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  Dicembre 2012

Articoli n° 9
NOVEMBRE 2006
 


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Fermo amministrativo:
abusi e rimedi

Cessione di cubatura:
destino dell’area assentita

La conciliazione amministrata dalle Camere di Commercio

La Cassazione sentenzia ancora sul mobbing

Basilea 2: un’opportunitÀ di crescita per le imprese

Cessione di cubatura:
destino dell’area assentita

k Luigi D'ANGIOLELLA

Il Consiglio di Stato fa il punto
e risolve alcuni problemi del settore edilizio

Nella sua pronuncia
il Consiglio di Stato valorizza la potestà pianificatoria
e l’autonomia contrattuale dei Comuni

Di recente, con Sentenza della Quarta Sezione n. 2488 del 4 maggio 2006, il Consiglio di Stato si è occupato di una questione di grande importanza pratica, e cioè dell'asservimento di un'area ai fini edilizi, e dunque dei due istituti della cessione di cubatura e dell'asservimento di un fondo.
É un vero e proprio "classico", di cui spesso si occupano uffici, cittadini ed imprenditori del settore edilizio, che trovano così la soluzione a tanti problemi.
Tali istituti sono divenuti accessibili ai cittadini dopo gli iniziali dubbi sorti dopo l'entrata in vigore della Legge Bucalossi (L. 10/77), dubbi dissipati dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 5 del 25 gennaio 1980 in merito allo scorporo del diritto di edificare dalla proprietà del terreno.
In forza dei principi allora fissati, lo ius edificandi continua ad inerire alla proprietà del fondo, pur nel rispetto degli standards urbanistici ed alla verifica della densità edilizia fissata dal piano regolatore o da altro strumento urbanistico equivalente. Nel caso in cui l'indice dell'area non possa essere, però, soddisfatto facendo ricorso alla capacità edificatoria di un determinato lotto, è possibile utilizzare la cubatura di un lotto vicino, del medesimo o di un differente proprietario, con il conseguente asservimento dell'area, consistente nella volontaria rinuncia alle possibilità edificatorie di un lotto in favore di un altro.
Del resto, negli anni, per molti Comuni questa è stata l'occasione anche per organizzare in maniera più ordinata il territorio e supplire, talvolta, a vuoti di pianificazione.
Il Consiglio di Stato ha fatto il punto, a distanza di quasi trent'anni dall'avvio di questo fenomeno, analizzando sia i suoi aspetti urbanistici che quelli civilistici.
Sul piano civilistico, si è detto che la vendita o la permuta a terzi del diritto di edificare è un istituto che non è esplicitamente previsto nell'ordinamento italiano, diversamente da alcune esperienze straniere, pur riscontrandosi tale previsione nell'ambito della disciplina di alcuni piani regolatori. Nonostante ciò, è divenuto ormai ordinario, perché ritenuto conforme all'Ordinamento, quale negozio atipico, il cosiddetto "asservimento" di un terreno ad un altro, al fine di costituire un maggiore lotto di pertinenza di una costruzione, anche se di diverse proprietà, mediante un atto unilaterale d'obbligo, secondo cui il proprietario del fondo asservito si impegna, anche con il Comune, a non concretizzare l'estratta capacità edificatoria di un lotto in tutto o in parte trasferita sul fondo contiguo al fine di aumentarne le possibilità edificatorie, dando così luogo alla cosiddetta pertinenza urbanistica.
Sul piano urbanistico, si sono precisate le condizioni essenziali del fenomeno, visto che spesso vi sono state delle forzature indebite.
Si è detto quindi che è essenziale la contiguità dei terreni da asservire, non intesa nel senso della stretta adiacenza, bensì come effettiva e significativa vicinanza tra i fondi asserviti per raggiungere la cubatura desiderata.
Inoltre, per potersi avere un legittimo asservimento di cubatura, è necessaria la stessa destinazione urbanistica dei fondi, altrimenti si verificherebbe una aperta violazione delle norme che mirano a garantire la omogeneità dell'utilizzo del territorio secondo la legge urbanistica, oltre che una confusione sulle regole da applicare.
Inoltre, il Consiglio di Stato ha sancito che l'istituto non è ammissibile nel caso in cui per i singoli lotti sia prescritto il rispetto di una superficie minima, elemento questo che elimina la capacità edificatoria del lotto.
L'aspetto più interessante che ha toccato il Consiglio di Stato attiene, però, al destino dell'area asservita e cioè se il terreno che cede la propria cubatura diviene inedificabile per sempre, o se questa edificabilità può essere recuperata con un successivo atto di asservimento che consenta su quel terreno l'edificazione inizialmente ceduta o con una diversa pianificazione che ne tenga conto nell'ambito del complessivo indice fondiario.
In giurisprudenza si era infatti detto che la cessione della cubatura comporta una "sterilizzazione" della capacità insita nella destinazione del terreno, non più rivivibile. Il Consiglio di Stato ha invece, questa volta, chiarito che ciò non appare conforme ai principi, traducendosi in una illegittima compressione del diritto di edificare che si svolga nel rispetto delle regole pianificatorie, e quindi in una indebita introduzione di un limite civilistico alla edificazione che appare contrario all'inerenza del diritto edificatorio al diritto di proprietà.
L'atto di asservimento di un lotto non ne determina quindi una "inedificabilità" assoluta, ma la perdita della capacità edificatoria concessa all'asservimento, ma che può, però, non essere definitiva.
Ed infatti laddove gli strumenti urbanistici dovessero riconoscere una ulteriore ed aggiuntiva capacità edificatoria o se ciò fosse acquisibile mediante un ulteriore atto di asservimento, questa potrà essere utilizzata e non condizionata dal negozio di cessione della cubatura precedentemente intervenuto.
La conseguenza della perdita da parte del fondo asservito della sua capacità edificatoria a seguito di un asservimento non è quindi una sopravvenuta inedificabilità, perenne e statica, mai più modificabile, ma una perdita di capacità edificatoria che può rivivere compatibilmente con le norme urbanistiche del territorio.
Il Consiglio di Stato, in questa pronuncia, quindi, ha valorizzato enormemente la potestà pianificatoria dei Comuni ed anche l'autonomia contrattuale, agevolando certo i rapporti commerciali e permettendo di riutilizzare, se ben si intende la portata della sentenza in commento, un patrimonio altrimenti inerte e non produttivo di ricchezza.
Un principio che si condivide in un'ottica di dinamica economica da cui non si può prescindere.

Avvocato studiodangiolella@tin.it

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