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  Dicembre 2012

Articoli n° 01
GENNAIO - FEBBRAIO 2008
 


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Finanziaria 2008 Per il Sud interventi ridotti al lumicino

L'INTERVISTA La Finanziaria 2008 non giova alla competitivitÀ del Paese

L’INTERVENTO SocietÀ di capitali:
cambia la deduzione degli interessi passivio

di Raffaella VENERANDO

La Finanziaria 2008 non giova
alla competitivitÀ del Paese

Riccardo Realfonzo
Direttore
Dipartimento
di Analisi dei Sistemi Economici e Sociali, Università del Sannio

Professore, benefici e zone d’ombra della manovra finanziaria 2008 del Governo.
Direi tanta ombra e poche luci, ci si aspettava qualcosa di più e di diverso dal governo Prodi. Il punto è che con la finanziaria per il 2008 è proseguita la strategia di politica economica finalizzata principalmente ad assicurare la tenuta dei conti esteri mediante il contenimento della domanda interna e la contrazione dei costi di produzione. Questa strategia poggiava su due gambe: da un lato, il cosiddetto “risanamento” delle finanze pubbliche; dall’altro, la riduzione della pressione fiscale sulle imprese accompagnata al contenimento dei salari. É indiscutibile che questa azione si sia dispiegata su larga scala: basti pensare agli sforzi per abbattere il debito rispetto al Pil, ai tagli del cuneo fiscale e poi di IRAP e IRES, alla conservazione della legge 30 con i suoi effetti su precarietà e salari. Complessivamente una strategia perdente, che non ha giovato alla competitività del Paese. Per quanto riguarda le luci, credo vadano cercate pressoché esclusivamente negli interventi di politica sociale.

Come giudica la proposta del presidente di Confindustria Montezemolo di tagliare nuovamente di 5 punti il cuneo fiscale?
Non sono favorevole alla reiterazione di manovre di questo tipo. Il taglio del cuneo fiscale si sostanzia in una contrazione dei costi di produzione che ha lo stesso effetto delle svalutazioni competitive di un tempo. In sostanza, le imprese respirano per un po’ rispetto alla concorrenza internazionale, ma poi tornano inesorabilmente a perdere competitività. Se si vuole seriamente aggredire il problema della competitività ci vuole ben altro. Occorre affrontare mediante politiche industriali incisive i nodi relativi alla dotazione infrastrutturale e al nostro capitalismo familiare. Insomma, occorrerebbe operare per superare le tante strozzature del nostro sistema produttivo: la carenza di infrastrutture adeguate, il sottodimensionamento delle imprese, l’assoluta insufficienza degli investimenti pubblici e privati in ricerca, formazione, nuove tecnologie. Ho fatto parte del Comitato Scientifico di “Industria 2015” e devo dire che qualche buona idea era anche stata avanzata. Ma poi cosa si è attuato?

Passiamo al Sud.
Nella Finanziaria 2008 la politica industriale per il Mezzogiorno sembra essere soltanto un abbozzo. Crede che non si potesse fare di più?
Si poteva e si doveva fare di più. La questione meridionale era uno dei cavalli di battaglia del programma elettorale dell’Unione. Nella finanziaria 2008 troviamo solo pochi provvedimenti, anche scarsamente finanziati, come il credito di imposta per le assunzioni e le zone franche. Rispetto alle dinamiche macroeconomiche in atto, che vanno nella direzione opposta rispetto a un superamento spontaneo del tradizionale dualismo dell’economia italiana, la finanziaria per il 2008 ci propone misure addirittura risibili. E ciò si deve ad almeno due ragioni: la scarsità di risorse rese disponibili dalla manovra di abbattimento del debito pubblico; la presenza diffusa di una concezione secondo la quale il Mezzogiorno dovrebbe trovare da sé, sulla base di forze e vocazioni locali, la strada per lo sviluppo. Io continuo a sostenere la necessità di una politica industriale a tutto campo. Il Mezzogiorno avrebbe bisogno di compiere un vero e proprio salto tecnologico e industriale. E a questo scopo occorrerebbe puntare sulle imprese migliori e più avanzate e proporre politiche serie, anche su base distrettuale, che valorizzino le risorse umane. Immaginando percorsi di rilancio e in alcuni casi riconversione delle imprese di alcuni settori in evidente difficoltà, soprattutto nel “made in Italy”. Sarà decisivo apportare una correzione di rotta nell’impiego dei fondi europei e FAS per il 2007-2013. E bisognerà ripensare drasticamente i percorsi illusori della programmazione negoziata e delle politiche bottom-up, che in questi anni temo abbiano alimentato solo sprechi e clientele.
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