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É necessario un nuovo patto sociale in grado di dare una prospettiva di crescita e di fiducia tra i lavoratori, le imprese e le forze sociali
di Raffaella Venerando
Lina Lucci
Segretario Generale CISL Campania
Segretario, partiamo da un suo commento di massima sulla
riforma del mercato del lavoro. Favorevole o contrario e perché innanzitutto?
Che il mercato del lavoro andasse profondamente ridisegnato era un'esigenza evidente e un'operazione indispensabile per dare una migliore prospettiva di competitività, di produttività e di crescita dell'economia e dell'occupazione.
Per quanto riguarda i contenuti del disegno di legge si è raggiunta una mediazione ragionevole, che poi qualcuno ha voluto rimettere in discussione.
La Cisl, auspicando che il Parlamento sappia valorizzare i risultati ottenuti nel confronto con le parti sociali e trovare sintesi condivise per possibili miglioramenti, continuerà nelle prossime settimane la propria iniziativa sindacale per sollecitare politiche per la crescita e una riforma fiscale che riduca la tassazione sui lavoratori e pensionati.
Veniamo ad un commento di metodo: ritiene che la trattativa sul mercato del lavoro sia stata condotta più dai partiti che non dai sindacati? È così?
Nella trattativa sulla riforma del mercato del lavoro ha preso il sopravvento una contestazione che di sociale non ha nulla, ma che, invece, è invischiata in una battaglia tutta politica. Da un lato, infatti, c'è il Presidente Monti che vuole dare una risposta ai mercati in attesa di un segnale che li rassicuri sulla fine dei poteri di veto del sindacato. Dall'altro, c'è la Cgil che deve convivere con la Fiom. E poi ci sono i partiti che pensano agli interessi di bottega. Dall'articolo 18 dipende, infatti, la corrente che prenderà il sopravvento nel Pd e che guiderà il partito. Prevarranno gli estremisti, i moderati o i riformatori? In questo contesto la Cisl ha mantenuto sempre la stessa posizione e, da sindacato responsabile e moderno quale è, invece di alzare inutili barricate è rimasto seduto al tavolo della trattativa discutendo punto per punto la riforma. Questo ci ha permesso di portare a casa risultati importanti.
Più nel dettaglio: la soddisfa l'ultima versione della riforma sull'articolo 18? Le basta il ripristino del reintegro nel caso di licenziamenti economici con giustificazioni "insussistenti"?
Nelle intenzioni originarie si voleva abolire in toto l'articolo 18 e il confronto con le parti sociali non era per niente scontato; si rischiava di non toccare palla così come avvenuto per le pensioni. Invece, l'articolo 18 non è stato abolito, al contrario esteso in tutte le sue forme, da quella discriminatoria a quella disciplinare, così come chiesto e ottenuto dalla Cisl.
Che il giudice possa predisporre il reintegro nel caso in cui accerti la «manifesta insussistenza» del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo economico è una soluzione ragionevole che lascia poco spazio ad altre polemiche. Inoltre, non dobbiamo sottovalutare il risultato delle 27 mensilità.
Oggi si contano appena un migliaio di reintegri (su circa 23 milioni di lavoratori) e quando il giudice riconosce l'indennizzo si tratta mediamente di 3/5 mensilità. Il nuovo meccanismo, invece, ci consente di spingere per ottenere il massimo, che in termini economici non è per niente poco.
Capitolo precariato: la risposta contenuta nella riforma è quella giusta o si poteva fare altro e di più?
In Italia la flessibilità non è stata gestita, ed è diventata spesso precarietà, o flessibilità "malata". La riforma contrasta le forme finora abusate in ingresso come le partite iva, le associazioni in compartecipazione, i cocopro, le ditte individuali che, come richiesto dalla Cisl, dovranno costare di più. In questo modo l'azienda non avrà alcun vantaggio a sfruttarli in modo distorto. Inoltre, si riconosce l'apprendistato come forma di contratto prevalente per l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
É quello che abbiamo chiesto sin dall'inizio. Azzera il peso degli oneri contributivi a carico delle imprese e qualifica il lavoratore, che resta in azienda per 3 anni, terminati i quali viene assunto a tempo indeterminato, pena la restituzione, da parte dell'azienda, di ogni beneficio ottenuto ed il pagamento di sanzioni pecuniarie. La Campania ha riconosciuto in maniera tempestiva l'importanza dell'apprendistato e ha riformulato la normativa vigente cercando di rispondere a specifiche esigenze territoriali.
Ad esempio la deroga al limite di 29 anni con la possibilità di stipulare contratti di apprendistato fino a 32 anni risponde alle dinamiche della regione, dove ci sono molto giovani che pur avendo superato il 29esimo anno di età non hanno un lavoro stabile.
Ammortizzatori sociali: cosa comporteranno i tagli previsti?
In questo momento della riforma previdenziale così ruvida, che ha portato a un innalzamento drastico dell'età pensionabile, comporterebbe un grave danno sociale privare il sistema della protezione della "terza gamba" degli ammortizzatori sociali, che viene utilizzata quando le aziende sono fallite. In quel caso è importante perché dà alle persone il sostegno necessario per sopravvivere e ripredisporsi per trovare un altro lavoro.
É anche vero che spesso aziende e sindacati credono che gli ammortizzatori sociali risolvano il problema. In realtà si alimenta un sistema a danno dei lavoratori, per i quali senza un'azione reale di accompagnamento alla formazione, la ricollocazione nel mercato del lavoro è impossibile.
In questo senso la riforma rafforza le politiche attive mediante l'attivazione dei soggetti precettori degli ammortizzatori sociali e la formazione, valutando anche i fabbisogni delle imprese e puntando alla ricollocazione, anche con la collaborazione delle Agenzie per il Lavoro.
Ma la riforma così com'è sarebbe capace di produrre effetti sulla crescita del Paese? Non crede che
possa dare una scossa all'occupazione e agli investimenti?
La riforma rappresenta un passo in avanti significativo per il nostro sistema produttivo, per la capacità di competere e adattarsi alle dinamiche internazionali. Allo stesso modo una singola riforma non può essere risolutiva in termini di crescita e occupazione di un Paese.
Occorre una continuità d'azione, che richiede uno scatto di orgoglio e di responsabilità della classe dirigente e politica.
É necessario un nuovo patto sociale in grado di dare una prospettiva di crescita e di fiducia tra i lavoratori, le imprese e le forze sociali. Il Contratto Campania, ad esempio, è un modello di responsabilità vincente, che, se opportunamente declinato nei territori, con il supporto dei presidenti di Provincia e dei sindaci può rimettere in moto misure per l'occupazione.
Si possono diluire i pagamenti di tasse e tariffe locali per le imprese che si insediano, prevedere un percorso che permetta di avviare nuove attività in 30 giorni complessivi, prevedendo che le assunzioni avvengano con il contratto di apprendistato.
Contestualmente sarebbe opportuno recuperare l'approccio dell'Agenda di Lisbona rimodulando gli obiettivi e le strategie da mettere a punto su vari fronti, a cominciare dal mercato del lavoro. Una "Agenda Napoli", che, tenendo conto del punto di partenza e delle differenze dei singoli territori, individui obiettivi ambiziosi, ma raggiungibili. |