Presentato il libro
“La mafia Pulita”, un inno alla legalitÀ e alla trasparenza
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di Filomena Labruna
Presentato il libro
“La mafia Pulita”, un inno alla legalitÀ e alla trasparenza
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Il neo procuratore capo di Bari Antonio Laudati
e il presidente di Confindustria Avellino Silvio Sarno
Criminalità e legalità: evento a Confindustria Avellino in occasione della presentazione del volume “Mafia Pulita”, scritto da due autorevoli firme, Elio Veltri e Antonio Laudati. Un appuntamento che ha riunito presso la sala Umberto Agnelli di via Palatucci esponenti del mondo imprenditoriale, istituzionale, politico, religioso, della magistratura, delle professioni e delle forze dell'ordine. Al centro del dibattito, un affascinante quanto pericoloso ossimoro: la mafia del terzo millennio, quella paradossalmente definita “pulita” perchè fa affari entrando nell'economia sana, nella politica, nelle professioni e nella società, contro la quale è necessario combattere su più fronti. L'argomento ha suscitato grande interesse. Protagonisti il procuratore capo di Bari, l'irpino Antonio Laudati, ed Elio Veltri, entrambi ospiti di Silvio Sarno, presidente di Confindustria Avellino.
Un'analisi che «non fa sconti a nessuno e non gioca con l'equilibrismo delle convenienze». Ma che induce ad avere coraggio «perchè non servono le scorciatoie». É di Silvio Sarno, presidente di Confindustria Avellino, il primo apprezzamento per il volume a quattro mani presentato venerdì 18 settembre presso la sede di via Palatucci. Una sfida contro la quale le armi da sfoderare sono quelle che passano «per un corretto rapporto tra etica ed economia» e soprattutto «per una visione della società che premi i migliori». Una valutazione, quella di Sarno, che trova subito il consenso degli autori: il neo procuratore capo di Bari, l'irpino Antonio Laudati, e il medico-scrittore Elio Veltri. Anche perchè il nemico è di quelli più pericolosi, come ribadisce proprio Veltri: «Si tratta di una delinquenza che si muove con disinvoltura e fa cassa da capogiro». In cifre, si parla di circa 420 miliardi di euro, un quarto del Pil. «E l'Irpinia - sottolinea il vice presidente della locale Confindustria Pino Bruno - non è indenne al fenomeno. Occorre l'impegno di tutti per arginarlo». Il ruolo dell'imprenditore è quanto mai fondamentale in questo scenario. «Noi irpini - continua Bruno - ci distinguiamo per un grande senso di responsabilità e sensibilità verso queste tematiche, come testimonia questa iniziativa lodevole, dal contenuto profondo». Sabino Basso, presidente della Piccola Industria, ribadisce che ad Avellino la classe imprenditoriale è sana, ma occorre comunque non abbassare la guardia. E il generale della Guardia di Finanza Saverio Capolupo (anch’egli irpino) ammonisce: «Attenti, bisogna leggere il libro con la giusta criticità dei comportamenti descritti, convincendoci che, pur essendo forte, alla fine la mafia non può vincere». Un dibattito interessante e vivace moderato dal giornalista Rai Gigi Marzullo. Per il generale delle Fiamme Gialle il testo lancia un significativo messaggio destinato all'intera collettività: «La mafia deve combatterla anche il cittadino-consumatore. Per questo occorre un ruolo attivo da parte della cittadinanza. In sostanza ci troviamo di fronte ad un richiamo collettivo alla legalità». Anche i giovani industriali hanno colto il valore del confronto. Nunzia Petrosino, a nome del consiglio direttivo dei Giovani Imprenditori, ricorda la recente sinergia Confindustria-Carabinieri per la presentazione del vademecum sulla sicurezza dell'ente di via Palatucci. «Ci uniamo all'impegno di oggi - dichiara la giovane imprenditrice - anche perchè come imprenditori viviamo in prima persona questi problemi. La nostra ferma intenzione è quella di portare avanti un’impostazione, che le aziende meridionali non sono sinonimo di criminalità».
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Un momento della presentazione del libro
La parola a Laudati: «L’economia pulita conviene»
In una fase di crisi come quella attuale, le imprese sono le più esposte e rischiano di finire nel mirino della camorra. Il Procuratore della Repubblica di Bari, Antonio Laudati, nel presentare “Mafia pulita” lancia l’allarme e invita tutti, istituzioni, politici ed imprenditori a fare la propria parte. Una mobilitazione che deve tradursi in legalità e comportamenti responsabili, grandi o piccoli che siano. Nel suo intervento ha affermato che la “Mafia spa” è l’unica azienda a non risentire della crisi. Perché?
L'economia “nera” rappresenta attualmente il 17% della ricchezza nazionale. La Mafia spa, prima impresa del Paese per fatturato e utile produce il 7% del prodotto interno lordo. Nel solo comparto commerciale drena risorse per 92 miliardi di euro. Chiamarla economia sommersa e pensare che sia invisibile è più che una bugia. I soldi sporchi si vedono e si sentono. Meglio, si intuiscono, hanno anche un odore. Puzzano, ad esempio, dell'immondizia dell'emergenza campana e siciliana e sono spesso imbrattati dalla cocaina che scorre a fiumi con un formidabile ritorno di investimento, calcolato nel triplo del capitale investito a una settimana contro l' 1,5% a due anni, nella media delle attività legali. A differenza di qualsiasi altra attività economica non risente della crisi internazionale e dell' andamento dei mercati, anzi la grande disponibilità finanziaria di cui dispone può consentirle di aggredire nuove quote di mercato e avvantaggiarsi della crisi di liquidità e di fare nuove acquisizioni immobiliari e aziendali.
