L’impegno sociale delle aziende in Italia
Pubblicato il III rapporto di Indagine 2008.
Nel 2007 oltre il 65% delle imprese italiane con più di 100 dipendenti
ha realizzato almeno un’iniziativa di carattere sociale
di Marco Marinaro, Avvocato - Esperto in CSR
info@studiolegalemarinaro.it
Con il patrocinio del CNEL e di Unioncamere è stato pubblicato il “III Rapporto Nazionale sull’impegno sociale delle aziende in Italia” realizzato da Errepi Comunicazione e SWG. L’indagine è stata condotta con interviste on line (sistema CAWI Computer Aided Web Interview), effettuate dal 27 marzo al 10 aprile 2008. L’universo di riferimento è rappresentato dalle aziende con oltre 100 dipendenti ed è stimato convenzionalmente in base ai risultati del Censimento intermedio dell’Industria e dei Servizi del 1996, condotto dall’ISTAT, con un dato pari a 8.618 unità (P.A. esclusa). Il campione è costituitoda 800 aziende ed è rappresentativo dell’universo di riferimento in base al settore di appartenenza.
Molti sono i dati significativi che emergono dall’inchiesta e che inducono a riflettere sulla progressiva crescita dell’attenzione delle imprese per la Corporate Social Responsibility. Il primo, lascia già intendere il rilievo dall’analisi: sfiora il miliardo di euro all’anno l’importo degli investimenti effettuati dalle grandi aziende per il sociale, la cultura, l’ambiente, il territorio e le risorse umane. Nel 2007 oltre il 65% delle imprese italiane con più di 100 dipendenti ha realizzato almeno un’iniziativa di carattere sociale, aumentando rispetto al 2004 il valore degli investimenti globali, passati più precisamente da 845 a 951 milioni di euro. Tra i settori di intervento privilegiati spicca il sostegno umanitario e la solidarietà (52%), seguito dalla realizzazione di mostre e iniziative culturali (35%) e dall’erogazione di servizi specifici per il personale interno (31%).
Particolarmente significativo, poi, il dato relativo alle modalità di intervento: se nel 2004 ben il 73,1% delle aziende si limitava ad erogare un contributo economico diretto per la realizzazione del progetto, oggi tale percentuale si è notevolmente ridotta (32,6%), a conferma di come le imprese abbiano iniziato ad assumere un ruolo più attivo nell’ideazione e realizzazione dei progetti di CSR sui quali decidono di investire. Non più solo un investimento economico bensì un impegno concreto sui temi della responsabilità sociale le cui scelte vengono prevalentemente orientate dalla serietà ed affidabilità dell’ente proponente oltre che dalla validità dell’iniziativa proposta. Non manca una piccola quota (3%) di chi utilizza quale criterio l’emulazione di iniziative a carattere sociale adottate da imprese concorrenti.
«Il modo di intendere la responsabilità sociale è molto cambiato negli ultimi dieci anni - ha sottolineato Roberto Orsi, Presidente di Errepi Comunicazione e coordinatore del Rapporto - e oggi si avverte la volontà di molte aziende di incrementare ulteriormente le risorse disponibili e di mettere in campo nuove iniziative, sempre più integrate con il resto della gestione d’impresa».
In cima all’interesse delle aziende si conferma il territorio all’interno del quale operano. Prime fra tutte le iniziative di solidarietà sociale e l’organizzazione di mostre e manifestazioni culturali. Nella graduatoria, dietro questi aspetti relativi alla dimensione “esterna” della CSR, si collocano gli interventi a favore del personale che, invece, ne rappresentano la dimensione “interna”. Si riscontra una maggiore diffusione degli investimenti “interni” nel centro Italia ed “esterni” nel Nord-ovest, mentre dal punto di vista dimensionale le aziende più grandi si connotano per il loro approccio multistakeholder (investimento in entrambe le dimensioni).
E invero nella valutazione degli attori coinvolti nella relazione sociale notevole rilievo è attribuito ai clienti (40,6%) sempre più attenti e orientati al “consumo responsabile”. Questo rinnovato orientamento al cliente potrebbe far aumentare le aziende che includono la responsabilità sociale nella definizione della propria offerta in modo tale da massimizzare il proprio impegno come asset competitivo. Ma notevole rilievo viene ovviamente riconosciuto alle risorse interne (40%) e poi alla collettività (29,8%).
La ricerca rivela inoltre come un’azienda su due abbia adottato un proprio codice etico, un’azienda su tre rediga il bilancio sociale e sempre un’azienda su tre preveda una figura professionale interna dedicata alla responsabilità sociale. Quanto alla figura professionale nella maggior parte dei casi (38%) si tratta di una figura unica che opera trasversalmente nei diversi reparti, o che si identifica nel ruolo del direttore commerciale (16%) o dell’amministratore delegato (12%), mentre solo una quota ridotta prevede un responsabile per ogni area di interesse. Cresce rispetto al 2004 la quota di imprese che hanno creato la figura del manager etico come garante della CSR (9%). Questa percentuale nel Nord-est sale al 21%.
Da evidenziare, ancora, che più del 75% delle aziende auspica un confronto periodico sui temi dell’impegno sociale con le istituzioni. Sono buone anche le prospettive per il futuro: l’importo medio pro capite degli investimenti nel sociale è infatti aumentato di oltre il 50% passando dai 110.000 euro del 2001 ai 169.000 euro del 2007, e per l’anno in corso è previsto un altro importante balzo in avanti, fin sopra la soglia dei 200.000 euro. Da segnalare che le aziende più generose sono concentrate nel centro Italia ed operano soprattutto nel settore bancario, finanziario e assicurativo.
Infine, si deve rilevare che nella graduatoria della valutazione degli standard etici dell’impresa i più importanti sono ritenuti la trasparenza e onestà (56%), la tutela della persona (45,3%), la protezione della salute (37,6%), l’equità e l’eguaglianza (30,7), la tutela ambientale (29,6%).
Il dato più significativo infine appare quello che chiarisce che quasi un quarto delle aziende italiane è chiaramente “CSR oriented” nel senso che è riuscita a incorporare la responsabilità sociale nel proprio disegno di sviluppo, facendone un tratto caratteristico della propria cultura aziendale (tanto da poter valutare per il futuro la costituzione di una Fondazione o di una Onlus). Il 20% invece attribuisce alle perfomance sociali la stessa valenza delle performance di profitto in una logica di sviluppo degli investimenti che permetta di conseguire simultaneamente tre obiettivi: equità sociale, qualità ambientale e prosperità economica.
Il Rapporto è pubblicato sul sito web www.errepicomunicazione.it. |