Internazionalizzazione: una continua occasione
mancata
Annibale
PANCRAZIO*
Troppa frammentazione, scarsa trasparenza, poca competenza e condivisione
nelle scelte strategiche e negli indirizzi
Che senso ha proporre il Made “in Campania”, piuttosto che “in
Sicilia” o “in Lombardia”? Siamo così sicuri che all'estero
comprendano la differenza?
Che l'internazionalizzazione sia una grande opportunità di
crescita e sviluppo per tutto il sistema industriale italiano è un convincimento
che personalmente ho maturato oramai da molti anni. Negli ultimi tempi ne ha
preso coscienza anche il sistema Confindustria, prima attribuendo una delega
specifica ad un vicepresidente (l'ultimo è stato Giancarlo Cerruti),
fino ad arrivare al mandato di Montezemolo, che l'ha ritenuta talmente strategica
da tenerla in capo alla presidenza, dandole il massimo livello di rappresentanza
possibile, proprio perché a livello nazionale è radicata la consapevolezza
dell'importanza di dare una forte spinta a tutto il nostro sistema industriale
verso i mercati internazionali. Fin dall'inizio Montezemolo ha coinvolto il
Presidente della Repubblica Ciampi, nelle missioni che via via si sono avute
per promuovere all'estero la nostra industria e il nostro Paese, a partire
dalla Cina, all'India, alla Bulgaria, alla Turchia, mentre già si sta
programmando la missione in Brasile per il prossimo mese, con risultati che
sembrano positivi. Questo è quanto accade a livello nazionale; diversa
e più problematica è la situazione sul piano regionale. Infatti
con la riforma dell'articolo V della Costituzione, fra le altre competenze,
anche quella della promozione è passata dal livello centrale a quello
regionale e purtroppo, stiamo assistendo ad un depauperamento del grandissimo
plus del Made in Italy che tutte le aziende italiane possono vantare quando
affrontano i mercati internazionali. Ogni giorno si apprende di missioni all'estero
di Presidenti di Regioni che, in alcuni casi, magari per Regioni dotate di
budget più importanti, hanno addirittura condotto più missioni
all'estero del nostro Vice Ministro alle Attività Produttive con delega
al commercio estero, l’onorevole Adolfo Urso. Che senso ha proporre il
Made in Campania, piuttosto che in Sicilia o in Lombardia? Siamo così sicuri
che all'estero comprendano a pieno la differenza? Ci siamo mai chiesti, comprando
un'automobile tedesca, in quale regione è prodotta? O, per caso, abbiamo
mai fatto lo stesso per un apparecchio elettronico giapponese? Di questo passo,
continuando a frammentare sempre di più la promozione, passeremo dal
Made in Campania al Made in Sannio, al Made in Salerno e chissà cosa
altro ancora, naturalmente disperdendo le poche risorse ancora disponibili
in una sterile auto promozione. Tre anni fa il consiglio direttivo di Confindustria
Salerno mi ha dato la delega all'internazionalizzazione: ho accettato con grande
entusiasmo, ma purtroppo ho dovuto constatare che fino a quel momento nessuno
prima di me, né a Salerno né in Campania, aveva avuto lo stesso
compito, per cui c'era tutto da costruire ex novo. Per razionalizzare al massimo
le esigenze di tutte le imprese si è pensato di costituire una partnership
con la Camera di Commercio di Salerno e, più precisamente, con l'Azienda
Speciale per l'internazionalizzazione Intertrade, con la quale è stato
siglato un protocollo d'intesa che ha consentito di realizzare delle azioni
in collaborazione; un incontro con una delegazione dell'Ambasciata Canadese
in Italia; una giornata di studio sulle opportunità del mercato Cinese;
un business meeting con imprenditori russi della regione di Leningrado. Naturalmente,
ho sempre rappresentato l'Associazione nei convegni che hanno avuto l'internazionalizzazione
per tema così come in occasione di manifestazioni alle quali siamo stati
invitati a partecipare. Ma ritengo sia necessario fare di più. Purtroppo
la tematica dell'internazionalizzazione (dei prodotti e delle imprese) è una
materia molto complessa, che ha bisogno innanzitutto di massa critica e di
riconoscibilità internazionale. Non è quindi più possibile
continuare a livello provinciale, dove, a causa degli oggettivi limiti sopra
indicati, non abbiamo molte chances, per cui bisogna coinvolgere necessariamente
quantomeno il livello regionale. Ho atteso che i nuovi vertici di Confindustria
Campania entrassero nella operatività e già dall'autunno dell'anno
scorso ho sollecitato, in due interventi di Giunta di Confindustria Campania,
la creazione di un tavolo regionale, snello e operativo, dove quantomeno un
rappresentante per ciascuna delle cinque territoriali campane possa dare il
suo contributo, per tentare di arginare con la concretezza delle proposte la
follia delle iniziative fatte dalla Regione Campania negli ultimi anni, culminate
con alcune missioni fatte a Cuba. Sarei molto curioso di conoscere il follow
up delle missioni in posti così ameni ma, credo, totalmente improduttivi
di esiti economicamente apprezzabili. Così come il livello della partecipazione
a Fiere all'estero, in Paesi di grande sensibilità alla qualità e
alla professionalità, affrontate con collettive totalmente inadeguate
al contesto e per di più senza una continuità negli anni per
consolidare i rapporti. A questo poi si aggiunge il dirigismo della politica
regionale che, non considerando affatto il nostro sistema democratico di rappresentanza
delle imprese sul territorio, si inventa delle cabine di regia per l'internazionalizzazione
delle imprese attribuendo loro un ruolo per gli indirizzi futuri. Un inizio
di ragionamento potrebbe essere visto in un nuovo approccio all'internazionalizzazione
del sistema delle imprese in due progettualità distinte: le missioni
per gli investimenti e quelle per la penetrazione commerciale. Le due metodologie
infatti incidono profondamente su due diverse tipologie di imprese: 1) gli
investimenti, per le grandi aziende o le imprese gia strutturate e già stabilmente
presenti sui mercati internazionali; 2) per la penetrazione commerciale bisogna
invece rivolgersi alle medie e piccole imprese. Per questo è fondamentale
che ci sia un coinvolgimento del sistema associativo in generale e di Confindustria
in particolare, in quanto, avendo un continuo contatto con la base associativa,
possiamo meglio cogliere le esigenze comuni e veicolare le informazioni in
modo chiaro e trasparente. Credo sia venuto il momento di finirla con viaggi
premio a funzionari zelanti (o anche di grande responsabilità), in posti
ameni e di grande attrazione turistica ma di nessun interesse per il business; è una
brutta consuetudine cui rinunciare, se vogliamo che le imprese non vengano
più penalizzate da un sistema che non funziona e possano riprendere,
con il so
stegno legittimamente atteso, la strada dello sviluppo che da tanto
e troppo tempo è stata interrotta.
Federalimentare - Consigliere Incaricato
per il Mezzogiorno e la Piccola-Media Impresa
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