria e la crisi economica e finanziaria ha accelerato i tempi di questa necessità, mettendo in evidenza i limiti e i nodi strutturali di strumenti oramai desueti e non più in grado di rispondere ad un mercato del lavoro globale e fortemente concorrenziale. Ma se da un lato il cambiamento non era più rinviabile, dall'altro l'attuale riforma del mercato del lavoro da sola non riuscirà a dare le adeguate risposte a quella sete di occupazione e crescita che ha il nostro Paese.
É vero, ci sono delle novità importanti, come quelle che riguardano la battaglia alla cosiddetta "cattiva flessibilità", ma ci sono drammi che vanno affrontati urgentemente. Penso, prima di tutto, a quello degli esodati, per i quali abbiamo già manifestato, Uil, Cgil e Cisl insieme, il 27 marzo scorso, e per i quali non ci arrenderemo. É un dramma che avevamo preannunciato al Governo, ma siamo stati inascoltati.
Non solo con la riforma delle pensioni 20 miliardi di euro sono passati dai pensionandi e pensionati alle casse dello Stato, senza alcun beneficio sociale, ma allo stesso tempo il "danno" è stato seguito dalla beffa, crudelissima, per centinaia di migliaia di lavoratori (e non si tratta solo dei 65mila di quest'anno, perchè bisogna tener conto anche degli esodati che verranno) che, con accordi aziendali, hanno lasciato prima il posto di lavoro e adesso si trovano in un limbo terribile e non sono né lavoratori, né pensionati.
E quando il Ministro Fornero afferma che gli esodati potrebbero occupare nuovamente i posti di lavoro, abbiamo la conferma che non si conosca la realtà che si sta affrontando.

Ritiene che la trattativa sul mercato del lavoro sia stata condotta più dai partiti che non dai sindacati? É così?
Il metodo di sicuro non è quello di un tempo, lo ha mostrato chiaramente il Governo "tecnico" di Monti che, sia per l'importante decisione presa sulle pensioni che per la riforma del mercato del lavoro, è andato avanti senza la storica contrattazione con le parti sociali, portando tutto in Parlamento, senza accordi.
I partiti, credo, si siano dovuti "adeguare". D'altronde questo Governo non è stato eletto dal popolo e, seppure è sostenuto da una maggioranza, questa la si potrebbe definire una "maggioranza" di necessità e di responsabilità di fronte ad una crisi che incalza e a un debito difficile da risanare. Ma sia i partiti che il sindacato sono riferimenti importanti per i cittadini elettori e i lavoratori; sono da revisionare le strategie, i ruoli, gli obiettivi e la forza concreta di entrambi i soggetti, soprattutto di fronte ad una società in continuo cambiamento.
La UIL è già sulla strada del cambiamento, lo abbiamo dimostrato in diversi momenti, rinnovandoci in posizioni moderne e riformiste. E sono convinta, cosi come sta dimostrando anche l'Europa, che modificare parti significative che regolano il rapporto di lavoro senza una reale partecipazione delle parti è limitativo, oltre, al fatto, che allunga i tempi per una soluzione adeguata. Credo che avremmo avuto risultati diversi se in Parlamento le riforme approvate fossero state condivise e partecipate.

Più nel dettaglio: la soddisfa l'ultima versione della riforma sull'articolo 18? Le basta il ripristino del reintegro nel caso di licenziamenti economici con giustificazioni insussistenti?

Innanzitutto credo che sull'art. 18 si stia esasperando e ideologizzando una vicenda che realisticamente coinvolge poche imprese e soprattutto bisogna sottolineare che il vero problema in Italia è quello della giustizia e dei suoi tempi. É importante quello che siamo riusciti ad ottenere sull'art. 18 e particolarmente sui licenziamenti di tipo economico, perché quanto proposto nella prima versione era davvero inaccettabile e avrebbe messo in una condizione di ulteriore inferiorità e debolezza il lavoratore. Con questa modifica, invece, lasciando al giudice la decisione di stabilire o meno la legittimità e la regolarità del licenziamento per motivi economici, si dà anche al lavoratore il diritto di dimostrare e perorare la propria verità.

