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  Dicembre 2012

Articoli n° 01
GENNAIO - FEBBRAIO 2008
 


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di Raffaella Venerando

GIOVANNI RANA:
«Vi racconto di che pasta È fatta la mia azienda»


Passione e ingegno: è questa la ricetta per diventare primi



Giovanni Rana

Sono finiti i tempi del “giovedì gnocchi”. Con un claim forte ("Un giorno sì e un giorno sì"!) Giovanni Rana, imprenditore scaligero della pasta fresca, da più di dieci anni ha deciso di entrare nelle case degli italiani a fare lui stesso da testimonial ai suoi prodotti che - in cinquanta anni – si sono conquistati il 45% di quota del mercato del Belpaese, reinventando la migliore tradizione della pasta fresca fatta a mano.
Con passione e simpatia, proprio come uno di famiglia, Giovanni Rana ci ha raccontato qualcosa in più sulla sua azienda che, partita da un piccolo laboratorio della provincia veronese, oggi è leader del settore.



Cavaliere, come è cominciata la sua avventura?
La storia del Pastificio Rana ha inizio negli anni Sessanta. Erano gli anni del boom economico e l’italia del Nord si muoveva a ritmi veloci. Una dopo l’altra nascevano realtà con il tempo diventate grandi: Aia, Sanson, Benetton, Bauli, solo per citarne qualcuna.
Proprio come i fondatori di queste aziende anch’io ho creduto che quello fosse il momento giusto per dare vita a qualcosa di veramente importante.
Ero cresciuto con le mani in pasta nel forno di famiglia (che oltre alla pasta produceva anche pane e dolci) ed è quindi stato quasi naturale continuare lungo questa strada. Partito senza avere mete precise, in tasca avevo solo la consapevolezza di un’intuizione giusta: i tortellini avrebbero potuto essere un piatto tipico ed economico sulla tavola degli italiani. E allora perché non servirglieli freschi di matterello? Ho cominciato coadiuvato dal lavoro di una quindicina di donne che preparavano per me i tortellini fatti a mano (i primi, e allora unici, alla carne), prima in quantità ridotte poi via via sempre maggiori. È stato – come dire - un crescendo rossiniano delle attività, delle vendite, un successo oltre le mie aspettative. A quel punto diventava necessario avere una sede strutturalmente adeguata e così ho acquistato un terreno di 5mila metri dove è nato il primo stabilimento, proprio accanto alla casa dove sono nato. Erano soli 2000 metri coperti, ma mi sembrava di avere l’azienda più grande del mondo! La stessa azienda che, passo dopo passo, da Verona ha cominciato ad espandersi in tutto il Veneto, poi in Lombardia, riuscendo con il tempo a conquistare le tavole di tutto il Paese.

L’intuito è stato senz’altro un ingrediente fondamentale del successo della sua azienda ma tanto ha contato e conta l’innovazione (di prodotto e di processo). È vero, ad esempio, che i macchinari per realizzare le vostre specialità sono progettati da voi?
Si, molti macchinari sono nati, e altri sono stati reinventati, per rispondere ad esigenze o problemi pratici incontrati sul campo. Al mio suggerimento da pastaio quindi più volte si è combinata l’esperienza dei costruttori.


Il giorno della laurea Honoris Causa in Relazioni Pubbliche conferita a Giovanni Rana


Nel corso della sua storia ha ricevuto numerosi premi, per il suo impegno imprenditoriale, per la valorizzazione del territorio, fino ad arrivare alla laurea ad honorem in relazioni pubbliche. Quale di questi riconoscimenti la inorgoglita di più?

Sicuramente il riconoscimento accademico, anche perché di scuola ne ho fatta poca. Il giorno che il professor Emanuele Invernizzi, Ordinario di Economia e Tecnica della Comunicazione Aziendale dello I.U.L.M. (Istituto Universitario di Lingue Moderne di Milano) - insieme al Rettore Giovanni Puglisi - mi ha conferito la laurea Honoris Causa in relazioni pubbliche…stavo per svenire dalla gioia.

Il passaggio generazionale spesso è motivo di crisi nelle aziende. Quale invece la sua personale esperienza? In cosa ritiene che suo figlio (Gian Luca Rana, Presidente Confindustria Verona, ndr) la superi?

Io posso dirmi fortunato. Mio figlio Gian Luca ha mostrato - appena conclusi gli studi - passione e propensione per il mio lavoro e oggi ricopre il ruolo di Amministratore Delegato. Io però non ho smesso di occuparmi in prima persona delle cose che più mi appassionano come la ricerca e sviluppo, l’impiantistica e la pubblicità.

Lei è anche autore di un libro (a scopo benefico) intitolato “La mia ricetta per la serenità”. Vuole servircela per i nostri lettori?
Mi sono ispirato liberamente ai Ching mescolando alla filosofia cinese la mia, fatta di cose semplici e di una buona dose di senso pratico. Un esempio? Noi alpini diciamo sempre: «Tasi e tira» (Taci e continua a marciare) che - tradotto in soldoni - significa sapersi sempre rinnovare, guardare avanti e continuare a sognare, sognare e sognare. Prima o poi i sogni si avverano, grandi o piccoli che siano.

Per finire, se non avesse fatto l’imprenditore sarebbe stato…?
Se avessi studiato, anziché impegnarmi da subito nel lavoro, mi sarebbe piaciuto fare il medico da grande, ma avrei fatto volentieri anche il fornaio. Oggi mi guardo indietro e sono contento di essere arrivato fin qui.

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