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  Dicembre 2012

Articoli n° 05
Giugno 2009
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di Raffaella Venerando

Il distretto cede il passo alla rete di impresa

intervista A Enzo Rullani - Reti di impresa sÌ, ma sostenibili
e resistenti alle scosse del mercato

INTERVISTA A Valter Taranzano - CreativitÀ, innovazione ed export contro la crisi

INTERVENTO DI Giancarlo CorÒ - Bisogna costruire la cooperazione interdistrettuale

CreativitÀ, innovazione ed export contro la crisi


Valter Taranzano,
Presidente Federazione
dei Distretti Italiani


Presidente, negli ultimi anni il distretto ha cambiato pelle?
I sistemi distrettuali sono ormai diventati aperti e diffusi. Le loro radici territoriali resteranno, ma i confini si sono allargati, le reti abbracciano più territori, più province, più regioni. La nascita dei primi metadistretti, che per altro hanno funzionato molto bene, è andata proprio in questa direzione. Negli ultimi anni il sistema si è ulteriormente diffuso, soprattutto per adeguarsi alla concorrenza generata dalla globalizzazione. Proprio per far fronte a questo nuovo tipo di situazione la Federazione qualche mese fa ha ritenuto opportuno darsi una nuova struttura e una nuova organizzazione. La Federazione (che racchiude 45 distretti-soci, le eccellenze italiane) ha allargato il concetto di distretto, ridisegnando la mappa dell’Italia distrettuale. Basta distretto con territorio delineato, ma Italia suddivisa in quattro macrodistretti, ora diventati cluster, impiegando una terminologia già in uso a livello internazionale. I quattro cluster della Federazione sono stati classificati secondo le “4A” del Made in Italy: abbigliamento-moda; automazione-meccanica; arredo-casa; alimentare-agroindustriale-ittico. Ogni cluster abbraccia più regioni e può andare dal nord al sud, in quanto adesso il suo riferimento non è più il territorio, bensì il comparto industriale di pertinenza. Così succede, ad esempio, che il cluster dell’Automazione e della Meccanica va da La Spezia a Siracusa, passando per Trieste e la Piana del Cavaliere (L’Aquila). Mentre l’Agroalimentare-Ittico si allunga dal Friuli alla Sicilia, facendo tappa in Campania e nelle Marche. E così via. Inoltre, abbiamo modificato la governance della Federazione, che adesso si basa su consiglieri che rappresentano non più e non solo il singolo distretto, come avveniva in precedenza, bensì cluster omogenei (2 consiglieri per cluster), capaci, quindi, di strutturare progetti trasversali e condivisi a livello nazionale.

Come stanno reagendo alla crisi i distretti industriali italiani?

I distretti sono molto eterogenei e diversi tra loro. Ci sono distretti di successo e distretti in crisi. Crescono, comunque, i distretti che sono gestiti meglio: il successo o la crisi dipendono dalle scelte strategiche e, quindi, dalla cultura imprenditoriale. Il principale punto di forza dei distretti è rappresentato dalla loro peculiare organizzazione attraverso la quale si riuscirà a superare il problema critico dello sviluppo economico del nostro Paese: la piccola dimensione delle nostre aziende. Le strategie dei distretti di successo sono: la cooperazione con altre imprese fino ad arrivare alla costituzione di reti di imprese; lo sforzo congiunto ad applicare innovazioni di prodotto e di processo; le strategie comuni di marketing e internazionalizzazione; la limitata delocalizzazione; le sinergie con università e centri di ricerca; la collaborazione con le parti sociali. Il limite dei distretti oggi è che non riescono a mettere in campo completamente la loro forza, non fanno sistema come dovrebbero. Anche per questo motivo li abbiamo suddivisi nella “4A”. Alla crisi, comunque, in linea generale il distretto reagisce puntando sulla creatività, l’innovazione e l’export.

Quali settori stanno scontando i contraccolpi più forti e quali, invece, hanno risentito meno della difficile congiuntura economica?
I settori più colpiti sono il mobile e il tessile, quello che non sente la crisi è l’agroalimentare.

Cosa comporterà per i distretti produttivi la novità sulle reti di impresa contenuta nel maxi-emendamento al decreto incentivi?
Il maxiemendamento con le Reti d’impresa non mi trova d’accordo. Le reti d’impresa c’erano già ed erano i distretti. Adesso il rischio è di creare un doppione. La mia sensazione è che abbiano avuto la meglio delle richieste campanilistiche. Intanto noi, come Federazione dei Distretti, sperimenteremo le prime forme di tassazione collettiva. Si partirà nelle realtà produttive in cui la regolamentazione regionale è più avanti, come il Veneto o il Friuli Venezia Giulia, che potrebbero fare da apripista.

Come funzionerà la tassazione collettiva e quali saranno i benefici?

Intanto devo dire che il nostro giudizio sulla tassazione collettiva è positivo, come lo è stato fin da quando, con la Finanziaria 2006, si cominciò a delineare questa riforma. Come funzionerà non lo sappiamo ancora bene. Lo Stato non ha ancora stabilito i criteri. Secondo noi deve essere mantenuto un quadro di autonomia a livello regionale, però il governo centrale deve fare da coordinatore. Tutto questo continuo a non vederlo. I benefici della tassazione collettiva sono legati al fatto che gli imprenditori faranno gruppo, squadra, dividendo il carico fiscale con criteri
di trasparenza e parità di trattamento.

Quali altri gli strumenti di sostegno il Governo può introdurre per valorizzare questa risorsa per l’economia nazionale?
Come già detto deve dettare i criteri generali per far funzionare il sistema.

La Federazione da lei presieduta ha - come detto - allargato il concetto di distretto. Vuole spiegarci la portata del cambiamento?
La rivoluzione che abbiamo messo in atto, trasformando i distretti della Federazione in cluster, ci porta ad avere una governance fatta da persone che operano con una mentalità intradistrettuale ed intraregionale proiettata verso la crescita della Federazione. Fino ad oggi il principale punto di forza dei distretti è stata la collaborazione tra imprese. Non basta più. Il futuro passerà inevitabilmente attraverso la collaborazione e l’integrazione fra i distretti e le Regioni. Siamo pronti ad affrontare questa sfida.

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