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  Dicembre 2012

Articoli n° 2
MARZO 2006
 

diritto e impresa - Home Page
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Patti di famiglia,
approvato il disegno di legge

Lo storno dei dipendenti
Quando si rimane nel lecito

La responsabilitÀ “da contatto” della Pubblica Amministrazione

I vincoli preordinati
all’espropriazione

Lo storno dei dipendenti
Quando si rimane nel lecito

Lorenzo IOELE*

L’argomento assume rilievo per i lavoratori in possesso di particolari cognizioni, persino strategiche, nel contesto di un certo mercato

Può essere funzionale allo sviamento di clientela, se si utilizzano notizie acquisite nel corso di pregressa attività lavorativa

Con l'espressione “storno dei dipendenti” ci si riferisce all'iniziativa di un imprenditore finalizzata ad assumere soggetti dipendenti di altra impresa concorrente assicurandosene le prestazioni di lavoro.
É chiaro che l'argomento assume rilievo per i lavoratori dotati di particolare professionalità, ovvero in possesso di particolari cognizioni, persino strategiche, nel contesto di un certo mercato. Si tratta, insomma di quel personale per il quale, dal lato dell'impresa che potrebbe subirne lo storno, si pone il problema della fidelizzazione (attraverso ad es. azionariato, forme di incentivi, patto di non concorrenza o di riservatezza) e che nel contesto del mercato del lavoro, è portatore di una notevole forza contrattuale derivante dal patrimonio di conoscenza di cui è titolare. Lo storno dei dipendenti è argomento di confine tra diritto del lavoro e diritto commerciale: esso coinvolge l'interesse del lavoratore a sfruttare la propria professionalità e le conoscenze acquisite ottenendo un lavoro a migliori condizioni, e l'interesse alla libera iniziativa economica nel rispetto di una corretta concorrenza tra le imprese.
Evidentemente lo storno di dipendenti di un'impresa da parte di un concorrente è vietato laddove possa essere qualificato in termini di atto di concorrenza sleale ai sensi dell'art. 2958, n. 3, c.c..
A tali fini rileva che esso sia attuato non solo con la consapevolezza della sua idoneità a danneggiare l'altrui impresa, ma, altresì con la precisa intenzione di conseguire siffatto risultato (animus nocendi); tale intenzione sussiste ogni volta che lo storno dei dipendenti sia posto in essere con modalità tali da non potersi giustificare alla luce dei principi di correttezza professionale. Il divieto di concorrenza sleale non è in contrasto con gli artt. 41 e 35 Cost. poiché la tutela costituzionale della libertà di iniziativa economica e del diritto al lavoro è subordinata alla salvaguardia dell'unità sociale e di una corretta economia di mercato.
Affinché lo storno dei dipendenti altrui possa configurare atto di concorrenza sleale si richiede innanzitutto che i dipendenti medesimi siano particolarmente qualificati e utili per la gestione dell'impresa concorrente, tant'è che la Giurisprudenza ha precisato che l'idoneità dell'atto di concorrenza sleale a danneggiare l'altra azienda, nell'ipotesi di storno di personale, si concreta con il passaggio dei dipendenti all'impresa concorrente, e acquista rilievo in base all'importanza dei ruoli dagli stessi svolti nell'azienda. Evidentemente non è sufficiente il mero passaggio di lavoratori da una ad altra azienda che promette miglioramenti economici e di carriera, vicenda che non è per sé qualificabile come storno illecito di dipendenti. Per il verificarsi di questa fattispecie è necessario avere riguardo ad una serie di elementi, quali la qualità e il numero dei soggetti stornati, i metodi usati per convincere i lavoratori a passare alle proprie dipendenze: occorre, in sintesi, l'esistenza di un disegno volto a disorganizzare e disgregare l'azienda del concorrente. É lecito, invece, lo storno che rientri nella normale ricerca delle professionalità necessarie sul mercato del lavoro che qualsiasi azienda pone in essere in occasione di nuove assunzioni. Insomma lo storno è lecito, ed è espressione della libera circolazione del lavoro, quando non abbia lo scopo di danneggiare l'altrui azienda oltre il normale danno che l'azienda subisce dalla perdita delle prestazioni di un dipendente che ha scelto di dimettersi e di lavorare con altro datore di lavoro. Il nuovo datore di lavoro inoltre può fruire non solo della professionalità ma anche della conoscenza di tecniche, metodologie, di rapporti commerciali che il lavoratore ha acquisito nel pregresso rapporto di lavoro. Lo storno di dipendenti potrebbe anche essere funzionale allo sviamento di clientela, che venga posto in essere utilizzando notizie sui rapporti con i clienti di altro imprenditore, acquisite nel corso di pregressa attività lavorativa svolta alle sue dipendenze. In tal caso la configurabilità della concorrenza sleale deve essere riconosciuta ove quelle notizie, ancorché normalmente accessibili ai dipendenti, siano per loro natura riservate, in quanto non destinate ad essere divulgate al di fuori dell'azienda. In linea teorica lo storno quale atto di concorrenza sleale, per quanto detto, si caratterizza per le modalità della condotta non conformi a correttezza professionale e per la finalità di danneggiare l'azienda concorrente e dunque non solo dall'intento di rafforzare la propria organizzazione, obiettivo di per sé lecito anche attraverso la promessa di migliori condizioni di lavoro.
L'elemento teleologico qualifica dunque la vicenda anche se appare di difficile dimostrazione sul piano concreto. La linea di confine è dunque chiara in teoria ma è di difficile individuazione nella valutazione delle fattispecie che si verificano in fatto, variamente articolate e complesse. Al riguardo la Giurisprudenza ha individuato una serie di elementi sintomatici quali la denigrazione del datore di lavoro che subisce lo storno attraverso la diffusione di notizie allarmistiche sulla sua situazione economica; la sollecitazioni del dipendente a dimettersi senza preavviso; il proselitismo svolto da altro dipendente dell'impresa concorrente; il numero dei dipendenti stornati e le difficoltà create all'azienda concorrente sul piano organizzativo e della sua attività (rapporti con la clientela e perdita del volume di affari); il ruolo strategico dei dipendenti stornati e la difficoltà nella loro sostituzione; la stipula di accordi tra lavoratore e nuovo datore di lavoro prima delle dimissioni.
Un elemento rilevante per escludere lo storno di dipendenti quale atto di concorrenza sleale, è la insussistenza dello sviamento di clientela nel senso che l'assunzione del personale non è stata la condizione per acquisire certe commesse, ma è finalizzata a fare fronte a esigenze organizzative aziendali sia per coprire deficienze professionali sia per incrementare quelle esistenti.
Avvocato - avvocato.ioelelorenzo@tin.it

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