La decelerazione dei consumi e della domanda estera prolungherà la debolezza della produzione industriale
Andrea Pininfarina, Vice Presidente Confindustria
per il Centro Studi
In breve tempo, dopo l’estate, si è passati da una crescita mondiale molto diffusa a indicazioni crescenti di rallentamento in alcune aree, con grande incertezza sulle prospettive. Le turbolenze finanziarie non sono terminate e i mercati non torneranno rapidamente alla normalità. E c’è dibattito sull’entità degli effetti per l’economia reale. Nelle previsioni di dicembre del Centro Studi Confindustria ciò è stato incorporato in un costo più alto del credito e in un taglio della crescita per consumi e investimenti.
Il rallentamento non sorprende, venendo da un lungo periodo di espansione molto sostenuta. I paesi industriali sono già in decelerazione. Negli Stati Uniti la crescita è stata inferiore al potenziale nel 2007 e rallenterà ancora nel 2008. Solo un mese fa si prevedeva l’1,8% ma visti gli ultimi dati si andrà anche peggio: la probabilità di una recessione sta crescendo. A tener su gli Usa resta il contributo delle esportazioni, alimentate dalla svalutazione del dollaro. L’area euro, che nel 2007 aveva sorpassato gli USA, nel 2008 frena per il rallentamento della domanda estera, le restrizioni delle condizioni creditizie, le elevate quotazioni petrolifere, l’apprezzamento dell’euro. A sostegno della crescita c’è una dinamica occupazionale ancora favorevole e il riorientamento dell’export verso mercati più dinamici. Come per gli Usa, però, l’1,7% previsto a dicembre potrebbe rivelarsi ottimistico. I grandi paesi emergenti, invece, divenuti capaci di sviluppo autonomo, continueranno a crescere. Grazie ad essi, dopo il rallentamento del 2008, il commercio mondiale tornerà a crescere a buoni ritmi nel 2009.
Venendo all’Italia, le prospettive di crescita sono condizionate dagli stessi fattori che fanno rallentare il complesso dell’area euro, oltre che da limiti tutti nostri come i costi della burocrazia che penalizzano le aziende. E l’inizio dell’anno è stato anche peggiore di quanto ci si aspettasse. L’Italia è però forte di una trasformazione selettiva, in corso, del manifatturiero con più innovazione, qualità e nuovi mercati che ha dato i primi frutti nella riconquista di mercati interni ed esteri. Questo eviterà la ricaduta nella stagnazione, pur non essendo sufficiente a compensare del tutto i fattori negativi. Il nostro scenario vede una crescita allo 0,9% nel 2008, in ribasso rispetto alla previsione di settembre (1,3%) e in deciso rallentamento dall’1,7% del 2007.
Più nel dettaglio, i consumi saranno poco vivaci subendo il rincaro del credito anche per le famiglie e l’aumento dei prezzi energetici e alimentari, mentre l’incertezza determinerà un aumento del risparmio precauzionale. Un sostegno verrà invece dalla dinamica retributiva nell’industria e dalla creazione di occupazione. La decelerazione dei consumi e della domanda estera prolungherà la debolezza della produzione industriale. Rallenteranno anche gli investimenti, frenati dall’incertezza sulle prospettive della domanda, dalle pressioni sui tassi di interesse e dall’erosione dei margini provocata dai rincari degli input importati. Reggono invece al +3,8% le esportazioni, nonostante la decelerazione del commercio mondiale e la forza dell’euro. Ciò grazie alla migliorata competitività in fattori diversi dal prezzo e al fatto che le imprese stanno andando a cercare la crescita in mercati lontani. Insieme al guadagno nelle ragioni di scambio, ciò riporterà in avanzo nel 2008 il saldo commerciale.
Nel 2009, scontando il superamento delle tensioni finanziarie, l’Italia accelererà gradualmente verso ritmi vicini al potenziale. In particolare, l’attenuarsi della dinamica dei prezzi e l’accelerazione dell’occupazione favoriranno una ripresa dei consumi, mentre la congiuntura internazionale in miglioramento sosterrà investimenti ed export.