Capitolo precariato: la risposta contenuta nella riforma è quella giusta o si poteva fare altro e di più?

Senza dubbio, uno dei provvedimenti che giudichiamo con favore all'interno della riforma del lavoro è quello che riguarda la flessibilità. In un mercato del lavoro globale e competitivo come quello in cui i nostri giovani lavoratori si misurano ogni giorno, la flessibilità è diventata una normalità. Ma non è questo che ci preoccupa, quanto piuttosto un cattivo utilizzo della flessibilità, sovente trasformata in eterna precarietà, senza tutele e senza i più elementari diritti. I casi più eclatanti, ad esempio, si sono avuti con le false partite IVA, con il lavoro autonomo, con i falsi contratti di collaborazione a progetto: un bacino di precarietà che con le nuove norme dovrebbe essere prosciugato. Una nostra forte contrarietà la esprimiamo, invece, verso l'utilizzo dei voucher in agricoltura, una scelta opposta alla lotta alla precarietà, che anzi la enfatizza, aumentando di fatto forme di ricatto. Va nella direzione giusta l'apprendistato e il contratto di inserimento come nuove formule contrattuali d'ingresso nel mondo del lavoro, spianando di fatto la strada verso contratti a tempo indeterminato, che dovrebbero diventare la scelta preminente e rassicurante per i giovani e le donne.

Ammortizzatori sociali: cosa comporteranno i tagli previsti?
Quella degli ammortizzatori sociali rappresenta la nota dolente soprattutto se rapportata alla grave crisi che stiamo vivendo. Sostituendo l'attuale CIGS, e ancor di più lo strumento della mobilità, con l'Aspi non sosteniamo i lavoratori in questo momento drammatico. Il pericolo a mio avviso è che saranno molte le imprese a non trovare uno sbocco con accordi condivisi alle proprie crisi aziendali e con esse molti lavoratori. Mi auguro che su questo si ragioni meglio e si trovino risposte più adeguate alle esigenze di imprese e lavoratori.

La riforma così com'è sarebbe capace di produrre effetti sulla crescita del Paese?
Assolutamente no! Ed è proprio questo il limite più stridente di questo Governo.
Non si può pensare che la riforma del lavoro da sola possa incentivare la crescita e lo sviluppo. Se guardiamo bene tutti i dati del Paese Italia, dal PIL alla disoccupazione, dai consumi all'aumento delle tasse, ci ritroviamo di fronte ad una Nazione in depressione dove non si lavora, non si consuma e si pagano tributi altissimi. Si pensi all'effetto che ha avuto sulle buste paga di marzo l'aumento dell'Irpef; agli effetti che avrà l'IMU; alle conseguenze dell'aumento dell'Iva e della accisa sulla benzina.
Si sta intaccando la quotidianità delle persone in tutti i suoi aspetti, si precarizza il presente e si negano, così, prospettive per il futuro. Il Governo non può andare avanti solo con la linea dell'austerità: sono necessarie azioni di contrasto agli effetti recessivi delle politiche economiche attuate e, in questa direzione, urge mettere mano ad una riforma fiscale che riequilibri il carico della tassazione.
Ma non solo, sui nostri territori penso alla Campania, come al resto del Mezzogiorno la crisi internazionale si è aggiunta ad una crisi preesistente strutturale che adesso vede tante, troppe vertenze aperte. Il Governo Monti non può utilizzare solo soluzioni "tecniche" per dare una risposta adeguata al Paese e, seppur abbiamo apprezzato la sua visita a Napoli, questa non basta se non si portano sul tavolo nazionale la crescita e lo sviluppo del Mezzogiorno.

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