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  Dicembre 2012

Articoli n° 2
MARZO 2006
 

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Patti di famiglia,
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Lo storno dei dipendenti
Quando si rimane nel lecito

La responsabilitÀ “da contatto” della Pubblica Amministrazione

I vincoli preordinati
all’espropriazione

I vincoli preordinati
all’espropriazione

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Giovanni Maria DI LIETO*

Considerazioni sulla disciplina applicabile nella Regione Campania per l’ipotesi di
decadenza


L'ipotesi della decadenza dei vincoli preordinati all'espropriazione, o che comportino l'inedificabilità assoluta del suolo, o, comunque, privino il diritto di proprietà del suo sostanziale valore economico, è regolata dall'art. 9 del DPR 8/6/2001, n. 327 (Testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità). Secondo l'art. 9, se non è tempestivamente dichiarata la pubblica utilità dell'opera (nei cinque anni dalla data in cui diventa efficace l'atto di approvazione del Prg), «il vincolo preordinato all'esproprio decade e trova applicazione la disciplina dettata dall'articolo 9 del testo unico in materia edilizia approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380».
L'art. 9, n. 1, del DPR 6/6/2001, n. 380 stabilisce che nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici, «salvi i più restrittivi limiti fissati dalle leggi regionali», sono consentiti "interventi di manutenzione ordinaria", "interventi di manutenzione straordinaria", "interventi di restauro e di risanamento conservativo"; «fuori dal perimetro dei centri abitati, gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non può comunque superare un decimo dell'area di proprietà». L'art. 38, n. 3 della L.R.C. 22/12/2004, n. 16 (Disciplina dei vincoli urbanistici) dispone: «A seguito della scadenza dei vincoli di cui al comma 1 si applicano, nelle zone interessate, i limiti di edificabilità previsti dalla legge regionale 20 marzo 1982, n. 17».
Anche l'art. 44, n. 3, della L.R.C. 22/12/2004, n. 16 (Regime transitorio degli strumenti di pianificazione) rinvia alla legge regionale n. 17/82: «Nei Comuni sprovvisti di Prg si applicano, fino all'adozione dei Puc, i limiti di edificabilità di cui alla legge regionale n. 17/82, salva l'applicazione delle misure di salvaguardia di cui all'art. 10». La L.R.C. n. 17/82 (Art. 4 - Limiti di edificabilità) consente, nei Comuni sprovvisti di strumenti urbanistici approvati: all'interno dei centri abitati, oltre agli interventi contemplati dalla norma statale, anche"interventi di ristrutturazione" (v. art. 3, n. 1, lett. d), DPR 380/01), «che non comportino aumento delle volumetrie e delle superfici utili preesistenti»; all'esterno dei centri abitati, per le opere strettamente accessorie all'attività agricola, un indice di fabbricabilità aggiuntivo (rispetto allo 0,03 mc/mq previsto per l'edilizia residenziale), pari a 0,07 mc/mq; in ogni caso, per le opere di interesse pubblico esistenti al 30 marzo 1982, la realizzazione nel sottosuolo di opere accessorie, purché completamente interrate, e la realizzazione di attrezzature complementari, purché non comportino l'aggiunta di nuovi volumi.
«Le superfici coperte degli edifici o dei complessi produttivi non possono superare un ottavo dell'area di proprietà» (l'art. 9 del DPR 380/01 prevede, invece, il limite più restrittivo di «un decimo dell'area di proprietà»). Poiché l'art. 9 del DPR 380/01 dispone che le Regioni possono stabilire, per i Comuni sprovvisti di strumenti urbanistici (e per l'ipotesi di decadenza dei vincoli preordinati all'espropriazione per inutile decorso del termine quinquennale di efficacia del vincolo), limiti all'edificazione soltanto "più restrittivi", sussistono perplessità sulla legittimità costituzionale degli articoli 38, n. 3 e 44, n. 3 della L.R.C. 16/04, che producono la riviviscenza di quella parte dell'art. 4 della L.R.C. 17/82 che - contrastando con il sopravvenuto art. 9 del DPR 380/01 - era da ritenersi implicitamente abrogata da quest'ultimo. Perplessità - pare - anche della Giunta Regionale della Campania che, con delibera n. 635 del 21/04/2005, sottolinea la necessità di coordinare la L.R.C. 16/04 con le disposizioni di cui al citato art. 9 del Testo unico edilizia: «il rinvio operato ai limiti di edificabilità previsti dalla L. R. 17/82 va coordinato con le disposizioni di cui all'art. 9 del D.P.R. 380/01, nel senso che si applicano i limiti sanciti dalla legislazione regionale laddove più restrittivi di quelli previsti dalla normativa nazionale».
Tuttavia, tale interpretazione correttiva degli articoli 38, n. 3 e 44, n. 3 della L.R.C. 16/04, in quanto contenuta in un atto amministrativo, non esplica conseguenza alcuna sul vigente testo delle citate disposizioni regionali, la cui modifica (rectius, correzione) spetta esclusivamente al legislatore regionale. La legge non conterrebbe una disposizione innovativa, tenuto conto che è interpretativa quella legge che si propone di conservare l'efficacia di norme viziate da violazioni di legge (anche costituzionale) soltanto formali.
Sempre che, naturalmente, l'eventuale legge regionale di modifica non statuisca espressamente di disporre per l'avvenire.
Le disposizioni correttive, proponendosi di prevenire la dichiarazione di illegittimità da parte della Corte Costituzionale, devono potere incidere sulla disposizione principale come avrebbe inciso tale dichiarazione. Con il limite - comune alla dichiarazione di incostituzionalità - delle situazioni giuridiche consolidate per effetto di eventi che l'ordinamento giuridico riconosce idonei a produrre tale effetto, quali le sentenze passate in giudicato, l'atto amministrativo non più impugnabile, la prescrizione e la decadenza.

Avvocato

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