Zegna: «Dal manifatturiero
arriveranno le chance di ripresa»
Per il Vice Presidente di Confindustria la forza del nostro Paese risiede soprattutto nel suo sistema industriale capace di coniugare tradizione e innovazione
e di esprimere produzioni di alto livello riconosciute e apprezzate in tutto il mondo
Paolo Zegna,
Vice Presidente per l’Internazionalizzazione Confindustria
Dottor Zegna, che autunno si prospetta per le nostre imprese, soprattutto per le Pmi?
Le più autorevoli analisi internazionali concordano sul fatto che la fase acuta della recessione sia ormai alle spalle; si iniziano a registrare primi segnali di leggera crescita di ordini e produzione industriale, ma non possiamo ancora dirci fuori dalla crisi.
La ripresa si conferma lenta e insidiosa; il Centro Studi di Confindustria stima che saranno necessari alcuni anni per recuperare i livelli di produzione del 2007 ed esiste il rischio che in alcuni settori ciò non avvenga mai.
Siamo entrati in una fase delicata e densa di incognite per il futuro del nostro sistema produttivo; l’autunno e l’inverno prossimi saranno decisivi per molte imprese, incluse alcune tra le più innovative e dinamiche.
Ci saranno da gestire mesi ancora difficili dal punto di vista dell'occupazione e serviranno grandi ristrutturazioni e cambiamenti, anche nelle scelte di noi imprenditori. La sfida prioritaria che la politica economica dovrà affrontare è scongiurare una perdita irreversibile del capitale industriale ed umano sui cui si fonda il nostro sistema produttivo, perché questo in qualche modo indebolirebbe il futuro stesso del Paese.
Con il mondo delle banche è tornato il sereno o si registrano ancora fenomeni di razionamento del credito per le nostre aziende all’estero?
Per le imprese italiane, in particolare le PMI, il canale bancario è il principale strumento di patrimonializzazione e di sostegno agli investimenti. La difficoltà nell’ottenere credito è stata ed è ancora in parte una realtà per moltissime aziende, come evidenziato anche dalle più recenti indagini.
Uno scenario che bisogna in ogni modo evitare è che le condizioni creditizie si stringano ulteriormente nei prossimi mesi, proprio quando le imprese, a fronte di una speriamo maggiore attività, richiederanno maggiori finanziamenti. L’intesa tra banche e imprese che abbiamo siglato a inizio agosto può attenuare questo processo ed è opportuno che sia resa rapidamente operativa.
In ogni caso non riteniamo utili “crociate” o “lotte” contro le banche; a loro abbiamo semplicemente chiesto di tornare a fare valutazioni sui singoli casi aziendali, finanziando i progetti imprenditoriali che meritano fiducia e lavorando insieme per trovare la migliore soluzione possibile.
Confindustria da qualche anno punta molto sulle missioni di Sistema. Quali sono le destinazioni scelte per il prossimo futuro e perché?
La capacità delle nostre imprese di internazionalizzarsi ha sempre rappresentato un fattore di competitività per l’intero sistema Paese; sostenere questo percorso è stato e continua ad essere per Confindustria una irrinunciabile priorità.
Puntando sulla formula del “fare sistema” abbiamo rafforzato la collaborazione con il Governo, con il sistema bancario e con l’ICE, dimostrando non solo la possibilità ma la necessità di una partnership di successo tra pubblico e privati.
Nell’ultimo anno abbiamo realizzato 16 iniziative internazionali tutte in stretta collaborazione con le Associazioni del Sistema: fra queste le missioni all’estero in Vietnam, Israele, Russia (la più grande iniziativa mai realizzata per numero di imprese partecipanti e sforzo organizzativo) e, da ultimo, Singapore e Malesia.
Sono stati oltre 3.350 gli imprenditori, i rappresentanti del mondo bancario e delle associazioni industriali che vi hanno preso parte, dimostrando la forte volontà delle imprese italiane di reagire alla crisi affrontando con rinnovata determinazione le sfide della competizione internazionale.