Quanto ai prezzi, il Brent resterà elevato per alcuni mesi per il persistere di carenza d’offerta e tensioni geopolitiche. Ma dal secondo trimestre del 2008 prevediamo un trend decrescente. L’inflazione raggiungerà il picco nei primi mesi del 2008, poi la spinta di energetici e alimentari tenderà a esaurirsi. Ma si avrà una dinamica delle componenti core un po’ più elevata, come fanno presagire le tensioni sui prezzi alla produzione. Come risultato netto, nel 2008 in media l’inflazione risulterà in aumento al 2,2%, dall’1,8% del 2007. Si tratta di aumenti contenuti, nulla a che vedere con la doppia cifra di decenni passati. Il vero rischio è il nascere di una spirale prezzi-salari. Negli ultimi anni le retribuzioni hanno già più che mantenuto il passo con l’inflazione: dal 2000 al 2006 le retribuzioni reali sono aumentate del 4,5% e sono previste crescere di un ulteriore 2,5% dal 2007 al 2009. Le retribuzioni reali, inoltre, sono cresciute più della produttività, salita solo dello 0,3% negli ultimi sei anni. Il 2008, in cui si avranno numerosi rinnovi contrattuali, non farà eccezione, con le retribuzioni che accelereranno al 3,4%, nettamente sopra i prezzi.
Per sostenere la crescita si sono già mosse alcune banche centrali. La FED ha tagliato i Fed Funds di un punto nel 2007 e a gennaio 2008 ancora di tre quarti di punto. La BCE ha invece solo accantonato rialzi per mezzo punto annunciati prima dell’estate. Il differenziale dei tassi si è già invertito. Le nostre previsioni scontano un taglio nel primo trimestre 2008 del tasso BCE, data la rivalutazione del cambio e le spinte recessive della crisi finanziaria, ma solo di un quarto di punto al 3,75%. La Banca resta preoccupata dai sostenuti andamenti monetari e dal rialzo delle aspettative di inflazione, cui si aggiungono recenti tensioni anche sulla core inflation. L’Euribor sarà invece a lungo in lenta discesa per il rientro della crisi di liquidità.
Per completare il quadro, vediamo un dollaro ancora debole, intorno ai livelli attuali. Le tre determinanti sostengono infatti tutte l’euro sul dollaro: l’inversione del differenziale dei tassi di interesse; il divario di crescita non più favorevole agli Usa; la lunga strada ancora da percorrere per riequilibrare i conti con l’estero americani. Secondo molti indicatori il dollaro è ampiamente sottovalutato verso l’euro.
Detto ciò, va riconosciuto che il 2008 presenta molte incognite: gli Stati Uniti cadranno in recessione? Il petrolio continuerà la sua corsa? Il dollaro proseguirà a svalutarsi? Questi sono i rischi al ribasso dello scenario: se uno di essi si realizzasse la crescita italiana calerebbe. Viceversa, è possibile che la BCE decida di tagliare in modo più deciso i tassi? Ciò rimpinguerebbe la crescita. Per aiutare a orientare scelte quali le decisioni di investimento delle imprese, il Centro Studi Confindustria ha stimato le conseguenze di quattro eventi. Alcuni possono verificarsi assieme, altri si attenuano o si escludono. Non è quindi corretto sommarne gli effetti. Una caduta dello 0,4% del PIL americano nel 2008, recessione breve ma intensa, arresta allo 0,4% la crescita italiana. Ma si tratta di un caso limite, poco probabile. Con il deprezzamento di un altro 10% del cambio effettivo del dollaro l’impatto sul PIL italiano nel 2008 è nullo se ciò avviene nei confronti di tutte le valute, ma pari a -0,9% se avviene soprattutto verso l’euro, come accaduto finora.
Se il prezzo del Brent si stabilizzasse a 100 dollari a barile per il 2008, molto sopra quello che ci attendiamo, il PIL italiano frenerebbe allo 0,5% ma il colpo sarebbe assorbito in fretta.
Viceversa, un taglio di un punto nel 2008 da parte della BCE darebbe una forte spinta alla crescita dell’Italia, all’1,6%, anche grazie a un euro meno forte, ma con ripercussioni sull’inflazione nel medio periodo: la probabilità che tale evento si verifichi è perciò pressoché nulla. Dunque, non ci stupiremo di vedere alla fine una crescita sotto lo 0,9% quest’anno.
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