Qualche economista argomenta che del denaro ripulito in fondo non bisogna preoccuparsi: igienizzato quello, anche il mondo del capitalismo ne beneficerà nel lungo periodo. Condivide quest’impostazione?
É esattamente il contrario, quel denaro mette in crisi il sistema. Soprattutto al Sud dove le imprese vengono divise secondo il modello dell' acquiescenza, della resistenza e della connivenza. E non è solo questione di ambiente locale. Non si salvano neppure i grandi gruppi. La criminalità organizzata influenza nel Mezzogiorno l’economia di mercato in modo diretto o indiretto.
Perché ritiene che le imprese siano particolarmente esposte in questa fase?
Lo ha ben illustrato il presidente della Confindustria Silvio Sarno. In questo momento di crisi le aziende hanno bisogno di liquidità. La mafia che non ha più bisogno di uccidere, compra. Mette a disposizione i capitali. Poi si infiltra in vari modi, dall’imposizione di assunzioni di dipendenti e di fornitori all’ingresso nel capitale sociale. Utilizza a suo vantaggio il flusso di denaro sporco proveniente da attività illegali, reinvestendolo poi in economia legale. Penetra così in imprese sane, impone i propri metodi e cambia per sempre le regole del gioco. Per anni i mercati e i governi hanno tollerato che un enorme fiume di denaro sporco invadesse l’economia legale, sull’erroneo presupposto che “pecunia non olet” e nel convincimento che la ricchezza avrebbe comunque consentito lo sviluppo. Si è trattato di un errore tragico. Nessuno ha calcolato il grande potere inquinante del denaro delle mafie.
L’Irpinia sotto questo profilo è ancora un’isola felice?
Non esistono più isole felici soprattutto in una società globale come quella contemporanea. La realtà economica irpina è sana, trasparente, ma non è immune dall’invasione della mafia pulita, soprattutto in alcune zone che sono da sempre considerate a “rischio”.
Quale appello rivolge agli imprenditori?
Di non cercare scorciatoie. Mi riferisco all’evasione fiscale, al lavoro nero, ai contratti atipici. L’economia pulita conviene. La gestione corretta delle imprese e una reale collaborazione con le istituzioni e le forze dell’ordine rappresentano un investimento per il futuro. Ma la situazione è tale da imporre una seria riflessione. Ormai non siamo più di fronte ad un problema di ordine pubblico e nemmeno di ordine economico. Il bene giuridico minacciato è la stessa democrazia e quindi la libertà di ciascuno di noi. Sequestri e confische, nonostante gli sforzi, segnano percentuali ridicole rispetto alla consistenza dei patrimoni illegali. Se riuscissimo, ad esempio, a sequestrare il capitale della mafia pulita solo in Italia risolveremmo il problema della crisi finanziaria, non avremmo più il debito pubblico e rispetteremmo anche i parametrici di Maastricht.
Qual è l’unica vera strategia contro la mafia?
L’impegno di tutti. É necessaria una rivoluzione culturale. I cittadini e gli imprenditori devono acquisire la consapevolezza dei danni che la criminalità organizzata arreca alla società. É enorme il danno che viene arrecato agli imprenditori, a quei competitori onesti che affrontano il mercato secondo le regole della trasparenza e della legalità e ai cittadini che sopportano un maggiore costo in cambio di peggiori servizi e di una generale inefficienza del sistema. É importante che la rivoluzione culturale parta dalla scuole. Bisogna informare la società civile.
Alla presentazione del libro hanno preso parte numerosissimi imprenditori che hanno anche animato il dibattito. Lei stesso non si aspettava tanta partecipazione.
Ho apprezzato che Confindustria Avellino abbia presentato agli imprenditori e alle istituzioni “Mafia pulita”. É una sensibilità che va evidenziata. C’è da aggiungere che le sole voci di denuncia sull’economia illegale sono giunte dagli imprenditori perché sono i primi a pagare le ripercussioni dei traffici sommersi, in termini di pressione fiscale più alta. Ribadisco che confiscando i beni della mafia si potrebbe estinguere il debito pubblico.
Quale è il rapporto tra la mafia pulita e la politica?
Le mafie con il controllo del territorio sia dal punto di vista militare che economico, possiedono enormi pacchetti di voti. In molti territori chi vuol essere eletto deve fare i conti con il loro potere. In qualche caso decidono di inserire loro uomini anche all’interno della politica. É necessario vigilare, fare fronte comune. Anche l’azione della magistratura e delle forze dell’ordine, sia pure indispensabile, non è più sufficiente. Persino la risposta di uno Stato o di un gruppo di Stati non servirà a niente in una società ormai globalizzata. Senza la collaborazione dei cittadini i traffici criminali non potranno essere sconfitti solo con la repressione di polizia e magistratura. In una società normale in cui ciascuno compie onestamente il proprio dovere non c’è spazio per le mafie. Purtroppo la strada da percorrere è ancora lunga. Con queste convinzioni e con questo spirito mi accingo a ricoprire il nuovo incarico presso la Procura della Repubblica di Bari, sentendo su di me per intero il peso del momento. In Puglia non c’è solo l’inchiesta di cui parla l’Italia, ma c’è una partita importante, è in gioco la credibilità delle istituzioni. Lo Stato in tutte le sue articolazioni deve riaffermare la supremazia delle leggi. In tal senso, allora, posso passare per normalizzatore. Ma è pur vero che il destino della mafia pulita dipende da noi, da ciascuno di noi. |
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