Energia: la ricerca dell’efficienza
È la prioritÀ
di Antonio Costato,
Vicepresidente Confindustria per Energia e Mercato
Attualmente sulla bolletta degli italiani pesano ancora in maniera sproporzionata
rendite, privilegi, storture e tasse
Confindustria sta osservando
con particolare attenzione l’universo delle fonti rinnovabili. Siamo a favore
di tutto ciò che spinge nella direzione della ricerca e dell’innovazione.
Siamo quindi a favore dello sviluppo
di un’industria che produca sistemi
e componenti al servizio delle fonti rinnovabili, da installare in Italia e magari da esportare. Ma siamo scettici invece sulla gemmazione di iniziative che molto hanno del parassitario e poco di utile
per il sistema paese. E ci sono settori
delle rinnovabili dove si sta sviluppando un pericoloso mercato dei permessi
che non fa certo bene al paese
e ai consumatori e che purtroppo inquina l’“ambiente” assai più di una ciminiera
Parliamo di elettricità. Per quanto riguarda il riorientamento della capacità di generazione Confindustria è d’accordo con il piano 50-25-25 - 50% fonti fossili, 25% nucleare, 25% rinnovabili - annunciato in più occasioni dal ministro Scajola. Ma quello che farà la differenza nel piano sarà un corretto equilibrio tra connessione, generazione, distribuzione e bilanciamento. In poche parole va ricercata efficienza a tutti i livelli. Vanno fatte le centrali ma vanno fatte anche le interconnessioni. Va fatto il dispacciamento ma va anche creato un meccanismo che consenta a Terna di gestire la rete senza gli oneri sproporzionati che oggi deve subire per il solo fatto che le è fatto divieto disporre di generazione anche per soli fini di bilanciamento.
L’intero piano dovrà essere pensato e realizzato da una mano ispirata dal “generale” e non dal “particolare”. Non è più il tempo di fare le cicale.
La nostra preoccupazione è vigilare sull’implementazione del piano e arrivare al 2020 con un sistema industriale e un paese ancora in vita.
Per questo facciamo una raccomandazione “orizzontale”, una raccomandazione che vale per tutti: bisogna assolutamente evitare la creazione di nuove posizioni di rendita. A questo proposito Confindustria sta osservando con particolare attenzione l’universo delle fonti rinnovabili. Siamo a favore di tutto ciò che spinge nella direzione della ricerca e dell’innovazione. Siamo quindi a favore dello sviluppo di un’industria che produca sistemi e componenti al servizio delle fonti rinnovabili, da installare in Italia e magari da esportare. Ma siamo scettici invece sulla gemmazione di iniziative che molto hanno del parassitario e poco di utile per il sistema paese. E ci sono settori delle rinnovabili dove si sta sviluppando un pericoloso mercato dei permessi che non fa certo bene al paese e ai consumatori e che purtroppo inquina l’“ambiente” assai più di una ciminiera. Inoltre molte delle tecnologie della generazione che si sta diffondendo sono inefficienti e insostenibili nel tempo.
Attenzione massima poi va prestata a quelle tecnologie che per definizione producono ad intermittenza quando non in maniera addirittura estemporanea come l’eolico. Bisogna che tutti abbiamo chiaro il costo aggiuntivo costituito dal bilanciamento che ogni megawatt di eolico, che in Italia funziona al massimo 2.200 delle 8.760 ore di cui è composto un anno, comporta per i cittadini e per le imprese. Non credo in molti abbiamo presente che Terna deve sempre avere capacità di generazione di soccorso per tutti quei momenti - imprevedibili e che coprono quasi il 75% dell’anno - in cui le pale di un impianto eolico sono ferme. In pratica per ogni megawatt di eolico installato ce ne vuole uno di termico fermo ma pronto a partire in soccorso. A meno che non si faccia un patto con i consumatori in forza del quale si impegnano a spegnere luci e elettrodomestici quando il buon Dio decide che il vento non debba più soffiare e le pale si fermano…
Esistono poi una serie di attività indifferibili da compiere subito in tema di liberalizzazioni e micro-infrastrutture. A parte il piano, infatti, i cui effetti incominceranno a farsi sentire nell’ordine di lustri, abbiamo bisogno di alleviare nell’immediato la pressione su consumatori e imprese e questo lo si può fare solo liberalizzando di più il mercato dell’energia nei suoi vari segmenti e creando micro-infrastrutture quali sono le interconnessioni tra una area e l’altra del paese così da sfruttare la capacità di generazione esistente. Il Governo si sta movendo in questo senso ed è stato predisposto un emendamento alla manovra per rendere di fatto finalmente possibile a Terna fare quello che deve fare con meno intralci da parte delle amministrazioni locali.
