di Marco FIORENTINO
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L'intervENTO -crollo della finanza:
effetti e rimedi per le imprese - DI MARCO FIORENTINO
crollo della finanza:
effetti e rimedi per le imprese
Marco Fiorentino
Commercialista
Fiorentino & Associati
La cronaca delle ultime convulse settimane ci consegna la sconfitta di un sistema che fino a qualche mese fa, grazie anche al colpevole lassismo di qualche istituzione, sembrava regnare incontrastato: creare ricchezza con un surrogato della ricchezza stessa, trasformando le somme reali in meri riferimenti pattizi, in nozionali appunto, al solo scopo di poterne decuplicare la massa, su cui calcolare valori di Borsa e correlati guadagni.
Tutte le possibili ragioni del crollo sono state ampiamente rappresentate e le più convincenti non sono quelle che si ricollegano alla crisi immobiliare o al default di talune cattedrali della finanza (esse sono semmai gli effetti addirittura fisiologici), ma quelle che più acutamente si rifanno alle risultanze dell’esplosiva miscela di due errori: la perdita di relazione tra valore creato e ricchezza percepita e la convinta assenza di una politica coordinata sulla finanza.
La soluzione non sarà semplice e non basteranno rimedi “congiunturali” ma ben più complessi cambi di pensiero sul modo di fare finanza e nuove regole dei Governi, tutti tesi al ripristino del principio che il profitto deve essere rapportato al valore reale prodotto, di cui la finanza è e deve essere solo un supporto.
In questo filone di pensiero va inserita la riflessione su cosa potrà succedere nel mondo delle imprese, partendo dal presupposto che la leva di disvalore che separa il Mezzogiorno dal resto dell’Italia, fungerà da acceleratore/accentuatore di problematiche per quelle meridionali.
Un primo effetto sarà ovviamente la drastica riduzione di risorse finanziarie dal mondo bancario (il cosiddetto “credit crunch”).
Un altro effetto, non meno rilevante, sarà la contrazione del volume d’affari, in dipendenza della probabile concomitante recessione mondiale.
Ne consegue che nei prossimi mesi le imprese italiane potranno trovarsi dinanzi ad una sovrapposizione di crisi: finanziaria ed economica; con il rischio che entrambe possano alimentarsi a vicenda. Appare perciò doveroso lavorare per fronteggiarle adeguatamente.
In che modo? Non esiste un’unica ricetta salvifica, anche se appare inevitabile che le imprese debbano dare corso ad una riqualificazione delle relazioni bancarie e ad una semplificazione delle attività e della struttura organizzativa, al fine di migliorare la redditività e accrescere i margini di difesa lungo tutto il periodo che le separerà dalla ripresa.
Praticamente, occorrerà con tutta urgenza negoziare con le banche (senza timidezze, perché sono le stesse che dal sistema crollato hanno avuto largo profitto) un adeguato riscadenzamento dei debiti, così da alleggerire la gestione finanziaria almeno per i prossimi 24 mesi.
Coevamente, si dovrà procedere ad una rifocalizzazione delle imprese sul loro “core business” (attraverso dismissioni e vendite), onde evitare la dispersione di risorse su segmenti di attività secondari, nonché ad adeguate semplificazioni degli assetti organizzativi aziendali (attraverso fusioni - accorpamenti di attività - eccetera), in modo tale da ridurre i costi della struttura societaria, destinando i flussi positivi netti di tali operazioni al rafforzamento della patrimonialità dell’impresa.
Questo c’è da fare, ma non basta.
Senza il cambio di pensiero, senza il ritorno dell’impresa al centro dell’economia, con la finanza nel corretto ruolo di moltiplicatore di business e le Istituzioni nella loro funzione di coordinatori di regole, tutti i sacrifici che oggi vengono scaricati sul mondo produttivo si riveleranno probabilmente inutili. Questa credo sia l’istanza che tutti gli operatori dovranno con forza rappresentare in ogni sede: l’economia si basa sull’impresa.
è da questo assunto che occorre ripartire. |