La centralità delle imprese, in particolare delle PMI, è stato il punto fermo di ogni nostra iniziativa, con oltre 11.000 incontri di business realizzati.
Proseguiremo in questo sforzo anche nei prossimi mesi, a partire dalla missione in Brasile e Cile, in programma a San Paolo e Santiago da 9 al 13 novembre.
Per il 2010 continueranno le attività di apertura e consolidamento verso i grandi paesi emergenti; torneremo in Cina nell’anno dell’Expo di Shanghai.
Superata la fase acuta della crisi, punteremo verso i mercati maturi, quali gli USA ed il Giappone, destinazioni strategiche per le nostre produzioni. Attenzione particolare la riserveremo inoltre al continente Africano dove stiamo valutando di organizzare una missione di filiera in Angola dedicata ai settori delle infrastrutture e all’agroindustria.
È cambiata la percezione che si ha all’estero del nostro Paese?
Credo che la dimensione globale della crisi stia facendo emergere un’immagine dell’Italia diversa rispetto a quella che ci vedeva sempre in fondo alle classifiche di competitività.
La forza del nostro Paese risiede soprattutto nella sua economia reale, in un sistema industriale diffuso sul territorio che sa coniugare tradizione e innovazione, e che esprime produzioni di alto livello riconosciute e apprezzate in tutto il mondo.
La nostra forte base manifatturiera era considerata da molti osservatori come un elemento di debolezza del modello industriale italiano; al contrario essa rappresenterà un vantaggio nella fase di ripresa se, come atteso, il ritorno alla crescita trarrà spunto dal rafforzamento degli scambi industriali.
Made in Europe vs made in Italy. Sgombriamo il campo dagli equivoci diffusisi questa estate. Qual è la posizione di Confindustria riguardo alla legge per l'etichetta obbligatoria?
La trasparenza degli scambi e la tracciabilità delle merci sono valori che consideriamo prioritari e non da oggi. L'importanza di regolamentare questa materia è stata sempre presente a Confindustria, che si è resa interprete di questa esigenza invocando l'entrata in vigore di un regolamento UE che imponga l’obbligo di indicare l'origine per i prodotti di provenienza extra UE almeno per alcuni settori particolarmente esposti alla competitività del mercato globale.
Se questo regolamento fosse oggi in vigore, non vi sarebbe il bisogno di produrre norme nazionali che rischiano di penalizzare il nostro sistema industriale nei confronti dei concorrenti europei ed internazionali. In ogni caso siamo convinti che, su questa materia, le imprese abbiano bisogno di un quadro normativo certo e definito, che eviti di dover far fronte a inutili difficoltà organizzative e sovraccarico di costi. Ogni soluzione nazionale va attentamente ponderata perché è necessario evitare che si creino distorsioni di traffico e della concorrenza suscettibili di censura in sede UE e, al contempo, dare una effettiva risposta ad una esigenza di trasparenza del consumatore non solo italiano.
Cosa chiede Confindustria al Governo per sostenere l’export italiano?
L’elenco delle riforme richieste da Confindustria al Governo per rilanciare lo sviluppo economico del nostro Paese è noto da tempo e contempla ai primi posti efficienza della pubblica amministrazione, infrastrutture, capitale umano, liberalizzazioni. Ulteriori vantaggi per la produttività, le retribuzioni dei lavoratori e la domanda interna potrebbero venire dalla realizzazione delle riforme previdenziali e del welfare, dal sostegno all’innovazione e dalla piena applicazione della riforma contrattuale.
Sul piano strettamente legato all’export, è necessario che nostre imprese possano contare su strumenti finanziari e assicurativi a sostegno dell’internazionalizzazione che siano certi ed in linea con quelli messi a disposizione dagli altri paesi dell’Unione Europea.
Per garantire, infine, la crescita e lo sviluppo del nostro sistema manifatturiero è necessario il raggiungimento di un accordo multilaterale sul commercio ambizioso ed equilibrato. La conclusione del Doha Round fornirebbe infatti un importante stimolo alla crescita dei flussi commerciali internazionali senza alcun costo per i bilanci pubblici.
|