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  Dicembre 2012

Articoli n° 05
Giugno 2009
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di Raffaella Venerando

Il distretto cede il passo alla rete di impresa

intervista A Enzo Rullani - Reti di impresa sÌ, ma sostenibili
e resistenti alle scosse del mercato

INTERVISTA A Valter Taranzano - CreativitÀ, innovazione ed export contro la crisi

INTERVENTO DI Giancarlo CorÒ - Bisogna costruire la cooperazione interdistrettuale

Bisogna costruire la cooperazione interdistrettuale


Giancarlo Corò,
Dipartimento Scienze Economiche,
Università Foscari Venezia


La crisi che si è abbattuta sull’economia mondiale non è certo passata indenne sui distretti italiani. L’elevata propensione all’export che caratterizza questi sistemi locali di imprese li ha esposti, fatalmente, alle drammatiche fluttuazioni del ciclo economico globale, colpendo soprattutto chi produce beni di investimento. Eppure, nonostante tutto, il modello distrettuale continua e continuerà ad essere una formula di successo.
Per uscire dalla crisi l’economia dovrà basarsi su un mix di elementi che all’interno di molti distretti si sono finora combinati in modo efficace: imprenditorialità diffusa, cultura del prodotto, orientamento all’innovazione, reti flessibili di divisione del lavoro, apertura internazionale, legami con la società locale. Tutto questo non avviene per grazia divina, ma per un dispositivo che gli economisti classici avevano messo in luce ancora molti anni fa. Infatti, quando sullo stesso territorio sono insediate numerose imprese che producono beni simili, si innescano due meccanismi apparentemente contrapposti, ma che, in realtà, funzionano in modo complementare: da un lato una forte competizione fra imprese, che spinge ognuno a differenziare i prodotti, cercare nuovi mercati e, soprattutto, ad introdurre innovazioni continue per accrescere la produttività e ridurre il rischio dell’imitazione; dall’altro insorge una forma di cooperazione inconsapevole, che contribuisce a creare sul territorio un insieme di fattori competitivi molto utili alle imprese: un bacino qualificato di professionalità, mercati di fornitura specializzata e di servizi dedicati, un sistema di conoscenze, culture e linguaggi produttivi comuni, che facilitano la divisione del lavoro, lo scambio di informazioni critiche e il presidio della frontiera tecnologica.
L’esistenza di interazioni ripetute fra imprese - facilitate dalla contiguità e dal ruolo di istituzioni intermedie, quali associazioni, fiere, scuole tecniche, centri di servizio, ecc. - contribuisce ad alimentare la fiducia e riduce, di conseguenza, i costi di transazione.
In un’economia in cui l’innovazione diventerà la principale arma competitiva, questi fattori saranno sempre più importanti. Certo, i distretti non sono realtà immobili. Anzi, la loro principale proprietà è proprio quella di saper cambiare pelle, per adattarsi ai mutamenti delle condizioni tecnologiche e di mercato. Dopo l’originario spontaneismo degli anni settanta e ottanta, quando era sufficiente la buona volontà per aprire bottega e accedere a mercati in espansione, abbiamo poi assistito all’emergere delle imprese leader quali elementi di organizzazione e selezione della fornitura locale. Con l’estensione internazionale della filiera produttiva è poi cresciuta sul territorio la componente di servizio e le funzioni immateriali come progettazione, design, sviluppo tecnologico, comunicazione, logistica, distribuzione.
Negli ultimi anni la formula distrettuale si è estesa oltre gli ambiti manifatturieri, basti pensare ai sistemi agro-alimentari, ai distretti turistici, oppure ai Clusters high-tech, che l’Unione Europea sta oggi promuovendo - attraverso incentivi alla collaborazione fra imprese, università e istituzioni - come strumenti prioritari di politica dell’innovazione.
In Italia le politiche per i distretti hanno finora visto protagoniste le Regioni, con iniziative, tuttavia, condizionate di frequente da logiche distributive. Il governo nazionale ha richiamato le “reti di imprese” nel decreto incentivi dello scorso aprile, rifacendosi ad una norma che il ministro Giulio Tremonti aveva inserito ancora nella Finanziaria 2006. Allora le iniziative a sostegno dei distretti erano state articolate su quattro piani di intervento: fiscale, amministrativo, finanziario, tecnologico.
Oggi le sfide che i distretti hanno davanti richiedono di intervenire soprattutto sugli ultimi due piani, incentivando la collaborazione delle imprese con i centri di ricerca avanzata e agevolando lo sviluppo di una finanza per l’innovazione. Il passaggio dai distretti alle reti di impresa significa, fra l’altro, che i progetti possono essere costruiti congiuntamente da più sistemi locali, allo scopo di sfruttare le economie di scala degli investimenti e favorire la specializzazione degli interventi sul territorio.
La cooperazione inter-distrettuale è una nuova strategia di sviluppo che, anche in Italia, le imprese e le istituzioni locali devono imparare a costruire.
Per il successo di tale strategia le associazioni d’impresa possono svolgere un ruolo decisivo. Tale responsabilità non può essere elusa.

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