Crescita e
concorrenza
Contratto
dei metalmeccanici
Crescita e
concorrenza
Andrea PININFARINA
Secondo l’OCSE, se l’Europa adottasse riforme pro-concorrenziali
in un decennio
aumenterebbe la produttività totale
E' di fondamentale importanza l'obiettivo che si è posto la Commissione
europea di creare un mercato unico europeo dei servizi
Uno dei fenomeni economici più evidenti dell'ultimo
decennio è stata la graduale divergenza nel dinamismo delle due principali
aree economiche: Stati Uniti ed Europa. Negli anni Novanta si è progressivamente
aperto un divario a svantaggio dell'Europa, divario che si è molto accentuato
nel triennio 2002-2004 ed è stato rilevante anche nel 2005. Dal 1995 al
2005 l'economia americana è in media cresciuta del 3,3% l'anno, l'Europa
di poco più del 2%. All'interno dell'UE a 15, i paesi in cui più forte è stato
il rallentamento sono l'Italia, la Germania e la Spagna. In particolare, il tasso
di crescita medio annuo dell'economia italiana è stato appena superiore
all'1%.
Numerosi studi hanno messo in luce che questa lunga fase di bassa crescita è anche
riconducibile ai problemi strutturali di alcuni paesi, in particolare una insufficiente
crescita della produttività totale, che dipende dall'efficienza con cui
le risorse sono impiegate nel sistema e quindi dal buon funzionamento dei mercati.
In generale, i paesi caratterizzati da mercati con un elevato grado di concorrenza
hanno infatti registrato anche una buona performance economica. Al contrario,
i paesi con un elevato grado di rigidità dei mercati dei prodotti e del
lavoro, caratterizzati da elevate barriere all'ingresso poste dalla regolamentazione
all'attività imprenditoriale, da un pervasivo controllo diretto dello
Stato sull'economia, dalle barriere relative al commercio e agli investimenti
diretti e da una legislazione a eccessiva protezione del rapporto di lavoro,
si caratterizzano per modesti tassi di crescita della produttività del
lavoro, per bassi livelli di investimento in ricerca e innovazione che si traducono
in una scarsa produttività dei fattori. Gli Stati Uniti che hanno - prima
di altri paesi - adottato misure di riforma in senso concorrenziale del mercato
dei beni e del lavoro hanno potuto velocemente adeguare il sistema economico
alla diffusione delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione,
con effetti assai positivi sulla crescita di produttività del lavoro e
del sistema economico.
Secondo l'OCSE, se i paesi europei riformassero in senso pro-concorrenziale la
regolamentazione sia in generale, sia con interventi specifici in alcuni settori,
nell'arco di un decennio si vedrebbero risultati positivi in termini di crescita
della produttività totale. L'effetto degli interventi di riforma risulterebbe
tanto più incisivo quanto più è rigido l'iniziale contesto
normativo del paese. Nei paesi già aperti alla concorrenza come il Regno
Unito, l'impatto delle riforme sarebbe contenuto - la variazione della crescita
annua della produttività sarebbe dello 0,1% - in altri, come l'Italia
e la Grecia, più rigidamente regolamentati, le riforme determinerebbero
una crescita annua della produttività totale dello 0,7% e dell'1,1% rispettivamente.
Nell'ultimo decennio, la maggior parte dei paesi europei ha avviato riforme della
regolazione del mercato dei prodotti e del lavoro, anche se di diversa intensità e
a partire da condizioni iniziali diverse. Anche in Italia si sono registrati
dei progressi a partire dalla fine degli anni Novanta, ma il nostro ordinamento
resta però ancora tra quelli più restrittivi, sensibilmente distaccato
dal gruppo di paesi OCSE che presentano minori vincoli amministrativi e regolamentari.
