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  Dicembre 2012

Articoli n° 2
MARZO 2006
 

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Crescita e concorrenza

Contratto dei metalmeccanici

Crescita e
concorrenza

Andrea PININFARINA

Secondo l’OCSE, se l’Europa adottasse riforme pro-concorrenziali in un decennio
aumenterebbe la produttività totale


E' di fondamentale importanza l'obiettivo che si è posto la Commissione europea di creare un mercato unico europeo dei servizi

Uno dei fenomeni economici più evidenti dell'ultimo decennio è stata la graduale divergenza nel dinamismo delle due principali aree economiche: Stati Uniti ed Europa. Negli anni Novanta si è progressivamente aperto un divario a svantaggio dell'Europa, divario che si è molto accentuato nel triennio 2002-2004 ed è stato rilevante anche nel 2005. Dal 1995 al 2005 l'economia americana è in media cresciuta del 3,3% l'anno, l'Europa di poco più del 2%. All'interno dell'UE a 15, i paesi in cui più forte è stato il rallentamento sono l'Italia, la Germania e la Spagna. In particolare, il tasso di crescita medio annuo dell'economia italiana è stato appena superiore all'1%.
Numerosi studi hanno messo in luce che questa lunga fase di bassa crescita è anche riconducibile ai problemi strutturali di alcuni paesi, in particolare una insufficiente crescita della produttività totale, che dipende dall'efficienza con cui le risorse sono impiegate nel sistema e quindi dal buon funzionamento dei mercati. In generale, i paesi caratterizzati da mercati con un elevato grado di concorrenza hanno infatti registrato anche una buona performance economica. Al contrario, i paesi con un elevato grado di rigidità dei mercati dei prodotti e del lavoro, caratterizzati da elevate barriere all'ingresso poste dalla regolamentazione all'attività imprenditoriale, da un pervasivo controllo diretto dello Stato sull'economia, dalle barriere relative al commercio e agli investimenti diretti e da una legislazione a eccessiva protezione del rapporto di lavoro, si caratterizzano per modesti tassi di crescita della produttività del lavoro, per bassi livelli di investimento in ricerca e innovazione che si traducono in una scarsa produttività dei fattori. Gli Stati Uniti che hanno - prima di altri paesi - adottato misure di riforma in senso concorrenziale del mercato dei beni e del lavoro hanno potuto velocemente adeguare il sistema economico alla diffusione delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione, con effetti assai positivi sulla crescita di produttività del lavoro e del sistema economico.
Secondo l'OCSE, se i paesi europei riformassero in senso pro-concorrenziale la regolamentazione sia in generale, sia con interventi specifici in alcuni settori, nell'arco di un decennio si vedrebbero risultati positivi in termini di crescita della produttività totale. L'effetto degli interventi di riforma risulterebbe tanto più incisivo quanto più è rigido l'iniziale contesto normativo del paese. Nei paesi già aperti alla concorrenza come il Regno Unito, l'impatto delle riforme sarebbe contenuto - la variazione della crescita annua della produttività sarebbe dello 0,1% - in altri, come l'Italia e la Grecia, più rigidamente regolamentati, le riforme determinerebbero una crescita annua della produttività totale dello 0,7% e dell'1,1% rispettivamente.
Nell'ultimo decennio, la maggior parte dei paesi europei ha avviato riforme della regolazione del mercato dei prodotti e del lavoro, anche se di diversa intensità e a partire da condizioni iniziali diverse. Anche in Italia si sono registrati dei progressi a partire dalla fine degli anni Novanta, ma il nostro ordinamento resta però ancora tra quelli più restrittivi, sensibilmente distaccato dal gruppo di paesi OCSE che presentano minori vincoli amministrativi e regolamentari. Anche per questo, parlando al Convegno dei Giovani Imprenditori dell'ottobre 2004, il Presidente Luca di Montezemolo ha proposto che «Confindustria lanci una vera campagna per la concorrenza. Una