Il mercato dell'energia, poi, è ancora troppo poco concorrenziale ed è un assurdo se pensiamo che, contrariamente a 10 anni fa, oggi abbiamo un parco di generazione che è più che doppio rispetto al fabbisogno del paese. Si sono quindi create le condizioni perché l’ambiente mercantile venga reso più competitivo così da fare scendere attraverso una maggiore concorrenza il “margine di generazione” e con esso il prezzo dell’energia. Vanno però cambiate le regole subito così da rendere il gioco più equo e conteso anche per chi l’energia la produce e non solo per chi la consuma.
Ciò significa più concorrenza anche per i nostri associati produttori di energia: un discorso difficile ma obbligato soprattutto ora che ci avviamo verso una stagione di grande difficoltà.
Il prezzo dell’elettricità, infatti, non dipende solo dal mix di fonti energetiche impiegate per fare girare le turbine, come vorrebbero farci credere, ma anche e soprattutto dal margine di generazione che i produttori riescono a riservarsi e dai cosiddetti costi ancillari. Bisogna rivedere le regole per la contrattazione dell’energia elettrica così che il suo prezzo scenda immediatamente e sensibilmente non solo per effetto della diminuzione del petrolio, del gas e del carbone ma anche per una maggiore concorrenza. Inoltre, per aumentare la discesa dei prezzi va poi assolutamente messo ordine a tutta quella serie di costi ancillari che sono arrivati a pesare nella bolletta in maniera sproporzionata come il già citato CIP 6 e la selva di privilegi che nel tempo si è scaricato sulle bollette degli italiani. Con pochi semplici provvedimenti si può arrivare a contenere i costi energetici per svariati miliardi di euro.
Lo spaccato della tariffa che l’utenza sta pagando per il IV Trimestre 2008 - quello che coincide con il record storico del kilowattora - ci racconta che, pur in presenza di una componente oil and gas che trascina i prezzi record raggiunti dal greggio la scorsa estate, è rappresentata per oltre il 60% da costi ancillari e tasse. La componente oil and gas, gli stipendi e i costi vari per fare girare le turbine è al record storico ma non arriva che al 39,28% del totale: il resto sono rendite, privilegi, storture, inefficienze e tasse.
Le cosiddette “rendite da congestione”, poi, ammontavano a 300 milioni nel 2007 mentre sono salite a 500 milioni nel 2008. Nella stagione in cui la invochiamo alle nostre maestranze la ricerca dell’efficienza è la priorità.
È pericolosa e oramai difficilmente giustificabile dal legislatore l’asimmetria tra le condizioni di estremo favore con le quali si confrontano le utilitites e il resto dell’economia. I manager a capo delle aziende energetiche sono stati bravi e hanno fatto grandi profitti grazie al quadro di regole accomodante all’interno delle quali il legislatore ha loro permesso di operare: avevano il diritto e il dovere di muoversi come hanno fatto. Lo stesso legislatore deve però comprendere che la stagione della accondiscendenza è finita ed ora è inevitabile che le regole di partecipazione diventino più strette anche per il lato offerta per il combinato di contesto economico, architettura del mercato, sensibilità della politica.
Per non essere interpretato male ripeto l’esempio che ho fatto ad ottobre Capri, in occasione del Convegno dei Giovani Imprenditori: ognuno fa la corsa nel percorso che gli viene disegnato. Se il percorso è più stretto e più in salita chi è bravo vince comunque (e c’è più gloria a vincere nel difficile!).
I nostri campioni perciò non temano la concorrenza ma il declino dell’Italia. |