Anche per questo, parlando al Convegno dei Giovani Imprenditori dell'ottobre
2004, il Presidente Luca di Montezemolo ha proposto che «Confindustria
lanci una vera campagna per la concorrenza. Una campagna che coinvolga tutte
le forze del Paese, uscendo dalle chiacchiere dell' "occorrerebbe" e
del "si dovrebbe". Propongo un progetto comune, trasversale a tutte
le categorie ed a tutti gli interessi, chiaro. Un progetto che parta da una analisi
ampia e approfondita del caso italiano, perché le riforme si fanno solo
se c'è reale condivisione e questa c'è, se la conoscenza dei fatti è profonda
e condivisa». In Italia, come nella maggior parte degli altri paesi europei,
un terreno su cui c'è molto da fare è quello della concorrenza
nel settore dei servizi. Diffuse barriere normative e amministrative caratterizzano
il settore, consentono alle imprese già operanti nel mercato di beneficiare
di extra-profitti e influenzano l'allocazione e l'uso dei fattori produttivi,
creando inefficienze. I servizi svolgono infatti un ruolo crescente in tutte
le economie avanzate, specie in termini di occupazione. Lo sviluppo dei servizi
non è in contraddizione con quello dell'industria manifatturiera. I due
comparti sono interdipendenti: l'industria rappresenta il principale cliente
per molti servizi e il rendimento e la competitività dell'industria dipendono
in maniera rilevante dal costo e dalla qualità dei servizi che vengono
usati quali input in tutte le fasi produttive. In Italia i servizi incidono per
il 38% sulla produzione manifatturiera. Ciò è tanto più vero
in relazione a quei settori che gravano maggiormente sui costi di produzione
delle imprese esportatrici, quali servizi professionali, energia, servizi finanziari,
commercio, trasporti.
I settori su cui intervenire sono molti, posso qui ricordarne solo alcuni. Nei
servizi pubblici locali è necessario superare la riluttanza da parte degli
enti locali a rinunciare alla proprietà e alla gestione delle aziende.
Si continua a preferire l'affidamento diretto alla gara pubblica per l'affidamento
della gestione del servizio. Mentre la gara è uno strumento attraverso
il quale è possibile assegnare la gestione del servizio all'operatore
più efficiente e in grado di assicurare determinati livelli di qualità del
servizio, l'affidamento diretto - soprattutto a società a capitale interamente
pubblico - non consente di risolvere i conflitti d'interesse impliciti nell'ente
locale.
É urgente una buona riforma delle professioni liberali che persegua, attraverso
una maggiore concorrenza, soprattutto due obiettivi: incentivare la modernizzazione
di queste attività anche per consentire ai professionisti italiani di
fronteggiare la concorrenza proveniente da Paesi terzi e intervenire sul regime
tariffario in modo tale da collegare maggiormente i prezzi dei servizi alla qualità del
servizio stesso.
Ma la diffusione di una cultura della concorrenza e del merito allo scopo di
rafforzare la competitività del nostro paese non riguarda solo le imprese
ma anche altre istituzioni basilari della società. Pensiamo all'università,
dove appare urgente costruire meccanismi di selezione e di governance capaci
di dare agli studenti i migliori modelli di istruzione e di ricerca e di dare
al paese laureati eccellenti, senza i quali il sistema produttivo non sarà in
grado di accrescere la sua competitività. Si potrebbe continuare elencando
altri settori. Questi problemi però non si risolvono intervenendo solo
settore per settore e solo a livello nazionale; altrettanto importante è l'approccio
orizzontale e sopranazionale. Per questo è di fondamentale importanza
l'obiettivo che si è posto la Commissione europea di creare un mercato
unico europeo dei servizi.
Questo è l'obiettivo della direttiva Bolkestein, la cui approvazione ha
incontrato forti resistenze da parte di Stati membri e di lobby di categoria. É auspicabile
che si proceda con determinazione nella piena apertura alla concorrenza del settore
dei servizi al fine di completare il Mercato interno e di rafforzare il potenziale
di crescita dell'Unione europea, come previsto dall'Agenda di Lisbona.
Vice Presidente Confindustria per il Centro Studi |