campagna che coinvolga tutte le forze del Paese, uscendo dalle chiacchiere dell' "occorrerebbe" e del "si dovrebbe". Propongo un progetto comune, trasversale a tutte le categorie ed a tutti gli interessi, chiaro. Un progetto che parta da una analisi ampia e approfondita del caso italiano, perché le riforme si fanno solo se c'è reale condivisione e questa c'è, se la conoscenza dei fatti è profonda e condivisa». In Italia, come nella maggior parte degli altri paesi europei, un terreno su cui c'è molto da fare è quello della concorrenza nel settore dei servizi. Diffuse barriere normative e amministrative caratterizzano il settore, consentono alle imprese già operanti nel mercato di beneficiare di extra-profitti e influenzano l'allocazione e l'uso dei fattori produttivi, creando inefficienze. I servizi svolgono infatti un ruolo crescente in tutte le economie avanzate, specie in termini di occupazione. Lo sviluppo dei servizi non è in contraddizione con quello dell'industria manifatturiera. I due comparti sono interdipendenti: l'industria rappresenta il principale cliente per molti servizi e il rendimento e la competitività dell'industria dipendono in maniera rilevante dal costo e dalla qualità dei servizi che vengono usati quali input in tutte le fasi produttive. In Italia i servizi incidono per il 38% sulla produzione manifatturiera. Ciò è tanto più vero in relazione a quei settori che gravano maggiormente sui costi di produzione delle imprese esportatrici, quali servizi professionali, energia, servizi finanziari, commercio, trasporti.
I settori su cui intervenire sono molti, posso qui ricordarne solo alcuni. Nei servizi pubblici locali è necessario superare la riluttanza da parte degli enti locali a rinunciare alla proprietà e alla gestione delle aziende. Si continua a preferire l'affidamento diretto alla gara pubblica per l'affidamento della gestione del servizio. Mentre la gara è uno strumento attraverso il quale è possibile assegnare la gestione del servizio all'operatore più efficiente e in grado di assicurare determinati livelli di qualità del servizio, l'affidamento diretto - soprattutto a società a capitale interamente pubblico - non consente di risolvere i conflitti d'interesse impliciti nell'ente locale.
É urgente una buona riforma delle professioni liberali che persegua, attraverso una maggiore concorrenza, soprattutto due obiettivi: incentivare la modernizzazione di queste attività anche per consentire ai professionisti italiani di fronteggiare la concorrenza proveniente da Paesi terzi e intervenire sul regime tariffario in modo tale da collegare maggiormente i prezzi dei servizi alla qualità del servizio stesso.
Ma la diffusione di una cultura della concorrenza e del merito allo scopo di rafforzare la competitività del nostro paese non riguarda solo le imprese ma anche altre istituzioni basilari della società. Pensiamo all'università, dove appare urgente costruire meccanismi di selezione e di governance capaci di dare agli studenti i migliori modelli di istruzione e di ricerca e di dare al paese laureati eccellenti, senza i quali il sistema produttivo non sarà in grado di accrescere la sua competitività. Si potrebbe continuare elencando altri settori. Questi problemi però non si risolvono intervenendo solo settore per settore e solo a livello nazionale; altrettanto importante è l'approccio orizzontale e sopranazionale. Per questo è di fondamentale importanza l'obiettivo che si è posto la Commissione europea di creare un mercato unico europeo dei servizi.
Questo è l'obiettivo della direttiva Bolkestein, la cui approvazione ha incontrato forti resistenze da parte di Stati membri e di lobby di categoria. É auspicabile che si proceda con determinazione nella piena apertura alla concorrenza del settore dei servizi al fine di completare il Mercato interno e di rafforzare il potenziale di crescita dell'Unione europea, come previsto dall'Agenda di Lisbona.

Vice Presidente Confindustria per il Centro Studi

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