Patti di famiglia,
approvato il disegno di legge
Lo storno dei
dipendenti
Quando si rimane nel lecito
La responsabilitÀ “da
contatto” della Pubblica Amministrazione
I vincoli preordinati
all’espropriazione
I vincoli preordinati
all’espropriazione
Giovanni Maria DI LIETO*
Considerazioni sulla disciplina applicabile nella Regione Campania per l’ipotesi
di
decadenza
L'ipotesi della decadenza dei vincoli preordinati all'espropriazione,
o che comportino l'inedificabilità assoluta del suolo, o, comunque, privino
il diritto di proprietà del suo sostanziale valore economico, è regolata
dall'art. 9 del DPR 8/6/2001, n. 327 (Testo unico in materia di espropriazione
per pubblica utilità). Secondo l'art. 9, se non è tempestivamente
dichiarata la pubblica utilità dell'opera (nei cinque anni dalla data
in cui diventa efficace l'atto di approvazione del Prg), «il vincolo preordinato
all'esproprio decade e trova applicazione la disciplina dettata dall'articolo
9 del testo unico in materia edilizia approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380».
L'art. 9, n. 1, del DPR 6/6/2001, n. 380 stabilisce che nei comuni sprovvisti
di strumenti urbanistici, «salvi i più restrittivi limiti fissati
dalle leggi regionali», sono consentiti "interventi di manutenzione
ordinaria", "interventi di manutenzione straordinaria", "interventi
di restauro e di risanamento conservativo"; «fuori dal perimetro dei
centri abitati, gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima
fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione
produttiva, la superficie coperta non può comunque superare un decimo
dell'area di proprietà». L'art. 38, n. 3 della L.R.C. 22/12/2004,
n. 16 (Disciplina dei vincoli urbanistici) dispone: «A seguito della scadenza
dei vincoli di cui al comma 1 si applicano, nelle zone interessate, i limiti
di edificabilità previsti dalla legge regionale 20 marzo 1982, n. 17».
Anche l'art. 44, n. 3, della L.R.C. 22/12/2004, n. 16 (Regime transitorio degli
strumenti di pianificazione) rinvia alla legge regionale n. 17/82: «Nei
Comuni sprovvisti di Prg si applicano, fino all'adozione dei Puc, i limiti di
edificabilità di cui alla legge regionale n. 17/82, salva l'applicazione
delle misure di salvaguardia di cui all'art. 10». La L.R.C. n. 17/82 (Art.
4 - Limiti di edificabilità) consente, nei Comuni sprovvisti di strumenti
urbanistici approvati: all'interno dei centri abitati, oltre agli interventi
contemplati dalla norma statale, anche"interventi di ristrutturazione" (v.
art. 3, n. 1, lett. d), DPR 380/01), «che non comportino aumento delle
volumetrie e delle superfici utili preesistenti»; all'esterno dei centri
abitati, per le opere strettamente accessorie all'attività agricola, un
indice di fabbricabilità aggiuntivo (rispetto allo 0,03 mc/mq previsto
per l'edilizia residenziale), pari a 0,07 mc/mq; in ogni caso, per le opere di
interesse pubblico esistenti al 30 marzo 1982, la realizzazione nel sottosuolo
di opere accessorie, purché completamente interrate, e la realizzazione
di attrezzature complementari, purché non comportino l'aggiunta di nuovi
volumi.
«Le superfici coperte degli edifici o dei complessi produttivi non possono
superare un ottavo dell'area di proprietà» (l'art. 9 del DPR 380/01
prevede, invece, il limite più restrittivo di «un decimo dell'area
di proprietà»). Poiché l'art. 9 del DPR 380/01 dispone che
le Regioni possono stabilire, per i Comuni sprovvisti di strumenti urbanistici
(e per l'ipotesi di decadenza dei vincoli preordinati all'espropriazione per
inutile decorso del termine quinquennale di efficacia del vincolo), limiti all'edificazione
soltanto "più restrittivi", sussistono perplessità sulla
legittimità costituzionale degli articoli 38, n. 3 e 44, n. 3 della L.R.C.
16/04, che producono la riviviscenza di quella parte dell'art. 4 della L.R.C.
17/82 che - contrastando con il sopravvenuto art. 9 del DPR 380/01 - era da ritenersi
implicitamente abrogata da quest'ultimo. Perplessità - pare - anche della
Giunta Regionale della Campania che, con delibera n. 635 del 21/04/2005, sottolinea
la necessità di coordinare la L.R.C. 16/04 con le disposizioni di cui
al citato art. 9 del Testo unico edilizia: «il rinvio operato ai limiti
di edificabilità previsti dalla L. R. 17/82 va coordinato con le disposizioni
di cui all'art. 9 del D.P.R. 380/01, nel senso che si applicano i limiti sanciti
dalla legislazione regionale laddove più restrittivi di quelli previsti
dalla normativa nazionale».
Tuttavia, tale interpretazione correttiva degli articoli 38, n. 3 e 44, n. 3
della L.R.C. 16/04, in quanto contenuta in un atto amministrativo, non esplica
conseguenza alcuna sul vigente testo delle citate disposizioni regionali, la
cui modifica (rectius, correzione) spetta esclusivamente al legislatore regionale.
La legge non conterrebbe una disposizione innovativa, tenuto conto che è interpretativa
quella legge che si propone di conservare l'efficacia di norme viziate da violazioni
di legge (anche costituzionale) soltanto formali.
Sempre che, naturalmente, l'eventuale legge regionale di modifica non statuisca
espressamente di disporre per l'avvenire.
Le disposizioni correttive, proponendosi di prevenire la dichiarazione di illegittimità da
parte della Corte Costituzionale, devono potere incidere sulla disposizione principale
come avrebbe inciso tale dichiarazione. Con il limite - comune alla dichiarazione
di incostituzionalità - delle situazioni giuridiche consolidate per effetto
di eventi che l'ordinamento giuridico riconosce idonei a produrre tale effetto,
quali le sentenze passate in giudicato, l'atto amministrativo non più impugnabile,
la prescrizione e la decadenza.
Avvocato
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