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  Dicembre 2012

Articoli n° 2
MARZO 2006
 

internazionalizzazione - Home Page
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Internazionalizzazione: una continua occasione mancata

Annibale PANCRAZIO*

Troppa frammentazione, scarsa trasparenza, poca competenza e condivisione
nelle scelte strategiche e negli indirizzi

Che senso ha proporre il Made “in Campania”, piuttosto che “in Sicilia” o “in Lombardia”? Siamo così sicuri che all'estero comprendano la differenza?

Che l'internazionalizzazione sia una grande opportunità di crescita e sviluppo per tutto il sistema industriale italiano è un convincimento che personalmente ho maturato oramai da molti anni. Negli ultimi tempi ne ha preso coscienza anche il sistema Confindustria, prima attribuendo una delega specifica ad un vicepresidente (l'ultimo è stato Giancarlo Cerruti), fino ad arrivare al mandato di Montezemolo, che l'ha ritenuta talmente strategica da tenerla in capo alla presidenza, dandole il massimo livello di rappresentanza possibile, proprio perché a livello nazionale è radicata la consapevolezza dell'importanza di dare una forte spinta a tutto il nostro sistema industriale verso i mercati internazionali. Fin dall'inizio Montezemolo ha coinvolto il Presidente della Repubblica Ciampi, nelle missioni che via via si sono avute per promuovere all'estero la nostra industria e il nostro Paese, a partire dalla Cina, all'India, alla Bulgaria, alla Turchia, mentre già si sta programmando la missione in Brasile per il prossimo mese, con risultati che sembrano positivi. Questo è quanto accade a livello nazionale; diversa e più problematica è la situazione sul piano regionale. Infatti con la riforma dell'articolo V della Costituzione, fra le altre competenze, anche quella della promozione è passata dal livello centrale a quello regionale e purtroppo, stiamo assistendo ad un depauperamento del grandissimo plus del Made in Italy che tutte le aziende italiane possono vantare quando affrontano i mercati internazionali. Ogni giorno si apprende di missioni all'estero di Presidenti di Regioni che, in alcuni casi, magari per Regioni dotate di budget più importanti, hanno addirittura condotto più missioni all'estero del nostro Vice Ministro alle Attività Produttive con delega al commercio estero, l’onorevole Adolfo Urso. Che senso ha proporre il Made in Campania, piuttosto che in Sicilia o in Lombardia? Siamo così sicuri che all'estero comprendano a pieno la differenza? Ci siamo mai chiesti, comprando un'automobile tedesca, in quale regione è prodotta? O, per caso, abbiamo mai fatto lo stesso per un apparecchio elettronico giapponese? Di questo passo, continuando a frammentare sempre di più la promozione, passeremo dal Made in Campania al Made in Sannio, al Made in Salerno e chissà cosa altro ancora, naturalmente disperdendo le poche risorse ancora disponibili in una sterile auto promozione. Tre anni fa il consiglio direttivo di Confindustria Salerno mi ha dato la delega all'internazionalizzazione: ho accettato con grande entusiasmo, ma purtroppo ho dovuto constatare che fino a quel momento nessuno prima di me, né a Salerno né in Campania, aveva avuto lo stesso compito, per cui c'era tutto da costruire ex novo. Per razionalizzare al massimo le esigenze di tutte le imprese si è pensato di costituire una partnership con la Camera di Commercio di Salerno e, più precisamente, con l'Azienda Speciale per l'internazionalizzazione Intertrade, con la quale è stato siglato un protocollo d'intesa che ha consentito di realizzare delle azioni in collaborazione; un incontro con una delegazione dell'Ambasciata Canadese in Italia; una giornata di studio sulle opportunità del mercato Cinese; un business meeting con imprenditori russi della regione di Leningrado. Naturalmente, ho sempre rappresentato l'Associazione nei convegni che hanno avuto l'internazionalizzazione per tema così come in occasione di manifestazioni alle quali siamo stati invitati a partecipare. Ma ritengo sia necessario fare di più. Purtroppo la tematica dell'internazionalizzazione (dei prodotti e delle imprese) è una materia molto complessa, che ha bisogno innanzitutto di massa critica e di riconoscibilità internazionale. Non è quindi più possibile continuare a livello provinciale, dove, a causa degli oggettivi limiti sopra indicati, non abbiamo molte chances, per cui bisogna coinvolgere necessariamente quantomeno il livello regionale. Ho atteso che i nuovi vertici di Confindustria Campania entrassero nella operatività e già dall'autunno dell'anno scorso ho sollecitato, in due interventi di Giunta di Confindustria Campania, la creazione di un tavolo regionale, snello e operativo, dove quantomeno un rappresentante per ciascuna delle cinque territoriali campane possa dare il suo contributo, per tentare di arginare con la concretezza delle proposte la follia delle iniziative fatte dalla Regione Campania negli ultimi anni, culminate con alcune missioni fatte a Cuba. Sarei molto curioso di conoscere il follow up delle missioni in posti così ameni ma, credo, totalmente improduttivi di esiti economicamente apprezzabili. Così come il livello della partecipazione a Fiere all'estero, in Paesi di grande sensibilità alla qualità e alla professionalità, affrontate con collettive totalmente inadeguate al contesto e per di più senza una continuità negli anni per consolidare i rapporti. A questo poi si aggiunge il dirigismo della politica regionale che, non considerando affatto il nostro sistema democratico di rappresentanza delle imprese sul territorio, si inventa delle cabine di regia per l'internazionalizzazione delle imprese attribuendo loro un ruolo per gli indirizzi futuri. Un inizio di ragionamento potrebbe essere visto in un nuovo approccio all'internazionalizzazione del sistema delle imprese in due progettualità distinte: le missioni per gli investimenti e quelle per la penetrazione commerciale. Le due metodologie infatti incidono profondamente su due diverse tipologie di imprese: 1) gli investimenti, per le grandi aziende o le imprese gia strutturate e già stabilmente presenti sui mercati internazionali; 2) per la penetrazione commerciale bisogna invece rivolgersi alle medie e piccole imprese. Per questo è fondamentale che ci sia un coinvolgimento del sistema associativo in generale e di Confindustria in particolare, in quanto, avendo un continuo contatto con la base associativa, possiamo meglio cogliere le esigenze comuni e veicolare le informazioni in modo chiaro e trasparente. Credo sia venuto il momento di finirla con viaggi premio a funzionari zelanti (o anche di grande responsabilità), in posti ameni e di grande attrazione turistica ma di nessun interesse per il business; è una brutta consuetudine cui rinunciare, se vogliamo che le imprese non vengano più penalizzate da un sistema che non funziona e possano riprendere, con il so stegno legittimamente atteso, la strada dello sviluppo che da tanto e troppo tempo è stata interrotta.

Federalimentare - Consigliere Incaricato
per il Mezzogiorno e la Piccola-Media Impresa

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