di Antonello Tolve,
Critico d’arte
Preferenze critiche
La linea surcromatica
di Pierpaolo Costabile
Abbrutimento del panorama sociale, anancasma e degenerazione dei processi evolutivi, il rifiuto comunitario si presenta come effetto collaterale della condizione metropolitana e globale.
L'efferato e smodato flusso consumistico dettato dalla società di massa trasforma - attraverso un'inevitabile regressive-moving - il prodotto economico in materiale impuro, rifiuto, scoria, detrito urbano e psichico.
Collocando il proprio asse d'azione in questo scenario Pierpaolo Costabile produce un discorso creativo che fa appunto del recupero - organico e inorganico, elettronico, industriale - il centro gravitazionale di un ragionamento teso, fondamentalmente, a centrifugare e amalgamare le cose per elaborare pittosculture in grado di contenere e abbellire gli oggetti spurgati dal quotidiano.
Invertendo il trend econometrico l'artista - cavaliere che si scontra con il sociale per rideterminarne gli scorrimenti - recupera il mondo, dunque, per formulare brillanti allarmi ad arte. Connesse al mito del progresso, dell’attualità e del futuribile, le opere di Costabile - in mostra, ad Angri, presso la galleria PAGEA Arte Contemporanea fino al prossimo 30 novembre - presentano, tra l'altro, frammenti di strumenti tecnologici, quasi a trovare e indicare una parabola estetica che si cela nei circuiti informatici ed elettronici.
Lastre bituminose, hardware smembrati appunto, foglie di catrame, insetti cyborghizzati (scarafaggi, api, ragni), volatili incartapecoriti rinvenuti per strada, zerbini marchiati a fuoco, vernici industriali e smalti sintetici, impasti cementizi elasticizzati da procedure alchemiche. Sono alcuni degli stratagemmi adottati dall'artista il cui l'apparato oftalmico si dirige verso l'oggetto degradato (o in decomposizione) con un mirino estetico che rielabora nell'istante dello sguardo.
Con Costabile la realtà - laboratorio creativo in continuo divenire - si fa nucleo costante di un discorso etico-artistico (che ha affascinato e incuriosito, in tutto il Novecento, una vasta schiera di artisti) per sbrinare l'accumulo urbano riqualificandone l'abbecedario interno in cui l’oggetto di rifiuto torna ad essere centro gravitazionale di un ragionamento critico che tende a restituire una giusta «“fiducia” nella città» (Angelo Trimarco).
Sulla stregua della pittura materica Costabile fa del mezzo espressivo, ossia del medium adoperato, la base di un procedimento psichico che rigenera i materiali in maniera tale da trasformarli in oggetto artistico. Sostituisce, inoltre, l’archeologia da «avventura del pensiero nel campo dell’antichità» con l’avventura nel campo della contemporaneità e dei processi di consumo. Difatti, il suo modus operandi genera un gusto archeologico che fa i conti non solo con il prodotto industriale a largo consumo ma anche con gli spazi in rovina, con i detriti della società, traducendo, così, la vecchia nozione di Kunstarcheologie in sfera visiva del transestetico per coniugare un vocabolario multidisciplinare in cui il quotidiano si fa strumento generale di una azione attiva.
Essenziale per Costabile è riqualificare l’oggetto, detrarlo dalle grinfie dell’abbandono e sovratemporalizzarlo; o meglio elevarlo ad opera d’arte inserendolo in un contesto che celebra l'obsolescenza producendone, paradossalmente, il collasso.
Massimizzando il potenziale estetico di un oggetto e invertendo il processo di regressione, l'artista plasma, infine, un new-space oggettuale che riformula il mondo secondo linee comunicative tese ad allarmare la collettività con nuove forme infrangibili, indistruttibili, sovrastoriche.
|