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  Dicembre 2012

Articoli n?04
MAGGIO 2012
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CIBO ed energia/2

PELLE e SOLE


CIBO ed energia/2

Interrogativi e soluzioni sul problema della carne e l'inefficienza delle fattorie

di Giuseppe Fatati Presidente Fondazione Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica

La domanda ricorrente è se mangiare carne fa male all'ambiente anche quando il suo consumo è quantitativamente accettabile. La FAO sostiene che il 18% delle emissioni di CO sono dovute alla produzione e al consumo della carne e la Union of Concerned Scientist dice che i metodi attuali di allevamento contribuiscono a rendere meno effettivi gli antibiotici e alla diffusione di influenze animali.
Eppure c'è chi afferma che mangiare carne non è detto che faccia male al pianeta, anzi. A lanciare la provocazione è l'ecologista Simon Fairlie, caporedattore della rivista inglese The Ecologist ed ex vegetariano. Non ha toccato carne dai 18 ai 24 anni, poi ha cominciato ad allevare capre; ma dei maschi non sapeva che farne visto che non producevano latte e non facevano figli e per questo motivo ha cominciato a mangiarli. Sostiene che ogni sistema agricolo produce un surplus di scarti e biomassa difficilmente riutilizzabile che potrebbe essere riutilizzato per alimentare il bestiame. Nell'ottica di Fairlie, una persona che consuma carne in modo critico sarebbe più ecosostenibile di un vegetariano, o addirittura di un vegano. Tuttavia, è d'accordo che il sistema industriale di produzione della carne è inefficiente: gli scienziati hanno calcolato che il rapporto tra le calorie utilizzate per nutrire gli allevamenti e il prodotto finale è di circa 5 a 1.
É vero, secondo Fairle, se dai da mangiare agli animali solo cibo con cui potrebbe nutrirsi anche l'uomo. Ma gli animali mangiano anche cibo che noi non potremmo mangiare, ad esempio l'erba.
In questo caso il rapporto diventa di 1,4 a 1. Fairlie fornisce anche indicazioni precise sui tipi di carne che è bene consumare per diventare un buon onnivoro ecologista: sì a quella di maiale, perché questi animali consumano rifiuti di ogni tipo, e sì anche alla carne di mucca, a patto che sia stata allevata nei prati.
Il maiale era e rimane, dunque, un animale gastronomico che ha indirizzato l'uomo nella ricerca dei funghi sicuri, i migliori dei quali detti per questo porcini, e dei preziosi tartufi, generati dal fulmine di Giove. Ora diviene anche un animale ecologico e di supporto alla ecosostenibilità alimentare.
Ma secondo il presidente dell'Associazione Vegetariani Italiani, Carmen Somaschi, il discorso del giornalista di Ecologist parte da un presupposto sbagliato: «Quella di diventare vegetariani è una scelta etica spiega e quindi o la si accetta in toto o niente.
Anche mangiare carne solo due volte a settimana danneggia il pianeta, perché finché ci sarà chi la consuma ci saranno gli allevamenti. Non tutti sono comunque d'accordo; secondo uno studio condotto dall'istituto di ricerca finlandese Mtt e dall'Università di Helsinki anche se tutti rinunciassimo alla carne e mangiassimo solo prodotti della terra questo non cambierebbe di molto le sorti del pianeta; se tutta la popolazione mondiale si convertisse al veganesimo infatti le emissioni di gas serra diminuirebbero solo del 7%. Stando alla conclusione della ricerca, la coltivazione del suolo è la fonte principale di emissioni inquinanti nell'atmosfera e questo a prescindere che le terre siano destinate alla produzione di ortaggi, cereali per il consumo diretto dell'uomo piuttosto che per rifornire di foraggio gli animali.
Come vedete i pareri non sono univoci. La sostenibilità del sistema si deve basare sull'equazione: più cibo con meno energia. É possibile implementare la produzione alimentare riducendo l'energia necessaria ai diversi processi e conseguentemente l'emissione di gas serra solamente se riusciremo a modificare le tecniche agricole, le politiche, i comportamenti delle persone e la tolleranza degli scienziati. L'inefficienza del processo alimentare sembra non ulteriormente sostenibile».
(Sul prossimo numero si continuerà l'approfondimento, ndr)

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