A Roma
si sono dimenticati
del Mezzogiorno
Carlo CICALA
Presidente Confindustria Caserta
Non è una bella immagine della Campania quella restituitaci dai media attraverso la lente, spesso deformante, dell’emergenza ambientale. I cumuli di immondizia che ancora si vedono per alcune strade e, da ultimo, l’allarme (ingiustificato e, di sicuro, non del tutto disinteressato) della diossina nella mozzarella, hanno purtroppo fatto perdere di vista quanto di buono e positivo pure c’è, almeno dall’angolo visuale dell’apparato industriale. E non soltanto in provincia di Caserta, giusto per dire del punto di osservazione a me più vicino. Penso, per esempio, alla ristrutturazione e al consolidamento dell’Ict; al distretto della domotica; alla crescita dell’agroalimentare; al comparto delle acque minerali; al rafforzamento del polo ferroviario; al rilancio della cantieristica e dell’armatoria; alla crescita dell’industria della gomma e della farmaceutica; al peso dell’aeronautico e aerospaziale; al polo del lusso.
No, la crisi di questi giorni non può cancellare d’un colpo una realtà imprenditoriale viva e vitale per consegnarla all’indistinto e forse comodo clichè di arretratezza con il quale si dipinge da sempre la Campania e, più in generale, il Mezzogiorno. Una realtà, invece, che andrebbe considerata nella giusta luce, da un lato esaltandone i punti di eccellenza, dall’altro sostenendo con politiche adeguate i molti, troppi punti di debolezza che ancora purtroppo permangono e che si riverberano negativamente sull’intero sistema. Che cosa, dunque, chiede alla Politica il Mezzogiorno che fa impresa? É presto detto: interventi fiscali e di sostegno al credito, lotta alla criminalità e al racket, energia e ambiente, forme di premialità sulla produttività e di detassazione del reddito da lavoro dipendente, infrastrutture. Insomma, richieste concrete e soprattutto possibili di un cambio di rotta capace di fare uscire dall’arretratezza economica e sociale metà Paese, e ridare peraltro tonicità al sistema economico della restante parte.
Ebbene, quale migliore occasione c’è, se non quella delle elezioni generali, di dedicare a questa prospettiva un’attenzione politico-programmatica seria, convinta, forte. Invece, non soltanto di Mezzogiorno non c’è traccia nei programmi dei partiti, ma si stenta finanche ad individuare nelle liste, almeno ai posti sicuri, i migliori rappresentanti possibili del territorio, cui affidare le proprie ambizioni e attese. E invece no, sono stati preferiti segretarie e portaborse calate dal Nord.
Ma tant’è. Del resto, non è la prima volta che si scrivono - mutatis mutandis - queste cose, e temo che non sarà nemmeno l’ultima. Non per questo, però, ci stancheremo di ripeterle. Almeno fino a quando Roma non capirà che guardare alla Campania e al Sud come a una risorsa da mettere a frutto e non come una palla al piede dello sviluppo complessivo del Paese, conviene. Giacché, è evidente, il Paese non cresce se non nel suo insieme.
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